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Lettera a tre mogli - Letter To Three Wives (A)


Regia:Mankiewicz Joseph L.

Cast e credits:
Soggetto: dal racconto di John Klempner; sceneggiatura: Vera Caspary, Joseph L. Mankiewicz; fotografia: Arthur C. Miller; musiche: Alfred Newman; montaggio: J. Watson Webb Jr.; scenografia: Lyle R. Wheeler, J. Russell Spencer, Walter M. Scott; interpreti: Jeanne Crain (Deborah Bishop), Linda Darnell (Lora May Hollingsway), Ann Sothern (Rita Phipps), Kirk Douglas (George Phipps), Paul Douglas (Porter Hollingsway), Florence Bates (Mrs. Manleigh), Connie Gilchrist (Mrs. Finney), Thelma Ritter (Sadie), Jeffrey Lynn (Brad Bishop), Barbara Lawrence (Babe Finney), Celeste Holm (Addie Ross), la voce narrante; produzione: Sol. C. Siegel per Fox; distribuzione: Lab 80; origine: Usa, 1949; durata: 102'.

Trama:Lora May, Rita e Deborah sono tre amiche che decidono di fare una gita sul battello dalla mattina alla sera. Al momento di salire vengono raggiunte da un fattorino che consegna loro una lettera, indirizzata a tutte e tre: è di Addie Ross, loro amica, che annuncia di essere in partenza dalla città, in compagnia di uno dei loro mariti, senza dire quale. Ognuna delle tre donne passa la giornata rievocando il passato, ripensando agli alti e bassi del suo matrimonio e chiedendosi se è il suo il marito che è partito con Addie.

Critica (1):Tre signore che stanno per fare una gita in campagna, ricevono una lettera da una comune amica, Addie Ross, che annuncia di essere scappata con il marito di una di loro. Le tre donne fingono di non dare importanza alla cosa, ma durante la giornata si dimostrano preoccupate e timorose della notizia che hanno ricevuto. A poco a poco si compone uno spaccato di meschinità, inquietudini, piccole tragedie. Mankiewicz, che vinse l'Oscar come sceneggiatore e regista di questo film, realizza un gioiello di raffinatezza e cattiveria, una delle commedie più amare sulla borghesia americana.
dal sito di Lab80

