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Lupo mannaro americano a londra (Un) - American Werewolf in London (An)


Regia:Landis John

Cast e credits:
Soggetto: John Landis; sceneggiatura: John Landis; fotografia: Robert Paynter; musiche: Elmer Bernstein; montaggio: Malcolm Campbell; scenografia: Leslie Dilley; effetti: Martin Gutteridge, Garth Inns, Effects Associates Ltd.; interpreti: David Naughton (David Kessler), Griffin Dunne (Jack Goodman), Jenny Agutter (Alex Price),Don McKillop (Ispettore Villiers), Paul Kember (Sergente McManus), John Woodvine (Dr. Hirsch), Frank Oz (Mr. Collins); produzione: American Werewolf, Inc - Lycanthrope Films - Polygram Filmed Entertainment - Guber-Peters Company; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Gran Bretagna - Usa, 1981; durata: 95'.
Vietato 14

Trama:La storia riguarda due giovani studenti americani, Jack e David, in vacanza in Inghilterra che vengono lasciati dall'autista che ha dato loro un passaggio in una zona poco raccomandabile sia come ambiente naturale (brughiera deserta e selvaggia) sia come ambiente sociale (gente rude ed inospitale). Vengono assaliti in una notte piovosa di plenilunio da una strana e mostruosa creatura che dilania orrendamente Jack e ferisce David ma che viene a sua volta uccisa dagli abitanti del villaggio. Il ferito viene ricoverato in un ospedale di Londra, dove, in preda ad incubi spaventosi, è curato amorevolmente da Alex, una graziosa infermiera, di cui si innamora e dalla quale è ricambiato, e da un medico in gamba che vuol vederci chiaro in questa misteriosa storia dell'aggressione...

Critica (1):(...) Landis, con uno sguardo critico che non è più del "giovane regista", ma è già per molti versi del teorico, vede comico ed horror come due funzioni dello stesso soggetto, il fascino e il terrore del corpo.
Da una parte riallacciandosi ai suoi film precedenti, dall'altra rivisitando il cinema del passato, con Un lupo mannaro ci dà un'opera la cui riuscita è data proprio da questa concezione di fondo, la cui apparente semplicità nasconde in realtà più e più livelli di lettura. Il "metodo" landisiano è quello dell'accumulazione; se in Animal House ed in Blues Brothers il suo centro era il puro e semplice gag, qui il gag rimanda a qualcosa d'altro - nel senso più pieno e terribile del termine: (l'Altro come il buio che si nasconde dietro all'apparenza del comico, l'Altro come l'orrore nascosto. Si vede quindi in che modo horror e comico interagiscono: l'uno è la (il) logica estensione dell'altro, ambedue sono funzioni dell'ambivalenza del soggetto verso il corpo. Narrativamente, Un lupo mannaro procede apparentemente in modo irregolare; pare non ci sia ordine nella volontà landisiana di privilegiare ora questo, ora quel segmento della narrazione; in realtà l'ordine sta proprio in questo dissimulato assunto teorico (e linguistico). Non procedendo sui sentieri dei generi come su due rette parallele, preferendo piuttosto procedere per tentativi e con andatura decisamente irregolare, Landis evita in ultima analisi di sbilanciarsi sia in un senso che nell'altro.
(...) Un lupo mannaro americano a Londra come opera di scuola? Non è impossibile. Nei suoi momenti migliori il film ricorda un altro esperimento per alcuni versi simile, L'Ululato di Joe Dante (...) Anche Dante, grazie soprattutto all'apporto di John Sayles in sede di sceneggiatura, virava con l'ironia il tono orrifico della vicenda. Ma soprattutto entrambi i film hanno in comune quella tendenza, rintracciabile oggigiorno fra le leve migliori dell'ultimo cinema americano, a fare della tecnica un fattore di scelta estetica. Landis e Dante, grazie all'aiuto di espertissimi tecnici, hanno potuto dare via libera alla propria immaginazione, e finalmente rappresentare l'orrore in tutta la sua interezza. Le sequenza della trasformazione del soggetto umano in bestia sono in entrambe le opere realizzate senza mai ricorrere alla classica via d'uscita del ciclo Universal dei lontani Quaranta: la dissolvenza incrociata. Eliminando questa sorta di "difesa" ultima, e risolvendo le sequenze di cui sopra con terrificanti primi piani sul viso (Dante) o con inquadrature di un corpo in continua trasformazione (Landis), l'orrore è finalmente catturato visivamente in tutta la sua spaventosa realtà - e nel suo pericoloso fascino. (...) C'è, nel finale di Un lupo mannaro, una sequenza che salta subito all'occhio per la sua evidente affinità con alcuni momenti di Blues Brothers. II lupo mannaro è ormai scatenato; uscito dal cinema porno nel quale ha già sterminato tutti gli spettatori, irrompe in pieno Piccadilly Circus, uccidendo, seminando il terrore e provocando una catena di incidenti d'auto che bloccano l'intera piazza. La somiglianza, anche puramente "cinematografica", tra questa sequenza e quella analoga del film precedente, in cui decine e decine di auto della Polizia si accatastavano l'una sull'altra nel tentativo di inseguire i due fratelli fuggiaschi, pone automaticamente l'accento sul soggetto-causa della catastrofe, che in entrambe le opere è in fondo lo stesso: il diverso. Sia i fratelli Blues che il lupo mannaro (non a caso americano) sono outsiders, forze eversive da eliminare, elementi dalla sessualità "pericolosamente" prorompente (là il "bestiale" John Belushi, qui la Bestia in prima persona); entrambi fungono da valvola di sfogo per i sentimenti poco teneri che Landis nutre per il mondo oggettuale. (...)
"Mi interessava la metafora sessuale. Con la metamorfosi, fondamentalmente si parla di un'erezione: una parte del corposi trasforma". (Landis, intervista a "Prevue"). Non servirebbero nemmeno queste più che chiare parole di Landis per mettere a fuoco lo stretto rapporto tra sesso e morte (tra sesso e bestialità, tra sesso ed orrore) che è evidenziato dal film. (...)
La fine sopravviene quando, illusoriamente, il desiderio mostrato si incarna nella bestia che ucciderà, divorando le sue vittime come Dionisio in estasi, e si farà uccidere.
Stefano Bortolussi, Cineforum n. 211, 1-2/1982

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
John Landis
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