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Estate di Martino (L’)


Regia:Natale Massimo

Cast e credits:
Sceneggiatura: da “Luglio 80” di Giorgio Fabbri, Vincitore del Premio Solinas 2007; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Paola Freddi; musiche: Roberto Colavalle; scenografia: Sabrina Balestra; costumi: Alessia Condò; aiuto regia: Giuseppe Eusepi; interpreti: Treat Williams (Capitano Jeff Clark), Luigi Ciardo (Martino), Matilde Maggio (Silvia), Pietro Masotti (Massimo), Simone Borrelli (Andrea), Matteo Pianezzi (Luca), Renata Malinconico (Serena), Benjamin Francorsi (militare), David Hartcher (militare), Silvia Delfino (madre di Martino), Marcello Prayer (padre di Martino); produzione: Movimento Film, Rai Cinema; distribuzione: Movimento Film; origine: Italia, 2010; durata: 85’.

Trama:È l’estate del 1980, un’estate di sangue schiacciata fra la tragedia di Ustica del 27 giugno e l’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto. Martino, quattordicenne schivo e introverso, trascorre le vacanze con la comitiva del fratello maggiore, finendo per innamorarsi di Silvia, la ragazza di suo fratello. Affascinato dai giovani soldati americani impegnati a fare surf nel tratto di costa controllato dalla Nato, Martino riesce a stringere un forte legame di amicizia con il capitano Jeff Clark con il quale si crea una rete di rapporti paralleli che cresceranno di pari passo alle lezioni di surf. Il ragazzo abbandonerà il suo guscio e saprà conquistare le onde e l’amore, mentre il capitano riuscirà a sconfiggere i fantasmi del passato.

