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Big Night - Big Night


Regia:Tucci Stanley, Scott Campell

Cast e credits:
Sceneggiatura: Joseph Tropiano, Stanley Tucci. Fotografia: Ken Kelsch. Montaggio:SuzyElmiger. Scenografa:Andrew Jackness. Costumi: Juliet A. Polcsa. Musica: Gay Demichele Interpreti: Tony Shalhoub (Primo Pilaggi), Sanley Tucci (Secondo Pilaggi), Minnie Driver (Phillys), Isabella Rossellini (Gabriella), Ian-Holm. (Pascal), Mare Anthony. (Cristiano), Campbell Scott (Bob). Produzione: Jonathan Filley per Rysher Fntertainment. Distribuzione: Istituto Luce - Sacis Durata: 107'; Origini: Usa,1996

Trama:Anni'50. Primo e Secondo sono due-fratelli calabresi emigrati da poco a New York Hanno aperto un ristorante, «The Paradise», ma gli affari non sembrano andare nello stile del sogno americano ... Primo, un esteta della cucina, per il quale cucinare è un'arte, non accetta la volgarizzazione dei propri piatti (le polpette con gli spaghetti, blasfeme!), mentre Secondo accontenterebbe anche i clienti che chiedono mix gastronomici al limite della decenza, pur di farfruttare il locale. Di fronte al loro ristorante, intanto, Pascal, un altro ristoratore italoamericano, si arricchisce dando da mangiare agli americani proprio quello che essi desiderano. Con un lampo di apparente generosità, Pascal assicura che una serata-in-onere di un famoso cantante, tal Louis Prima, organizzata al ristorante dei Pilaggi, potrebbe lanciare il locale. Inizia così la preparazione della cena-evento nella quale i fratelli investono tutti i loro denari, il cui finale rivelerà come Prima in realtà, non sia mai stato invitato.

Critica (1):Una grande abbuffata di italoamericani senza mafia, senza mandolino, senza gangster, senza pugni nello stomaco e senza pallottole in ventre; un'abbuffata di silenzi, dove si ride pochissimo e., dove, per toccarsi ci si. sfiora pudicamente. In silenzio, meglio se da soli, si cucina e in- silenzio,- aa dovuta distanza, ci-si ama. C'è qualcosa che non quadra in questa "fuga" di emigranti anni `50 che ricette della nonna in una mano e valigia nell'altra, volano-in-America in cerca delle mille lire al mese ... Quel qualcosa che non quadra e, che dapprima spiazza, per poi trovare la sua dimensione (culinaria) la lentezza di un disastro annunciato (il sogno americano infranto) che arriva,con il carica di una tensione soffocata, sul ritmo di un pianissimo da cinema svedese. Facendo un bel testacoda con gli stereotipi di un'italianitít solare e ciarliera, con il modello facilmente esportabile dell'Italiaa daa una botta-sulla spalla e via o da "aggiungi un posto a tavola", Tucci e Tropiano si rimettono in marcia sulla strada-già per altro parecchio-battuta-de] Continente (quanti italoamericani di celluloide, tutti uguali brutti, sporchi-e cattivi post-padrino, hanno dovuto sopportare le nostre pupille?), stando-ben-attenti a non farsi fuorviare dall'incrocio per Broccolino. Ma, soprattutto non- accendono la radio... ovvero non si agitano come vorrebbe il manuale del- seguace di Puzo. E non fanno niente per risultare simpatici (cosa per altro superata-all'altezza del timballo: a quel punto tutti vorremmo, almeno come amico, Primo;..). Cinema svedese, abbiamo detto, anche se la temporalità paralizzata da-un ritualismo che spezza le gambe all'odierna ossessione del fast-food; potrebbe essere paragonata alla meccanicità sregolata di certe comiche viste al-rallentatore. Ma la ripetitività delle comiche ha ben altra freddezza, lontana dal calore lipidico che emanano i grassi insaturi preparati con cura dai Pilaggi's brothers. I fratelli italocalabresi (solo per il doppiaggio abruzzesi), al contrario di tanti pizzaioli di Capri-Hollywood; tengono tutto dentro si muovono con calma e preparano piatti-come formalisti di-unaeucina-che deve innanzitutto flirtare con gli occhi. Il tutto nella dimension ed uracin adelcer vello che gioca di sottrazione e di misura- sui personaggi- proprio-perché sa-di poter abbondare all'esterno con la danza fastosa di portate da segno. Allora, con cotanto trionfo di colesterolo in forma divina (un'estetica del cibo che fa concorrenza a quella già vista in ll pranzo di Babette) che bisogno c'è dell'abbondare di parole? Cane il loro caúe ristretto, i Pilaggi sonoil punto limite di uno stereotipo rivoltato-dove tempo- e-parala-fanno-a gara per annullarsi a vicenda, per sparire in pianisequenza silenziosi o in carrelli ammutoliti.
Italiani brava gente, quindi, anni luce lontana dalle malizie e dalle smagatezze di bravi ragazzi cresciuti col coltello nel taschino: Italiani poco divertenti, tutto sommato ... non è che ci ammazzino dalle risate con battute folgoranti. E, se isoliamo due momenti di alto surrealismo errante in-forma-dialogica, ci rendiamo conto che non è il testo il punto di forza degli sceneggiatori... (in quel senso i due dovrebbero forse lavorare di più). Quel-che rende questo Big Night una piccola sorpresa da tenere d'occhio sono proprio loro, Prime e Secondo dalla mimica minimale ma esaustiva (tra Buster Keaton e Eduardo), sempre perfettamente fuori posto rispetto alla pragmatica massi€cante di un certo cinema e invece beatamente a loro agio in quella grande cucina dove il tempo non è altro che una successione di tempi di cottura ... Il tempo, lui sì oltre al timballo, è la vera "spalla'-" dei-Pilaggi, il-protagonista invisibile di una Big Night resa possibile dal suo stesse gon€rarsi, estendersi, espancíersi, dilatarsi fino a rendersi piatto, portata, gesto culinario antipasto, dolce, in un trionfo di p(P)rimo e s(S)econdo (coincidenza o caso questo scambio fra oggetto e soggetto?). Tempo che diventa quindi risme, timballo (reso possibile tra l'altro da un'infinità di tempo), che si trasferrnain-rag~e si metabolizzaipolpetta: l'avranno saputo i due chef Tucci Tropiano che l'arte della cucina è tutta una questione di tempo? O che l'uomo è ciò che mangia? Non sarà che, con la scusa del cibo, ci hanno imbandito un convivio filosofico?
Elena Martelli, Cineforum, n. 361,1997.

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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