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Danno (Il) - Damage


Regia:Malle Louis

Cast e credits:
Soggetto: dall'omonimo romanzo di Josephine Hart; sceneggiatura: David Hare; fotografia: Peter Biziou; musica: Zbigniew Preisner; montaggio: John Bloom; scenografia: Brian Morris; costumi: Milena Canonero; suono: Jean-Claude Laureaux; interpreti: Jeremy Irons (dr. Stephen Fleming), Juliette Binoche (Anna Barton), Miranda Richardson (Ingrid), Rupert Graves (Martyn), lan Bannen (Edward Lloyd), Leslie Caron (Elizabeth Prideaux), Peter Stormare (Peter Wetzler), Gemma Clark (Sally); produzione: Louis e Vincent Malle, Simon Relph, per Skreba / NEF / Le Studio Canal Plus; distribuzione: Penta; origine: Gran Bretagna, 1992; durata: 112'.

Trama:Stephen Fleming, un cinquantenne conservatore inglese, sottosegretario nel governo di sua maestà ha una quieta e gradevole moglie (Ingrid), un figlio giornalista (Martyn) e una splendida casa. Il giorno in cui conosce Anna Barton, la giovane fidanzata del figlio, è immediatamente attratto da lei: è un delirio e una follia poichè gli incontri amorosi con la donna si ripeteranno.

Critica (1):"Per quelli che ne dubitano: questa è una storia d'amore". Josephine Hart in chiusura del suo romanzo precisa che altri saranno più fortunati, ma che ai suoi personaggi, purtroppo è andata malissimo. C'è una sequenza all'inizio del film in cui Irons si volta e Malle spegne s„ li lui a poco a poco l'inquadratura. Descrive bene in questo modo uno stato quasi sonnambolico in cui la passione risvegliata, ebbra di sé, sprofonda nella classica trappola del destino". Il piano finale è un close-up su una gigantografia di Binoche che lentamente si sfoca. Cancellature, indizi, soste, derive - tutto ciò mira nel film a suscitare questo stato di semicoscienza, probabile segreto di una seduzione vera. Quando la seduzione volgare marcia con l'insistenza (confrontare, p.e., l'ultimo Polanski), l'incanto erotico di Malle procede con l'assenza, o piuttosto, propone ancora lo spazio narrativo "recintato" (la famiglia, il set?) in cui i comportamenti dei personaggi non possono essere raccontati col giudizio di chi li espone. Fra il troppo e il troppo poco Malle sembra fare la buona scelta: si attiene ai fatti. In una storia d'amore indomita, questo dato di sospensione è importante; serve a mostrare, senza panneggiamenti, lo sconcerto (si pensi alla sequenza in cui Martyn sorprende i due amanti) che coglie tutti i personaggi di fronte a ciò che è avvenuto pur sapendo costoro, da precedenti segnali, espressioni dell'occhio, indugi, etc... che qualcosa già li attendeva. I maggiori meriti di regìa sono nell'aver illustrato il romanzo fingendo di non interpretarlo e facendo sì che lo stato di sospensione (la suspense) fosse determinato dall'intervento complessivo dei protagonisti: mi riferisco, per esempio, alla scena in cui la figlia incontra il padre nel corridoio della villa ad Hartley e partecipa al "gioco" con una semplice deviazione dello sguardo. Nel contrappunto fra una messinscena elegantissima e l'analisi sinuosa dei caratteri, che appena rischiano di sbavare nel romantico letterario vengono riportati nella dubbiosità, è riconoscibile la cifra stilistica di un autore che ha sempre voluto applicare in cinema l'inversione di struttura dei termini deboli in termini forti: in Damage il caso, un tempo osceno e insignificante, è risuscitato nella sua insignificanza e diventa anche cinematograficamente la parola d'ordine di un'economia nomade del desiderio. Di fronte alle relazioni incestuose (di Anna e Aston, il fratello - di Stephen e di Martyn, il figlio) l'unica risposta possibile è - come già ai tempi de Le souffle au coeur - il loro rilancio nella passione "normale" - di fronte alle promesse della "regola-cinema", l'unica risposta possibile è invece il loro rilancio (vertiginoso) nella configurazione formale della norma. Il tentativo di sfuggirvi fu esperito dal regista nel 1975 con Black Moon e fallì. Evidentemente il gioco di questo autore non ha niente a che vedere con i fantasmi dell'esistenza sovradimensionata e la riuscita del suo cinema è legata ad una rappresentazione evocativa di realtà nella quale non c'è differenza alcuna tra ruolo reale e aleatorio. In Damage il ruolo di Anna è infatti confuso tra figura semplice e incarnazione simbolica: una scriminatura. Se il tema del film (e del libro) è la difficoltà di conciliare il proprio mondo interiore con la realtà, quale maniera migliore per esporlo se non quella di rendere indiscernibile la congiunzione di un desiderio (reale) e di un modello (simbolico)? Malle sa bene che nell'era dei modelli la dignità del segnale ha preso il posto della polarità del segno: regolazione, dissuasione, feedback, concatenazione di elementi tattici in uno spazio senza referenti. Questa che Malle racconta è una storia d'amore e non una storia di trasgressione. Anche perché "trasgressivo" oggi, nell'immanenza cool della norma e dei modelli è una qualifica che ha perduto ogni credibilità semantica (dev'essere un caso che una postura erotica di Irons e Binoche ricordi quella celebre di Brando e Schneider in Ultimo tango a Parigi). Molte storie d'amore e d'ossessione hanno un finale tragico asservito a una crisi dolorosa morbosa, da cui in qualche modo "occorre guarire". La storia d'amore ("l'avventura") è il tributo che "l'innamorato deve pagare al Mondo per riconciliarsi con lui"' e Il danno (film e libro) pur rinunciando a questo cliché, allontana il bisogno stesso di moralizzare e si installa, all'interno delle azioni e non dei sentimenti. I personaggi sembrano concentrarsi sulle pause, sui breaks (Anna prepara la stanza coi fiori rossi, padre e figlio srotolano insieme la copertura del biliardo, Stephen taglia meticolosamente il suo cibo...), sui momenti (di crisi e insieme di sollievo) in cui sottratti al movimento che li conduce alla sconfitta (anche questa è una scelta stilistica giusta per allontanare giudizi d'autore e spettatore), credono di prendere tempo e invece già guardano, anche durante i loro amplessi, il danno che li attende. Collezionatori di suggestioni, credono di donare ciò che hanno preso, di dispiegare quanto hanno ripiegato nella semplicità di un risultato che vorrebbe pareggiare la complessità di un gioco insieme semplice e contorto, di cui sono loro le prime vittime. La fotografia di Biziou con i suoi toni algidi serve a connotare molto bene un altro aspetto del film: la sua artificialità, il fatto che tutto quanto può essere preso per carne e sangue reali è in realtà celluloide luce, colore, schermo, carta fotografica sull'ultima immagine. Il danno è per Malle soprattutto una "storia d'amore di cinema" il principio che lo governa è lo stesso di Les amants, una scelta innocente da perseguire la cui necessità è solo quella di "giustificare", come fece Milou a maggio, il vuoto che pervade l'esistenza con la passione, qualsiasi essa sia, anche la più pericolosa. Le conseguenze che ne derivano a volte possono provocare una tragedia, a volte no. Visto in questi termini anche il gesto che fece Lily di allattare il liocorno nel finale di Black Moon può assumere un significato più complesso di quello simbolico.
Marcello Garofalo, Segnocinema n. 59, 1993

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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