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Caravaggio - Caravaggio


Regia:Jarman Derek

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura
: Derek Jarman; fotografia: Gabriel Beristain; musica: Simon Fisher Turner; montaggio: George Akers; scenografia: Christopher Hobbs; costumi: Sandy Powell; suono: "Budge" Tremlett; interpreti: Nigel Terry (Michelangelo Merisi "Caravaggio"), Scan Bean (Ranuccio Tomasini), Garry Cooper (Davide), Dexter Fletcher (Caravaggio giovane), Spencer Leingh (Gerusalemme) Tilda Swinton (Lena), Nigel Davenport (Giustiniani), Robbie Coltrane (cardinale Scipione Borghese), Michael Gough (cardinale Del Monte), Noam Almaz (Caravaggio ragazzo), Dawn Archibald (Pipo), Jack Birkett (il Papa); produzione: Sarah Radclyffe, per BFI prod./ Channel 4/Nicholas Ward-Jackson; distribuzione: Mikado; origine: Gran Bretagna, 1986; durata: 99'.

Trama:Vita ribalda e vagabonda di Michelangelo Merisi (1571?-1610) detto il Caravaggio. Risse, ferimenti, omicidi, torbidi rapporti con i potenti della Chiesa e i bassifondi. Amori ambigui, morte romanzesca. Girato interamente in teatro di posa, il film attrae e respinge, affascina e irrita, talvolta sorprende. È tutto tranne che una biografia tradizionale di cui conserva tutt'al più lo schema narrativo a flashback.

Critica (1):Una carriera non molto lineare, come autore, quella di Derek Jarman: pittore, scenografo, costumista un po' coreografo filmaker a 8 mm, consulente di set per I diavoli e Il Messia selvaggio. Molti medio e cortometraggi. Quattro lungometraggi (fra cui Sebastiane, peplum omosessuale parlato in latino), Caravaggio è il quinto. Interventi significativi anche nell'ambito delle nuove tecnologie video. Jarman non è però un cineasta. Né tantomeno un futuro teleasta. Il suo interesse per il cinema nasce soprattutto come amore totale per l'espressione artistica in qualsiasi sua manifestazione: la predilezione per l'arte cinematografica deriva dalle possibilità plastiche consentite dal mezzo: creare, spezzettare, rimontare, manipolare, assemblare. E in tal modo viene trattata la vicenda umana di Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Una vita tutt'altro che semplice da affrontare in cui l'affiorare delle innovazioni artistiche è strettamente interrelata ai disordini esistenziali di cui Caravaggio fu allo stesso tempo vittima e carnefice. Sul letto di morte, non ancora quarantenne, dopo quattro anni d'esilio, condannato contumace per l'uccisione del suo amante e modello Ranuccio, sul letto di morte, dunque, a Porto Ercole, Caravaggio rivede come in un viaggio allucinatorio per successivi salti temporali le tappe della sua vita. I momenti fondamentali: ma in veste quasi minore, irrilevante: nessun episodio erotico o apologetico. Solo il chiaroscuro. Una luce naturale e crudele, benché calda ed accorata, illumina e rischiara un reale indagato con schiettezza sovvertitrice. È la vita del Caravaggio vista con gli occhi della sua stessa estetica: un naturalismo che mette sullo stesso piano oggetti sacri e profani. Una mediazione popolare di soggetti fino a pochi anni prima trattati secondo modi aristocratici. Su questa via, però, Derek Jarman va esattamente nel verso opposto: le attualizzazioni che Caravaggio compiva vestendo personaggi aulici di poveri panni, ritratti in posizioni quotidiane, diventano, nel film di Jarman, presenze d'oggetti moderni inseriti in un contesto seicentesco (il critico che batte il suo pezzo di stroncature su una macchina da scrivere, un popolano in una betola con in testa il cappello fatto con una copia de "L'unità", una motocicletta...). Sono iati d'avanguardia. Insert spazio-cosmici che spezzano la sacralità che si potrebbe instaurare, sulla strada d'un naturalismo religioso che segue le indicazioni poetiche di Pasolini, maestro cui Jarman dichiara più volte d'ispirarsi. O per spezzare la stessa estasi mistica che, nell'utilizzazione di tableaux vivants ad imitazione vivente dei quadri più famosi di Caravaggio, finisce per trasformare le tappe della vita del pittore nelle stazioni della Via Crucis. Una via crucis laica ha portato l'artista a morire di devastazione e dissolutezza per una fede assoluta nell'arte: sommo sacrificio. Alla fine, non a caso, è Caravaggio stesso inserito in una tableau vivant ad incarnare il Cristo deposto dalla croce, così come sono i suoi amici e amanti, Ranuccio e Lena, al centro del "Martirio di San Matteo" e de "La morte della Vergine". Lo scandaloso Michelangelo Merisi definito dai suoi contemporanei l'anti Michelangelo (ovviamente il Michelangelo in questione è Buonarroti) o l'anti Cristo, qui è proprio in virtù della trasgressione che coincide con le stesse figure cui è stato opposto: come se Jarman sottolineasse che c'è sempre un sacro fuoco (e un sacro fuoco è sempre necessario) per una vera ed autentica interpretazione dell'esistenza. Ognuno è l'artefice, il martire, il condannato del proprio destino. Il sacro fuoco è necessario per purificazione. Nell'attimo stesso della morte di Caravaggio si rivela appieno il sono infantile di bellezza (la visione orfica) mai realizzata. Nelle intuizione dall'infanzia, nei suoi momenti magici c'è già tutto: il resto è degrado e dilapidazione. La vita è spreco. Orso d'argento nel 1986 a Berlino, il sapore della bestemmia, diciassette copioni, sette anni di preparazione. Pochi fondi forniti dal British Film Institute e da Channel Four, Caravaggio non appartiene a nessun titolo alla British Renaissance: anzi in qualche modo ne è barocca negazione. Non ha nulla dello stile molto glamour, molto semplice e leccato dalla fotografia pubblicitaria, l'aspetto accattivante, forme post-moderne per la descrizione di una realtà contemporanea intravista con occhio distaccato e di denuncia. Ottimi contenuti vestiti con inquadrature d'alta moda. Caravaggio è quanto di più artefatto, insincero ed irreale possa esistere. La ristrettezza dei fondi a disposizione ha determinato la rinuncia di esterni italiani o di set faraonici: tutto è stato risolto con scenografie limitate, false, illuminate in chiaroscuro: la vita del Caravaggio come una successione dei suoi quadri. Non poteva esserci miglior complimento per un artista.
Carlo Scarrone, Segnocinema n. 29 sett. 1987

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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