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Kill Me Please - Kill Me Please


Regia:Barco Olias

Cast e credits:
Sceneggiatura: Olias Barco, Virgile Bramly, Stéphane Malandrin; fotografia: Frédéric Noirhomme; montaggio: Ewin Ryckaert; scenografia: Manu de Meulemeester; costumi: Elise Ancion; effetti: Olivier de Laveleye, Marie-Pierre Frankx; interpreti: Aurélien Recoing (Dottor Krueger), Virgile Bramly (Virgile), Daniel Cohen (Jean-Marc), Virginie Efira (Ispettrice Evrard), Bouli Lanners (Sig. Vidal), Benoît Poelvoorde (Sig. Demanet), Saul Rubinek (Sig. Breiman), Zazie De Paris (Sig.ra Rachel), Clara Cleymans (Julia), Philippe Nahon (Antoine), Vincent Tavier (Sig. Plouvier), Olga Grumberg (Ingrid), Bruce Ellison (MC5), Gerard Rambert (Sig. Nora), Stéphane Malandrin (Steve), Muriel Bersy (Muriel), Ingrid Heiderscheit (Sylvie), Nicolas Buysse (Luc), Jerome Colin (Bob), Philippe Grand'Henry (Herve), Stéphanie De Crayencour (Sophia); produzione: Olias Barco, Philippe Kauffmann, Guillaume Malandrin, Stéphane Malandrin, Vincent Tavier per La Parti Production-Oxb Productions-Les Armateurs-Rtbf-Minds Meet-Mollywood; distribuzione: Archibald Film; origine: Belgio, 2010; durata: 96’.

Trama:Il dottor Kruger è un medico che ha deciso di rendere la morte un dolce peso e di dare un senso al suicidio, per questo ha istituito una clinica per coloro che hanno scelto di porre termine alla propria vita - per malattia, depressione o semplice mal di viere - da soli. Nella sua casa di cura i pazienti vengono ascoltati tutti i giorni e, quando arriva il momento, il medico favorisce ognuno di loro con un ultimo desiderio. Tuttavia, una serie di paradossi ed eventi grottescamente drammatici renderà consapevole il dottor Kruger di quanto la libera scelta sia solo una mera illusione.

Critica (1):Volete suicidarvi? In questo nostro hotel-clinica di lusso, passerete i vostri ultimi giorni e il vostro ultimo momento esattamente come vorrete. (...) In bianco e nero, il film, e senza musica, ma l'atmosfera, inizialmente, è proprio quella, di Il fischio al naso, una delle regie più ferreriane, grottesche e angoscianti di Tognazzi. (...) Era stato concepito dagli sceneggiatori, inizialmente, più come un horror leggero di serie b, ma alla Roger Corman, a retrogusto sostanzioso e militante (...) e dunque con una certa solidità morale alle spalle (...). Poi Kill Me Please è stato reinterpretato, in maniera più noir, nichilista, misteriosa e anarchica, dal suo produttore Vincent Tavier, già artefice di Il cameraman e l'assassino del 1992. (...) Acquista così un duplice charme. Il castello isolato, lo scienziato «pazzo», gli schizzi di sangue improvvisi, da splatter, gli infermieri, i degenti (...), l'invadente spia-detective del ministero delle finanze, un parco di attori tutti a proprio agio nella difficile interpretazione di una pièce attratta da lonesco, dal surreale verismo.
Roberto Silvestri, Il Manifesto, 14/1/2011

