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Barfly - Barfly


Regia:Schroeder Barbet

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Charles Bukowski; fotografia: Robby Müller; scenografia: Bob Ziembicki; musica: Wolfgang Amadeus Mozart, Alexander Scriabin, Ludwig van Beethoven, Gustav Mahler, Karl Stamitz, George Frederic Handel; Superv. Mus.: Paula Erickson; montaggio: Eva Gardos; costumi: Milena Canonero, Eileen Kennedy; suono: Hari Ryatt, Robert A. Fitzgerald Jr.; interpreti: Mickey Rourke (Henry Chimasi) Faye Dunaway (Wanda Wilcox), Alice Krige (Tully Sorenson), J.C. Quinn (Jim), Frank Stallone (Eddie), Jack Nance (detective), Sandy Martin (Janice), Roberta Bassin (Lilly), Gloria Leroy (nonna Moses), Joe Unger (Ben), Harry Cohn (Rick), Pruitt Taylor Vince (Joe); produttore: Barbet Schroeder, Fred Roos e Tom Luddy, per Cannon Films/Cannon International/ Zoetrope Studios; distribuzione: D.L.F.; origine: USA, 1987; durata: 100'.

Trama:Henry Chinaski passa le giornate tra il suo lercio appartamento e il bar Golden Horn, dove alterna bevute colossali e scazzottate con Eddie, il gestore. Incontra Wanda, un'altra "mosca da bar", con cui ha una
relazione tempestosa, disturbata dall' incontro con l'avvenente Tully, agente letterario di una rivista. Henry infatti scrive racconti e riceve una somma in denaro, che puntualmente spende subito in bevute al bar. Wanda picchia la nuova venuta e il finale vede Henry battersi per l'ennesima volta con Eddie dietro al locale.

Critica (1):Siamo "downtown": ci sfila davanti una serie di locali, luci al neon dappertutto. Poi la mdp sembra sceglierne uno fra tanti, si abbassa e penetra all'interno del "Golden Horn". La sala è vuota, c'è solo un barman appoggiato al banco che legge un giornale ma si sentono dei rumori soffocati provenire da fuori. Nei vicoli dietro al bar, infatti, stanno massacrando di botte nientemeno che Mickey Rourke, travestito da barbone ubriacone.
Per tutto il film, Rourke non muterà look nè espressione: una strana felicità gli si dipinge sul volto ("Va tutto bene al mondo, finché tu ed io siamo qui e beviamo"), anche se la portinaia gli grida dietro "Che schifo d'uomo", interpretando i pensieri di noi tutti, mentre cammina in avanti, gambe divaricate, mascella prominente, braccia rattrappite, in una buona imitazione di un primate. Però Henry non è un barbone qualsiasi: ascolta musica classica, scrive poesie e racconti, è insomma un pó "maledetto" e piace alle belle ragazze dell'ottima borghesia. Ma lui se ne frega, e preferisce la compagnia di Wanda, una pari sua ("Non sopporto la gente, la odio. Tu la odi?", 'No, ma sto molto meglio quando sto da solo'). Charles Bukówski descrive il suo Barfly come "una descrizione di parecchie notti della mia vita tanto tempo fa... Sono diventato una mosca da bar perchè non mi piaceva quello che vedevo dalle 9 alle 5". Il merito maggiore della prosa di Bukówski è in qualche misura del film, è l'assoluta mancanza di autocompiacimento, e una certa moralità. Naturalmente l'Henry di Rourke, come Bukowski, è un ubriacone letterario. Ma non è lamentoso, non cerca giustificazioni: la sua è una scelta in qualche modo esistenzialista.
L'uomo vale per quello che vale l'ultima frase che ha pronunciato. "Solo un vero uomo può farcela senza lavorare", oppure "Non so il mio nome, non so il mio significato, e nessuno si accorgerà della mia fuga", e infine l'epitome "Chiunque può essere non-sbronzo. Essere sbronzo è difficile. Ci vuole costanza". E queste frasi, anche se pronunciate da un uomo che si muove un pò come Jerry Lewis giovane, danno un senso al film e, incredibilmente, riescono a salvarlo almeno in parte dal macchiettismo (Faye Dunaway è invece assai poco credibile nei panni di Wanda, e alcuni personaggi minori tra la variopinta fauna del bar sono abbastanza insopportabili tutto da buttare poi è l'intermezzo con la ragazza - bene).
Lo stoicismo di Henry è esaltato dalla "giusta" fotografia di Robby Müller, che ci restituisce degli ambienti lividi, azzurrognoli, adatti a un contesto di sfida morale nei confronti di se stessi, e dal verismo dei costumi, mai "falsi" o pittoreschi, della grande Milena Canonero, premio Oscar per Barry Lyndon..
Alberto Morsiani, Segno Cinema, n. 33 Maggio 1988

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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