Critica (2):In una piccola città di provincia, Deborah, Rita e Lora May si ritrovano per faare da accompagnatrici a una gita di bambini, come parte dei loro”obblighi sociali”. Poco prima di salire sul battello, ricevono una lettera da Addie Ross, un’amica comune, che annuncia di avere appena lasciato la città con il marito di una di loro. E ognuna di loro, nel corso della giornata, temendo che si tratti del proprio, rimetten in discussione il proprio matrimonio.
Deborah, che proviene da un ambiente rurale, ricorda la sera in cui, condotta dal marito Brad, ha fatto il suo “ingresso” nell’alta società cittadina, e l’umiliazione causata da un abito ridicolo e qualche drink troppo.
Rita, che scrive stupide soap radiofoniche per compensare il magro stipendio del marito George, insegnante, ricorda una cena disastrosa in cui George ingiuriò gli “sponsor” della moglie, una coppia ignorante e saccente.
Infine Lora May ricorda come, volendo sfuggire alla sua modesta condizione, abbia sposato Porter, il suo capo, uomo d’affari ricco e maturo.
Tutti e tre conoscono il fascino che Addie Ross esercita sui loro mariti. Quando arriva a casa, Rita, sollevata, ritrova suo marito, così come (dopo qualche dubbio), Lora May. La stessa sera, le due coppie cenano con Deborah, che è sola: Brad è stato “trattenuto”... Ma un ribaltamento finale lascerà intendere che Addie Ross non ha vinto la partita.
Zanuck serberà a lungo rancore nei confronti di Mankiewicz perchè aveva raggiunto il successo grazie a un progetto che lui stesso (Zanuck) aveva iniziato e curato. “Se ne fa un successo, diventerà insopportabile”, aveva predetto il grande produttore... Lettera a tre mogli (titolo tradotto, ndt) getta per sempre le basi del famoso “stile” Mankiewicz”. Il tono è dato, sin dall’inizio, dal timbro impertinente di una voce femminile: “Tanto per cominciare, tutti gli eventi e i personaggi di questa storia potrebbero essere fittizi. E qualsiasi somiglianza con voi – o con me – potrebbe essere una coincidenza ... “
Per la prima e ultima volta nella sua carriera, Mankiewicz ambienta il suo film in una piccola città della provincia americana.
L’ambiente è rurale e in genere accogliente, tranne che nell’episodio di Lora May che rappresenta alla lettera il fatto di vivere “sul lato peggiore della ferrovia” (“the tracks”, i binari): in una antologica gag tipresa (e migliorata) da My Sister Eileen (1942) di Alexander Hall, tutta la sua casa si mette a tremare ad ogni treno che passa sulla vicina linea ferroviaria. Questa gag finisce per indicare, fin dal primo bacio tra Lora May (Darnell) e il suo capo Porter (Paul Douglas), il crollo delle barriere sociali.
Lettera a tre mogli, di fatto, appartiene a una genere autoctono, l’ “Americana”, che racconta gli eventi quotidiani della vita americana rurale. Jeanne Crain (Deborah) ne era una specialista. Il suo “sketch”, in cui il riassetto di un abito determina il futuro di una coppia è tipico del genere (cfr. Song of Missouri / Meet Me in St. Louis di Minnelli, 1944).
Ma l’aggressività della satira è proprio il timbro personale dell’autore, che culmina nella potente diatriba di Kirk Douglas contro le trasmissioni radiofoniche sponsorizzate, preannunciando le sue frecciate contro la televisione nei suoi ultimi film. Qui Paul Douglas, nel corso della stessa serata, si vanta di avere l’unica antenna televisiva della città, ma Linda Darnell ribatte sarcasticamente che sono troppo lontani per ricevere le emissioni (“Che cosa vuoi che faccia? Che costruisca una stazione televisiva apposta per te? “ “Non ce n’è bisogno, devi solo urlare un po’ più forte.” La solida architettura sulla quale è costruito il film si fonda in parte sul modo in cui Mankiewicz si compiace nel collocare, in ogni storia, i protagonisti di altre come personaggi secondari che possono commentare a turno l’azione, per renderci più familiare il loro microcosmo.
L’unità del film è ugualmente assicurata dalla narratrice che rimane invisibile, scommessa rischiosa se si fa riferimento all’ultimo insuccesso di Edward, My Son di Cukor (1949). Qui Addie Ross, la predatrice, rimane in ombra, sentiamo solo la sua voce che commenta il film: essendo “uscita dal nulla”, possiede un punto di vista onnisciente che verrà negato a tutti i futuri “commentatori” di Mankiewicz. Il fatto di non mostrarsi le dà un potere assoluto sul racconto, un potere quasi da “medium” confermato dalla giravolta finale (il bicchiere che cade). Più che l’ammissione del fallimento questo evento starebbe ad indicare che Addie non tiene conto di questi mediocri intrighi di ménage, che le basta provare la sua onnipotenza riguardo alla storia. Una volta raggiunti i suoi fini, si ritira, pronta a non assumere che un ruolo apocrifo: notiamo che è la sua voce, deformata da effetti speciali sonori, che scatena i flashback mentali di ciascuna delle protagoniste – come se Addie Ross e questa lettera, alla fine, sfossero solo delle emanazioni del loro inconscio. Per quanto incongruo possa sembrare, bisognerà attendere L’année dernière à Marienbad perchè venga azzardato un utilizzo altrettanto audace (ma molto più vistoso) della voce off.
(tradotto da libro di Par N.T. Bihn Mankievicz, Ed. Rivages/Cinema, 1986.

Critica (3):

Critica (4):
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