Critica (2):Tre avvertenze prima della visione. 1) Una clinica per suicidi esiste davvero, si trova in Svizzera ed è l'invenzione elvetica più promettente dai tempi dell'orologio a cucù. 2) Il belga Olias Barco (il regista) non è uno sprovveduto, avendo tentato di togliersi la vita più volte prima di girare questo piccolo capolavoro 3) Nonostante il tema e l'austero bianco e nero, il film vi seppellirà solo di risate.
Decisiva la chiave dissacratoria, ferocemente grottesca, utilizzata da Barco perché il cortocircuito tra racconto e discorso, tema e tono, esploda in forme travolgenti e assolutamente originali. Kill Me Please – vincitore dell'ultimo festival romano – mescola con disinvoltura Ferreri, Tati e Dreyer per portarci negli abissi delle pulsioni umane, laddove la fame del desiderio rompe gli indugi e, non trovando più nulla da consumare, finisce per divorare se stesso. Il tema, dunque, non è l'eutanasia come erroneamente riportato da diversi giornali, ma il nichilismo (narcisista) della volontà. Gli aspiranti suicidi che decidono di ricorrere alle prestazioni del Dr. Kluger non sono – se non in un solo caso – malati allo stadio terminale, ma depressi cronici, falliti, bancarottieri, cialtroni. Attori da cabaret, maschere buffe e tristi nell'oscena recita della vita. E nonostante la disperazione sia il problema, vivere un disturbo e la morte da mandare giù con un bicchier d'acqua, i protagonisti – un cast straordinaro – non vogliono la fine, ma opzionarla, metterla in scena, gustarla. Dominato da un narcisismo onnivoro, l’uomo – feticcio non conosce altro(ve) se non quello delle sue fantasie, mentre la sua bella società è svanita dietro il nome di istituzioni fantasma (dov’è la polizia?) e nei limiti tracciati da cecchini invisibili. Uscire da sé e dalle proprie ossessioni può essergli altrettanto fatale.
Kill Me Please è un dramma da camera che usa gli esterni come interni, e congela tutto nel bianco e nero di una vita scolorita e insensata. L'umorismo di Barco è isterico, fisiognomico e improvviso. Politico? Può darsi. Tutto quel parlare – lo fa alla fine Kluger – di soldi e risparmi che il suicidio assistito porterebbe allo stato lo farebbe pensare. Eppure l'impressione è che Barco non cerchi scusanti o appigli sistemici, il suo pessimismo è totale: cosa c'è dietro l'ossessione per la "bella" morte se non l'irrefrenabile vanità dell'ego, una visione monca e monoculare (e chi non capisce la questione, come succede a un oppositore catturato dal dottore, deve perdere un occhio), la vita ridotta a narcisistica recita, l'altro a mezzo e l'aldilà a palcoscenico? Tutti rivendicano "una storia" da raccontare (come l'uomo con la moglie persa a un tavolo da gioco), uno specchio, un finale da scegliere. C'è chi morirà col "vigor" mortis, chi da Rambo, chi in posa plastica. E c'è chi, infine, avrà la tanto desiderata platea per un'ultima, catarrosa esecuzione della Marsigliese: siamo noi, il pubblico in sala. Complici di un'oscena performance. Il sipario può chiudersi, la farsa è finita.
Gianluca Arnone, La rivista del cinematografo

Critica (3):"Signore e signori, la morte è servita. Se è vero che il modello seguito dall'ignoto Olias Barco per Kill Me Please è La grande abbuffata del grande Marco Ferreri, ecco tornare le stesse pulsioni mortifere rivedute e corrette in forma di farsa nera e irridente. (...) Reso irresistibile da un sapiente quanto irrealistico bianco e nero, e dal divertimento sfacciato con cui il film alterna i registri più diversi mescolandoli perfino nella stessa scena. Black comedy, grottesco spinto, film d'azione, horror comico, teatro dell'assurdo, trattatello semiserio di psicosociologia (fioccano dati e statistiche parziali ma tutt'altro che immaginari sui costi sociali del suicidio...). Tutto spinge a folle velocità questo film girato in sole tre settimane dentro un castello napoleonico che ricorda anche il primissimo Polanski. E non spiega mai chi sono davvero il dottor Kruger (...), né perché la finanza indaghi, cosa succeda nel villaggio vicino, chi siano davvero quei pazienti che vogliono dire addio al mondo in modo bizzarro. In compenso moltiplica le figure stravaganti (...). Per stare al gioco magari conviene sintonizzarsi con lo humour provocatorio del cinema e del fumetto belgi (i produttori sono quelli del feroce Il cameraman e l'assassino). Magari il film, vincitore a Roma, non parla tanto di eutanasia e diritto alla 'dolce morte', ma del desiderio dilagante di fare della morte un'immagine come le altre. Per questo è importante e tutt'altro che frivolo o gratuito.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 14/1/2011

Critica (4):
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