Critica (1):Una caletta di sabbia chiara, il mare celeste, la duna morbida, gli ulivi sulle colline: un ragazzi­no del sud che s’affaccia alla vi­ta stringe amicizia con un an­ziano e disilluso militare della base Nato. A unire due esseri tanto lontani per età, cultura, ideologie, la passione per il surf. Il militare americano sa fare surf, il ragazzino vorrebbe imparare. Dopo quest’incontro, tutti e due non saranno più gli stessi. Si gira a Torre Guaceto, un’oasi naturale in provincia di Brindisi, Luglio ’80 (L’estate di Martino n.d.r.) piccolo film ambientato in Puglia, una terra che il cinema ha scoperto tardi, ma che oggi, dopo i successi di Winspeare, Rubini, Nicola Ce­rasola, Cristina Comencini, la Wertmuller e adesso Ozpetek che qui sta girando Mine vaganti con Riccardo Sca­marcio e Alessandro Preziosi, è diventata uno degli sfondi preferiti dal no­stro cinema. La storia, con cui Giorgio Fabbri ha vinto il Soli­nas, un premio di sceneggiatura che non si ottiene per via di rac­comandazioni, è minuscola, tut­ta compresa in quest’orizzonte di spiaggia e stretta nel tempo tra due tragiche date di stragi: il 27 giugno 1980, la notte di Usti­ca, e il 2 agosto dello stesso anno, la bomba alla stazione di Bolo­gna. L’Italia allora era quella: lot­ta armata, attentati, servizi se­greti, trame, cortei di protesta e un antiamericanismo serpeg­giante che faceva gridare ai ma­nifestanti: «Via dalla Nato». L’amicizia è un filo di speranza. È un film di “se” Luglio ’80 (L’estate di Martino n.d.r.). Se avessimo capito, se avessimo smesso di contrastarci, se gli uo­mini imparassero a usare le paro­le invece delle armi. Se, se, se.
Prodotto e voluto da Mario Mazzarotto con la Movimento­film, finanziato anche dal Mini­stero e da Raicinema, per metà si svolge tra le onde, per metà sulla sabbia dove il ragazzino si deve confrontare con il suo grup­petto di amici appena un po’ più grandi, quel tanto che basta, pe­rò, a fargli scoprire di potersi in­namorare pure lui. Gli attori so­no giovanissimi. Luigi Ciardo ha 14 anni, frequenta il liceo, studia pianoforte ma aveva fatto una piccola parte con Winspeare che l’ha con­sigliato alla produzione. Il fratello maggiore è Pietro Masotti, bel­lo dallo sguardo ambiguo uscito dall’Accademia. Il primo amore è Matilde Pezzotta, una biondina di 17 anni con alle spalle qualche spot di cui uno per far votare i giovani alle europee, vista la sua aria seria e pulita. La regia, la pri­ma nel cinema, è di Massimo Na­tale, uno dei figli di Mario, mitico agente dello spettacolo italiano da poco scomparso, immenso per stazza e autorevolezza. Cre­sciuto professionalmente accan­to a Garinei nel teatro “Sistina” di cui continua ad occuparsi, Na­tale è diventato regista di com­medie da palcoscenico per amo­re della moglie attrice e con que­sto Luglio ’80 (L’estate di Martino n.d.r.) fa il grande passo.
«Il copione è una poesia, sospeso com’è tra realtà e fantasia. Nien­te a che vedere con Notte prima degli esami cui non avrei mai osa­to ispirarmi perché è perfetto. Una favola moderna, piuttosto, con punte di amaro. Se dovesse riuscire potrebbe venir fuori un gioiellino, altrimenti sarà una grossa sciocchezza». Paura? «No. Molta concentrazione». È una idea di Natale costruire una colonna musicale ispirata ai ritmi degli anni Ottanta, quelli della Mi­lano da bere, ma metterci dentro anche “L’avvelenata” di Guccini e “L’isola che non c’è” di Bennato. È un’altra idea sua aver voluto, nel ruolo del capitano della Nato, Treat Williams, indimenticato in­terprete di Hair di Milos For­mar, ma anche di C’era una volta in America di Leone, tornato al successo in Usa con la serie E­verwood che lo ha portato a prender casa nei boschi dello Utah, dove si tiene il Sundance Festival. Attore completo da Mac­beth a Grease, appassionato di aerei che pilota personalmente, americano fino al midollo con un antenato che firmò la Dichiara­zione di Indipendenza, Williams non sapeva alcunché di Ustica, di Bologna, del terrorismo rosso e nero, delle trame dei servizi segreti, e perfino delle basi ameri­cane in Italia, ma da democrati­co vicino a Obama molto se n’è in­teressato: «Mi rendo conto – am­mette ridendo – meglio e di più perché noi americani non siamo simpatici a tutti nel mondo».
(Simonetta Robinoy, La Stampa, 6/10/2009)

Critica (2):Tre livelli di lettura che si intersecano per confluire in un’unica, grande spe­ranza che è trasversale ad ogni generazio­ne; quella di mantenere vivo il desiderio di sognare. Ecco, nel primo, appassionante lungometraggio di Massimo Natale, L’estate di Martino, presentato in concorso con successo di pubblico e critica al recente Festival del Film di Roma e da domani nelle sale; il sogno ha anche una valenza sociale: «Quella del riscatto dall’orrore con la tenace, coraggiosa guerra contro chi semina terrore» sottolinea il regista. Così, nella pellicola l’accennata strage di Bolo­gna e la tragedia di Ustica, entrambe datate 1980 si immergono dentro una favola di Dragut: «Un principe che sfida il mare per amore, oltrepassando ogni confine per nuotare negli abissi alla ricer­ca di una giara magi­ca. Il tutto seguendo il filo della storia reale, quella del giovane Martino innamorato di Silvia, la ragazza di suo fratello, e della ini­ziazione del giovane ai pericoli, alle sfide e alle sorprese della vi­ta». [...]
(Leonardo Jattarelli, Il Messaggero, 18/11/2010)

Critica (3):

Critica (4):
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