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Europa '51


Regia:Rossellini Roberto

Cast e credits:
Soggetto
: Roberto Rossellini; sceneggiatura: Sandro De Feo, Diego Fabbri, Mario Pannunzio, Ivo Perilli, Antonio Pietrangeli, Brunello Rondi, Roberto Rossellini; fotografia: Aldo Tonti; musiche: Renzo Rossellini; scenografia: Virgilio Marchi; interpreti: Ingrid Bergman (Irena Girard), Alfred Browne (Sacerdote), Sandro Franchina (Michel), Ettore Giannini (Andrea Casati), Carlo Hintermann, Mary Joham, Alexander Knox (George Girard), Giulietta Masina (Giulietta), Teresa Pellati (Ines), Tina Perna (Cesira), Antonio Pietrangeli (Psichiatra), Alberto Plebani (Signor Puglisi), Marcella Rovena (Signora Puglisi), Gianna Segale (Damiani Infermiera), William Tubbs (Professor Alessandrini), Giancarlo Vigorelli (Il giudice), Maria Zanoli (Signora Galli); produzione: Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per Lux Film; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Italia, 1952; durata: 118'.

Trama:Irene Girard, moglie di un diplomatico straniero, vive felice a fianco del marito. Il suo tenore di vita è del tutto normale e corrisponde alle abitudini delle donne della sua classe, ma, improvvisamente, un tragico avvenimento viene a sconvolgere la sua esistenza. Il suo unico figliolo dodicenne muore in seguito ad un tentativo di suicidio: risulta che il piccolo si credeva trascurato dai genitori. Questo dramma doloroso provoca nell'animo d'Irene una violenta crisi: essa si sente colpevole e il suo dolore la rende più sensibile al dolore altrui. Un cugino marista, Andrea, le fa da guida nel visitare le case dei poverissimi. Irene porta loro da prima soccorsi materiali e si consacra poi con assoluta dedizione all'assistenza dei malati e dei sofferenti. Ella conforta con le sue cure gli ultimi giorni di una prostituta; per indurre un giovane delinquente al pentimento lo fa fuggire e viene arrestata per favoreggiamento. Per soffocare lo scandalo, il marito la fa ricoverare in una clinica psichiatrica. Determinata a praticare, secondo i propri intendimenti, la dottrina evangelica dell'amore, Irene rifiuta ogni compromesso e viene rinchiusa per sempre nella casa di salute.

