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Full Frontal - Full Frontal


Regia:Soderbergh Steven

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Coleman Hough; fotografia: Steven Soderbergh; montaggio: Sarah Flack; musica: Jacques Davidovici; interpreti: David Duchovny (Gus), Nicky Katt (Hitler), Catherine Keener (Lee), Mary McCormack (Linda), David Hyde Pierce (Carl), Julia Roberts (Francesca/Catherine), Blair Underwood (Calvin/Nicholas), Enrico Colantoni (Arty/Ed), Erika Alexander (Lucy), Tracy Vilar (Heather); produttore: Gregory Jacobs, Scott Kramer, Bob Weinstein, Harvey Weinstein; produzione: Beverly Detroit, Miramax Films, Monophonic Inc., Populist Pictures, Section Eight Ltd.; distribuzione: Mikado; origine: Usa, 2001; durata: 111'.

Trama:Nell'arco di una giornata, a Los Angeles, le complicate relazioni di sette amici che cercano di gestire al meglio i delicati legami che li uniscono. Carl Bright è un giornalista del “Los Angeles Magazine”, sceneggiatore a tempo perso, che pensa di essere riuscito a capire le ragioni dell'infelicità di sua moglie Lee che è la vicepresidente del settore Risorse Umane di una grande società e sfoga le sue frustrazioni licenziando i dipendenti. Sua sorella Linda è una massaggiatrice in cerca dell'uomo giusto. Calvin è la star di una serie tv di successo ed ha appena ottenuto la parte di Nicholas in un film in cui è intervistato da Catherine, personaggio interpretato da Francesca, e prodotto da Gus. Hitler è interpretato in maniera umoristica in uno spettacolo teatrale all'interno del film. La giornata culmina nella festa per i quaranta anni di Gus nella quale tutti i personaggi del film si trovano riuniti.

Critica (1):Raccontare la storia di un film che racconta di un film che racconta di altri film, è una procedura che il recensore decide di abrogare unilateralmente e senza appello. Per vari motivi. Primo perchè non serve molto a far capire che film è Full frontal, l'ultima fatica di Steven Soderbergh (a Venezia 2002 in "Controcorrente"). Secondo perchè è una impresa ingrata: provateci voi, se ci riuscite, dopo averlo visto, a raccontarlo a qualcun'altro che non lo ha ancora fatto.
Sapevamo già che a dispetto del suo titolo, non conteneva una nudità frontale di Julia Roberts (trovata pubblicitaria troppo smaccata per essere credibile ancor prima di essere smascherata), sapevamo anche che la critica e la stampa americana avevano arricciato il naso di fronte ad una operazione che sembra riportare il suo autore alla tendenza cerebrale in cui stagnava prima del grande successo di film come Erin Brockovic e Traffic. Le cose non stanno esattamente così. Nel raccontare un mondo vacuo, autoreferenziale, istericamente autoindulgente e odiosamente convenzionale, Soderbergh non ha proprio l'aria del moralista. Il girotondo di personaggi che orbitano tra il jet set californiano della mecca del cinema, la stampa altolocata e un nugolo di gregari, sceneggiatori, massaggiatrici, psicoterapeuti e veterinari, è schizzato in una serie di strip video come in un fumetto dal retrogusto solo leggermente agro. Più che una critica dell'industria e del mondo che sogna e produce i popcorn movie, sembra uno studio su una commedia in DV - gran parte del film è girato con una videocamera che moltissimi potrebbero acquistare senza eccessivi risparmi - in cui la sperimentazione tecnologica è meno interessante della meticolosa ricerca di gag e della brillantezza del copione (di Colemqan Hough, al suo esordio su grande schermo) che strappa sorrisi con studiata regolarità. Tra animali domestici che si avventano su biscotti pieni di hashish e colloqui di lavoro che includono molestie sessuali, un irresistibile e grottesco Hitler sulla scena di una piece di avanguardia e la Roberts e Brad Pitt e David Duchovny che si lavano la coscienza facendo la caricatura dei divi che effettivamente sono, il film accumula a velocità di crociera una quantità regolamentare di bozzetti digitali puntellati da battute da ricopiare al volo ("Confondi le stravaganze di una persona con lo stupore di uno stuolo di labrador che fissano un Picasso"). Ecco, stravaganza è una parola che somiglia molto al film. Chi cerca in Full frontal una conversione di Soderbergh al credo danese del gruppo "Dogma", fondamentalista e drammatico, rimarrà deluso. Ma chi non sa cosa cercarvi, ci troverà qualcosa di arguto e gradevole.
Mario Sesti, Kwcinema

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Steven Soderberg
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