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Zoccoli d'oro (Gli) - Safa'ih min dhahab


Regia:Bouzid Nouri

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Nouri Bouzid; fotografia: Youssel Ben Youssef; musica: Annour Braham; montaggio: Kehena Attia; scenografia: Khaled Joulak; interpreti: Hichem Rostom, Hamadi Zarrouk, Mechket Krifa, Fethi Heddaoui, Soundos Belhassen; produzione: Ahmed Baha. Eddine Attia e Hassen Daldoul, per Cinetelefilms/Radio Television Tunisienne/France Media; distribuzione: Italnoleggio; origine: Francia / Tunisia, 1989; durata: 108'

Trama:Uscito dal carcere dov'era stato rinchiuso e torturato per ragioni politiche, Yussef, un intellettuale tunisino di sinistra, cerca - senza successo - di rimettere insieme i pezzi della sua vita. L'unico persona con la quale riesce a ricucire i rapporti è un vecchio amico tessitore. Deluso decide di suicidarsi. Presentato al Festival di Cannes.

Critica (1):Cinque per cento di ardore, novantacinque per cento di sudore. questo è il talento, secondo Truffaut. Se in quel 95% ci mettiamo non solo sudore, ma sangue, ossa e denti rotti, umiliazioni fisiche a non finire avremo la composizione organica del talento di Nouri Bouzid, 44 anni, il cineasta tunisino invitato nella sezione Un certain regard per la sua opera seconda Les sabots en or (Gli zoccoli d'oro). Bouzid, il marxista-leninista, ha passato sei anni in prigione tra il 1973 e il 1979. Con lui tutto il gruppo dirigente di Perspectives Tunisiennes. Bourghiba, il presidente "laico", distruggendo violentemente l'opposizione di sinistra ha creato quel vuoto di idealità, di prospettiva, appunto, riempito dall'integralismo islamico, un'altra metafora della disfatta araba dopo Nasser, il "congelamento" della donna, lo sradicamento della libertà di pensiero e di espressione. Bouzid, così, dopo aver raccontato qualcosa della sua infanzia e adolescenza a Sfax (L' uomo di cenere), e cioè come si sgretola la dignità di un giovane, nella seconda parte di questo suo poema autobiografico, ricorda le umiliazioni non tanto fisiche quanto morali che una società maschilista rovescia contro un uomo ribelle per distruggerne la dignità.
Degli Zoccoli d'oro protagonista è Youssef Soltane (l'attore Hichem Rostom, all'esordio nel cinema), alle prese con un bilancio piuttosto fallimentare della sua vita. E' uscito di prigione da poco tempo, ma gli incubi delle sevizie nel carcere lo perseguitano, e così i ricordi della clandestinità, tra le braccia della sua bella amante altoborghese, Zineb, o coi suoi tre figli, all'epoca del ripudio della moglie. La notte della festa dell'Achoura, Youssef erra per la città vecchia di Tunisi, fino agli appartamenti dei suoi tre figli, ormai indipendenti e più disincantati di lui; assieme a un vecchio amico proletario, Sghaier, guidano di notte fino a Sidi Bou Sald, ma l'amicizia si scopre ricoperta da sentimenti marci, i due si separano. Vino, donne, una litigata al mattatolo con il fratello diventato integralista. E un'immagine che lo ossessiona, quella del destriero bianco di Zineb, che non può più correre e gli ricorda la sua sorte.
Un manoscritto in forma di romanzo diventa cartaccia, decide di sbarazzarsene. Avendo rotti i ponti con tutto, il passato, le amicizie, gli amori, resta un solo atto giustificativo di tutto, il suicidio.
"Il mio film è un appello alla libertà del pensiero - ha detto Bouzid - Youssef Soltane ha osato sognare e ha pagato il prezzo. Ha subito una doppia disfatta: la tortura e l'arresto per le sue idee... ma soprattutto il fallimento delle sue idee che rischiano di fare del suo sogno un incubo. La maggior parte dei regimi dei paesi arabi, sotto l'etichetta 'socialista' ha distrutto gli intellettuali di sinistra e facendo così ha favorito l'integralismo islamico. Youssef Soltane, che resta un simbolo della libertà d'espressione è candidato alla prigione e alla morte sotto eventuali regimi integralisti. E' un altro aspetto della nostra disfatta".
Il film è stato finanziato dallo stato per il 30%, ancora all'epoca di Bourghiba. Probabilmente perchè Bouzid, diventato celebre nel mondo per L'uomo di cenere dava ormai più prestigio che fastidio. L'effetto "noir" di questo Fuoco fatuo d'estrema sinistra è rafforzato dalle musiche di Annour Braham e dalle immagini di Youssef Ben Youssef. Tutto, nel film, è tunisino. Tranne la pellicola.
Roberto Silvestri, in Il manifesto

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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