Critica (1):Roberto Rossellini, come ebbe a dirci egli stesso, al tempo in cui incominciò a scrivere il soggetto di Europa '51 aveva in mente, come modello ideale per la sua protagonista, la scrittrice francese Simone Weil. E, in verità, Simone Weil, laureata in filosofia e in matematica, poliglotta, filologa, letterata e saggista di cose politiche, sociali e religiose, impersonò alla perfezione quella posizione di terza forza o europea a cui Rossellini sembra voler alludere col titolo ambizioso del suo film. Simone Weil aveva, infatti, vissuto più o meno le stesse esperienze che l'eroina Irene fa nel film: si era accostata ai comunisti per poi dichiarare: “La rivoluzione è l'oppio dei popoli”; aveva, lei israelita, accettato il cristianesimo ma non aveva mai voluto piegarsi alla pratica cattolica; per vivere la condizione operaia si era fatta operaia lei stessa, nelle officine Renault, traendone la conclusione, come Irene, che il lavoro moderno è una maledizione che nessuna rivoluzione potrà mai né alleviare né modificare; finalmente, malata ed esule a Londra, si era lasciata praticamente morire di fame rifiutando di mangiare più di quanto i nazisti consentissero di mangiare al popolo francese alle cui sofferenze ella voleva partecipare. Simone Weil fu, dunque, una specie di santa laica, sia per la strenua coerenza delle sue idee e della sua azione, sia per l'altezza spirituale del suo carattere. E nello stesso tempo, come abbiamo detto, fu una figura oltremodo caratteristica e quasi simbolica dell'Europa d'oggi, rovinata e lacerata tra Oriente e Occidente ma tuttora detentrice dei più alti valori culturali e morali.
Ma la posizione di Simone Weil, apparentemente così solitaria, così disperata e così ribelle ad ogni ordine o società costituita, in realtà era sorretta da una cultura stupefacente per vastità enciclopedica e acutezza intellettuale. Rossellini, facendo a meno, per necessità di cose, di questa comunione della Weil con la grande tradizione culturale europea, ha in realtà tolto alla posizione di terza forza la sua più valida giustificazione. In altri termini una posizione come quella della Weil si difende benissimo sul piano intellettuale, come infatti si difese; ma ridotta ad istanza soltanto sentimentale, come è avvenuto con il personaggio di Irene, dà facilmente nella stravaganza, nell'autodistruzione e soprattutto nell'isolamento vero e proprio che la Weil mai conobbe perché, appunto, ella era l'espressione di tutta una società, quella della cultura più alta d'Europa.
La storia di Europa '51 è quella di una ricca signora, Irene Gerard, cui, improvvisamente, il suicidio del figlio, durante un ricevimento in casa sua, apre gli occhi sulla inutilità e oziosità della vita che ha sinora menato. Colpita dalla morte del bambino, Irene se ne domanda invano il perché, con angoscia insieme materna e umana. Il perché cerca di spiegarglielo un suo parente comunista, redattore di un giornale di sinistra: il bambino si è ucciso perché la società è malata, il suo animo non ha retto all'aridità e agli orrori della vita d'oggi, effetti, appunto, di questa malattia. Irene crede allora di ravvisare nella morte del figlio un'accusa contro la sua vita inutile e oziosa, e decide di dedicarsi ai poveri, ai derelitti, di partecipare alle loro sofferenze, al loro lavoro. Dapprima ella sembra pendere verso il comunismo ma una breve esperienza in una fabbrica di cemento le fa abbandonare questa strada. Anche la soluzione cattolica viene da lei respinta. Ella vuole amare gli uomini con disinteresse e piena libertà, fuori di ogni convenzione e di ogni conformismo: va a vivere in una borgata, assiste una moribonda, si mescola ad una storia criminale. Irene viene arrestata e consegnata al marito, il quale la fa rinchiudere in una clinica per alienati. Dopo vari tentativi per ridurla alla ragione, Irene viene internata definitivamente. Abbiamo già detto quale è la debolezza concettuale del film: la posizione puramente sentimentale di Irene, il suo reale isolamento. Il quale, come abbiamo accennato, nella realtà non può esistere: anche i santoni indiani, anche gli eremiti della Tebaide facevano parte di una società umana, ne erano l'espressione. Aggiungeremo, inoltre, che in questo film, come dice il proverbio inglese, Rossellini ha addentato più di quanto fosse in grado di masticare. Questa ambiziosità astratta e velleitaria si tradisce nel film, oltre che nelle abborracciate discussioni ideologiche, anche nella fattura. Dopo una prima parte, quella che si svolge nella ricca dimora di Irene, girata in maniera superba, il film, praticamente, sfugge di mano a Rossellini. Le scene, le situazioni, i personaggi sono frettolosamente improvvisati e accennati, la coerenza narrativa non è più affidata al vigore plastico bensì alla sola logica dimostrativa. Rossellini si riprende in alcune parti più documentarie, come quella della fabbrica di cemento e quella del manicomio, in certi scorci di paesaggi romani, ma non riesce più a rappresentare il dramma.
Resta al film la grande qualità di aver portato sullo schermo questioni che di solito ne sono bandite. In questo senso il film è assai stimolante e bisogna rendere atto a Rossellini del suo coraggio e della sua tempestività. Ma resta soprattutto l'interpretazione di Ingrid Bergman che ad ogni fotogramma dimostra di aver creduto e di essersi appassionatamente immedesimata nel suo difficilissimo e ingrato personaggio. Quest'attrice singolare forse non aveva mai dato sinora in maniera così sensibile, vibrante e comunicativa la misura del suo talento. Nonostante le incongruenze del racconto, ella ci conquista e ci commuove continuamente, così che l'applauso che salutò, alla prima rappresentazione, la fine del film ci sembrò del tutto meritato, giusto omaggio ad un'arte d'attrice che ha dimostrato di saper superare anche quest'ultima, più difficile prova. Accanto alla Bergman, bisogna citare Alexander Knox, sobrio ed affettuoso marito, il piccolo Sandro Franchina, molto bravo nella parte del figlio, Giulietta Masina, assai viva, Ettore Giannini, efficace nel personaggio improbabile del comunista, la Marcella Rovena e gli altri caratteristi.
Alberto Moravia, L'Europeo, 22/1/1953

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Roberto Rossellini
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