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Tre volti della paura (I)


Regia:Bava Mario

Cast e credits:
Soggetto: da Anton Cechov (La goccia d'acqua), Lev Tolstoj (I Wurdalak), F.G. Snyder, indicato Maupassant nei titoli di testa (Il telefono); sceneggiatura: Marcello Fondato (con la collaborazione di Alberto Bevilacqua, Ugo Guerra e M. Bava); fotografia: Ubaldo Terzano; scenografia: Giorgio Giovannini; arredamento: Riccardo Dominici; costumi: Tina Grani; trucco: Otello Fava; musica: Roberto Nicolosi (Les Baxter per la versione USA); montaggio: Mario Serandrei; interpreti: (Il telefono): MichèleMercier (Rosy), Lydia Alfonsi (Mary), Gustavo De Nardo (l'ispettore Frank). (La goccia d'acqua): Jacqueline Pierreux (alias Jacqueline Sousard: la signorina Chester), Milly Monti (la domestica), Harriet MedinWhite (Miss Perkins). (I Wurdalak): Boris Karloff (il nonno Gorka), Susy Andersen (Sdenka), Mark Damon (Vladimir d'Urfè), Glauco Onorato (Giorgio), Rika Dialina (la moglie di Giorgio), Massimo Righi (Pietro); produzione: Emmepì Cinematografica (Roma), Galatea (Roma), Lyre (Parigi); distribuzione: Cineteca Griffith; origine: Italia-Francia, 1963; durata: 100'. Vietato 14

Trama:I Wurdalak - I Wurdalak sarebbero vampiri che uccidono coloro che in vita hanno amato di più. Un vecchio, divenuto wurdulak, comincia la strage della sua famiglia uccidendo il nipotino poi, via, i figli e la nuora. Un giovane aristocratico innamorato di Sdenlka, ragazza appartenente alla famiglia, nonostante i suoi sforzi, non riuscirà a sottrarla alla triste sorte.
La goccia d'acqua - Helen, anziana infermiera, viene chiamata in casa di Miss Perkins poiché la vecchia signorina è morta. Nel vestire il cadavere ruba un anello dal dito della vecchia. Questo anello sarà la causa della sua morte.
Il telefono - Alterando la voce, Mary minaccia di morte al telefono la sua amica Rosy. Angosciata, la donna chiede aiuto proprio a Mary convinta che la misteriosa voce sia quella di Frank, suo ex amante, da lei denunciato e poi fuggito di prigione. Frank, per un tragico errore, ucciderà Mary, ma a sua volta verrà ucciso da Mary.

Critica (1):Quando ho fatto I tre volti della paura, un'invenzione mia, tratta da Dostoevskij con un po' di Maupassant, ho avuto la gioia di lavorare con Boris Karloff, quest'uomo eccezionale. Lo abbiamo avuto perché lo voleva il mercato americano. Aveva 79 anni e l'artrosi. Io lo facevo venire a lavorare dalle due alle quattro, lui si trovava anche la luce da solo, era bravissimo, non ha mai parlato né rotto i coglioni. L'ultimo giorno arriva dall'America una lettera, diceva di alleggerire il finale, che poteva essere troppo pauroso. Che puoi fare l'ultimo giorno? Sono cose che ci vuole un mese per pensarci. Allora mi venne l'idea della goccia d'acqua con Karloff riflesso, che cadeva con la macchina rovesciata. C'era un fondo con i pezzi di cartone e nuvolette che giravano forte e davano il senso della velocità e delle frasche che passavano davanti. Giravo Boris Karloff (un uomo dolce, mite, educato, modesto e bravo, bravo fino all'inverosimile), che aveva preso il bambino e scappava. Karloff mi baciò e mi disse che tra quei ventilatori sicuramente si sarebbe preso una polmonite, forse sarebbe morto, ma non gliene importava niente, era la prima volta in vita sua che si era divertito.
(Mario Bava)

Critica (2):Film singolarissimo, quasi unico nella sua struttura di trilogia di novelle del brivido; tre variazioni e tre stili baviani. Nella prima novella, 'da camera', troviamo un Bava attento al dettaglio psicologico, all'evoluzione ambigua dei due personaggi, senza trucchi o fantasie visuali. Nella seconda, un piccolo capolavoro in se stessa, il tema del vampirismo affiora evocato con richiami letterari e si impernia tutto sulla poderosa figura, miticamente gigantesca, di Boris Karloff. Nella terza, tutto è atmosfera e gioco di ombre e luci, rumori e mosconi, un Bava libero di materializzare le sue visioni paurose. Che dire della introduzione ai film detta da Karloff su uno sfondo magico-spaziale? Che è surclassato in bellezza, in poesia e in genialità pura dal finale autoironico: Bava qui scherza col cinema come Fellini (8 e1/2) come Jerry Lewis (Jerry 8 e 3/4), come King Vidor (Show People), per fare alcuni nomi, e nella demistificazione del proprio effettismo propone la chiave a tutto il suo cinema.
Lorenzo Codelli, Fantitalia, Trieste 1976 (cit. in Mario Bava-Il cineasta che sapeva troppo, a cura di Stefano Della Casa e Giulia D’Agnolo Vallan, Bellaria 1995)

Critica (3):L'antico operatore Mario Bava (...) ha voluto introdurre nel nostro cinema le storie orrorifiche sadiche misteriche di cui è ricca la tradizione anglosassone. (...) È un film che l'eleganza descrittiva, la morbidezza dei colori, la fluidità del ritmo narrativo rendono degnissimo di competere con le pellicole dei riconosciuti maestri internazionali del brivido, da Hitchcock in giù.
Vittorio Spinazzola, Film 1964, Feltrinelli ed. 1964

Critica (4):Uno dei capisaldi del horror italiano è l'affermazione del sicuro talento visionario del genovese Mario Bava, l'uomo che, tra l'uomo che, tra l'altro, inventò il decadimento "a vista" di Gianna Maria Canale nel seminale I vampiri di Riccardo Freda.
Strutturato in tre episodi intorno ad un ispirazione di matrice letteraria tipicamente europea (racconti di Maupassant, Tolstoi, Cechov), il film si presenta oggi al nostro sguardo come un'antologia dei temi fondanti la peculiarità dell'orrore di casa nostra. Riuniti in un unico lungometraggio troviamo quindi esercizi di tensione di mestiere assolutamente superiore (lezione di cui si ricorderà in maniera molto puntuale Dario Argento), come nell'episodio Il telefono, e altro ancora. Ne I Wurdulak un istrionico Boris Karloff, che tra l'altro introduce e chiude il film, vampirizza la sua famiglia ripristinando, in modo neanche tanto velato, una sessualità incestuosa (l'incesto, l'incesto... .croce e delizia di moltissimo cinema gotico italiano come dimostra anche l'ultimo Freda, Murder Obsession, epitaffio desolato di questo genere); infine La goccia d'acqua, complessi di colpa che "a volte ritornano", bagnati nei colori barocchi, morbidamente sensuali di Ubaldo Terzano. E poi l'epilogo. Un colpo d'ala di regia ingiustamente sottovalutato, ripreso puntualmente anche da Fellini nel suo E la nave va. Bava, dichiarando così la matrice razionalistica del suoi orrori, sposta l'asse dell'attenzione dello spettatore sul set, luogo della produzione di senso della paura.(...)
Cineforum n. 331, 1-2/1994
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