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Equilibristi (Gli)


Regia:De Matteo Ivano

Cast e credits:
Soggetto: Valentina Ferlan; sceneggiatura: Valentina Ferlan, Ivano De Matteo; fotografia: Vittorio Omodei Zorini; musiche: Francesco Cerasi; montaggio: Marco Spoletini; scenografia: Massimiliano Sturiale; costumi: Valentina Taviani; interpretazione: Valerio Mastandrea (Giulio), Barbora Bobulova (Elena), Rosabell Laurenti Sellers (Camilla), Grazia Schiavo (Stefania), Antonio Gerardi (Pietro), Antonella Attili (Marta), Stefano Masciolini (Lucio), Giorgio Gobbi (Mario), Francesca Antonelli (signora lucine cimitero), Damir Todorovic (Goran), Antonio Tallura (medico), Daniele La Leggia (Gabriele), Pierluigi Misasi (Pizzaboy), Paola Tiziana Cruciani (proprietaria appartamento periferia), Lupo De Matteo (Luca), Maurizio Casagrande (Stefano), Rolando Ravello (Franco); produzione: Marco Poccioni e Marco Valsania per Rodeo Drive, in coproduzione con Babe Films in collaborazione con Rai Cinema, con la partecipazione di Canal +, Sky Cinema, Mediaset Premium; distribuzione: Medusa; origine: Italia, Francia, 2012; durata: 100’.

Trama:Il divorzio arriva improvvisamente a sconvolgere un'esistenza apparentemente tranquilla. È così che Giulio, a quarant'anni, vedrà crollare improvvisamente tutte le sue certezze e sarà costretto fare i conti con la precarietà economica...

Critica (1):La morale è una sola: soltanto i ricchi possono permettersi il lusso del divorzio che raddoppia i costi. Che non si addice invece a Giulio, borghese medio medio con moglie e due figli, impiegato comunale che per una scappatella non perdonata esce di casa. Gli equilibristi sono le persone come lui, che poco alla volta vengono spinte ai margini, abitano pensioni fatiscenti a una stella, scendono con gran fatica la classe sociale, dormono in auto, chiedono a tutti prestiti e vanno alla mensa dei nuovi poveri, oggi più numerosi di ieri e meno di domani, come dicono i sociologi. (...) Valerio Mastandrea, aspetto cristologico, il più espressivo occhio assente visto negli ultimi anni, si inserisce benissimo in questo processo di neo-realismo interiore, suggerendo infinite variazioni alla malinconia, mentre intorno dà il peggio di sé quell'Italia furbetta di cui vergognarsi, che affitta in nero, non fa contratti di lavoro, evade il fisco ecc., come da cronaca quotidiana. (...) Se nel finale son rose, fioriranno (un po' di rassicurazione non manca) ma ci scappa anche una citazione di Umberto D di Vittorio De Sica. Ma il nostro non è lo stimato professore, è l'uomo medio e grigio, incitato dai media a far sesso anche in orario d'ufficio, mentre a casa lo aspetta la famiglia del Mulino Bianco con una perfetta Bobulova, fatina stanca, e due ragazzi in gamba. Ma non è un film su amore e divorzio, è un'ispezione sulla capacità di mutare e resistere a un cambio di passo non solo materiale in un Paese dove, come altrove, il valore sociale al top è la solitudine.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 14/9/2012

Critica (2):(...) c'è molta attesa per Gli equilibristi, il film scritto (con la moglie Valentina Ferlan) e diretto da Ivano De Matteo e presentato in concorso nella sezione Orizzonti (...). Una storia di oggi, di quelle che la crisi economica ci ha abituato a conoscere. Una storia terribilmente attuale che racconta di un divorzio e nuovi poveri con un bilancio talmente risicato che non permette loro di arrivare alla fine del mese, Gli equilibristi insomma.
Giulio (uno strepitoso Valerio Mastandrea, a Venezia ha vinto per questa interpretazione il premio Pasinetti, che gli sarà consegnato giovedì a Roma al cinema Eden, prima della proiezione) ha quarant'anni e una vita apparentemente tranquilla. Vive in una casa in affitto, ha un posto fisso al Comune, due figli e una moglie (Barbora Bobulova) che ama. Quando però la scoperta di una sua scappatella coniugale manda in crisi la relazione tutto crolla e Giulio scopre cosa accade ad una coppia che ai nostri giorni decide di separarsi: finirà a dormire in macchina e a mangiare nei ricoveri per senzatetto. Un'amara parabola sulla fine del sogno economico italiano.
«Per venti anni ci hanno raccontato che eravamo tutti "ricchi", adesso però sta arrivando il conto e molti non sono in grado di pagarlo», spiega Ivano De Matteo presentando la sua opera accompagnato dall'undicenne figlio Lupo (che nel film è il figlio più piccolo dei protagonisti), dalla sedicenne Rosabell Laurenti Sellers (enfant prodige, attiva professionalmente dal 1999, qui è la figlia goth punk della coppia) e da Grazia Schiavo, la «rovinafamiglie» che causa la crisi di coppia.
«Il mio – insiste il regista – non è un film sulla separazione, ma sui problemi che tutti i nuovi "ricchi" devono affrontare quando scoprono di essere diventati i nuovi poveri. Il problema è che sono anche privi di quella consapevolezza di povertà che un tempo aiutava ad affrontare simili peripezie in modo psicologicamente più forte». «La mia – aggiunge Di Matteo – è la storia di una coppia molto normale: due figli, lui guadagna poco più di mille euro al mese, lei ha un part-time, hanno il mutuo per la casa e quello per la macchina, una classica famiglia media. Troppo ricchi per ricevere aiuto come poveri, troppo poveri per sopravvivere all'imprevisto della separazione». Volutamente il regista non narra né conflittualità rancorose tra i protagonisti, né sforamenti nell'illegalità per procurarsi soldi: quella di Giulio è una discesa agli inferi che colpisce molti padri di famiglia nelle stesse condizioni, perché, spiega De Matteo, «documentandomi prima del film, perle mie abitudini di documentarista, ho visto tante vicende analoghe a quella raccontata, finendo coll'inserire una battuta veramente sentita: "il divorzio è per i ricchi, quelli come noi non se lo possono permettere"».
«Valerio è stato perfetto nel ruolo – conclude il regista – mi serviva un "Pierrot", perché questa è una commedia amara in cui si passa dall'umorismo nero alla disperazione più cupa, solamente con uno sguardo, o la postura del corpo». A proposito della querelle se il nostro cinema sia o meno provinciale, infine, Di Matteo annuncia che a febbraio il film approderà in Francia: «Certe volte siamo noi per primi a distruggere il nostro cinema. Le nostre storie non sono provinciali, l'ipocrisia, la povertà, i conflitti familiari sono problematiche universali».
Oscar Cosulich, Il Mattino, 12/9/2012

Critica (3):

Critica (4):
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