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Delitto di Giovanni Episcopo (Il) - Delitto di Giovanni Episcopo (Il)


Regia:Lattuada Alberto

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo Giovanni Episcopo di Gabriele D'Annunzio (1891); sceneggiatura: Piero Tellini, Suso Cecchi D'Amico, Federico Fellini, Aldo Fabrizi, Alberto Lattuada; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Guido Fiorini; costumi: Gino C. Sensani; montaggio: Giuliana Attenni; musica: Felice Lattuada; interpreti: Aldo Fabrizi (Giovanni Episcopo), Rodano Lupi (Giulio Wanzer), Yvonne Sanson (Ginevra Canale), Ave Ninchi (sua madre Emilia), Amedeo Fabrizi (Ciro), Nando Brune (Antonio), Alberto Sordi (Doberti), Francesco De Marco (Canale), Lia Grani (signora Adele), Maria Gonnelli (Santina), Gino Cavalieri (Dottore dell'Archivio), Luca Cortese (il marchese Aguti), Folco Lulli (Carlini), Galeazzo Benti (l'ufficiale di cavalleria), Silvana Mangano (una ballerina), Gina Lollobrigida (un'invitata alla festa), Ugo Attanasio (un invitato alla festa), Luigi Filippo D'Amico (un passante), Diego Calcagno, Mario Perrone, Gilberto Severi (i tre amici), Ferrante Alvaro De Torres, Giorgio Moser, Marco Tutti; produzione: Marcello D'Amico per Lux Film - Pao (Roma); distribuzione: C. NAZIONALE; durata: 94'; anno: 1947.

Trama:
Ambientato a cavallo tra l'800 e il '900 in una Roma nebbiosa, notturna, girato controcorrente in pieno neorealismo, è un film disperato che propone un'altra figura di umiliato e offeso, perseguitato da uno spavaldo e dissoluto avventuriero che finirà per uccidere dopo aver sposato Ginevra dalla dubbia moralità per amore del figlio Ciro.

Critica (1):Dopo il successo mondiale ottenuto con Roma città aperta, Aldo Fabrizi aveva acquistato i diritti del romanzo dannunziano Giovanni Episcopo. Affidato a Lattuada nel 1947, con Fabrizi protagonista, il film é girato (come Il bandito e molti altri del periodo) senza "colonna guida" ma può disporre di mezzi maggiori, che consentono una meticolosa ricostruzione della Roma umbertina eseguita dallo scenografo Guido Fiorini.
Il delitto di Giovanni Episcopo (1947) siapre con una lunga serie di carrellate da sinistra verso destra, legate da dissolvenze incrociate, che illustrano "in soggettiva" il ritorno a casa dell'impiegato Giovanni Episcopo (Aldo Fabrizi) dopo il lavoro: dai corridoi polverosi degli uffici alla strada piena di botteghe, poi su per le scale di casa fino alla piccola stanza ammobiliata, mentre la voce fuori campo del protagonista inizia il racconto. La sequenza conclusiva é di nuovo una carrellata, questa volta in avanti, "in soggettiva": Episcopo si avvicina lentamente al tavolo della questura per confessare l'assassinio di Wanzer. Queste due soggettive fanno da "messa in parentesi" di un racconto oggettivizzato che la voce di Episcopo commenta punto per punto: la vita grigia dell'impiegato, l'incontro con l'avventuriero Giulio Wanzer (Roldano Lupi) che lo sottomette, il matrimonio con Ginevra (Yvonne Sanson), la nascita del figlio Ciro, la fuga di Wanzer, i tradimenti di Ginevra, l'abbandono del lavoro, il ritorno di Wanzer e il suo assassinio, la malattia di Ciro.
ll film é il racconto che Episcopo fa di queste vicende, confessando che solo ora tutto gli é chiaro e che lo racconterà in maniera altrettanto chiara e precisa. Il ricordo (e cioè la rappresentazione) è infatti lucido, razionale, impietoso verso se stesso, é la memoria di un uomo che narra la sua storia razionalmente dopo averla confusamente vissuta. Nel suo rapporto con Wanzer il debole e introverso Episcopo non decide autonomamente, non prende iniziative, é completamente sottomesso da un individuo più forte: Wanzer decide per lui, lo guida come un burattino silenzioso. E quando Episcopo, fuggito Wanzer, crede di riacquistare la libertà, in realtà passa semplicemente nelle mani di altri padroni: Ginevra e la madre. Ma, anche in questo caso, non se ne accorge: felice, passeggia per Roma e si ferma davanti a un organino dove osserva divertito dei pupazzi animati, credendoli simbolo della sua condizione precedente. Episcopo accumula dati che non riesce a interpretare, o che interpreta solo parzialmente e in maniera sbagliata: si costruisce un'immagine spirituale di Ginevra, non vede che Wanzer si sta piano piano impadronendo di lui. Solo l'assassinio di Wanzer giunge, come atto finale liberatorio, a rompere la spirale. Ma non é questa la vendetta di Episcopo: quella vera, più importante, la ottiene ripercorrendo con la memoria (e con la narrazione) in maniera scrupolosa e razionale l'esperienza sinora vissuta incoscientemente, e interpretandola ora, ma soltanto ora, in modo corretto. Ricordando la sera in cui fu "deciso " il suo matrimonio con Ginevra, Episcopo commenta: "In quella sera fu decisa la mia sorte. Soltanto ora lo capisco". (...) La fortuna critica de Il delitto di Giovanni Episcopo sarà condizionata da tre differenti letture: una "letteraria" (il tipo di interpretazione che Lattuada dà del resto di D'Annunzio), una "scenografica" (per la ricostruzione circostanziata di ambienti e costumi ottocenteschi), una "divistica" (per
Aldo Fabrizi, paragonato dai francesi, per questo film, a Raimu e a Jannings; comunque il film andrà in America proprio grazie alla popolarità ottenuta da Fabrizi qualche anno prima con Roma città aperta). Un altro tipo di lettura, meno trasparente e più analitica, tiene conto dell'operazione di organizzazione razionale compiuta su un testo (quello dannunziano) che si presenta pieno di ripetizioni, di pause di interiezioni e che apre spesso parentesi oniriche e allucinate. La sceneggiatura dell'Episcopo dà al ricordo delirante del narratore letterario la prospettiva di una memoria lucidamente organizzata, che procede sistematicamente, ordina cronologicamente i fatti, annulla incertezze e ambiguità, sopprime particolari insignificanti. Il delitto di Giovanni Episcopo getta così un ponte tra il "formalismo" di Giacomo l'idealista e le prove più mature degli anni successivi (principalmente Senza pietà e Il mulino del Po), dove alla rappresentazione della violenza, della crudeltà, della morte sovrintende sempre una volontà razionale organizzata in "poetica" che definisce la struttura stessa del film.

Claudio Camerini, Alberto Lattuada Il Castoro Cinema 1982

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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