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Zazie nel metrò - Zazie dans le metrò


Regia:Malle Louis

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Louis Malle, Jean-Paul Rappeneau, dal romanzo omonimo di Raymond Queneau; fotografia: Henri Raichi; scenografia: Bernard Evein; costumi: Marc Doelnitz; musica: Fiorenzo Carpi; montaggio: Kenout Peltier; interpreti: Catherine Demongeot (Zazie), Philippe Noiret (lo zio Gabriel), Vittorio Caprioli (Trouscaillon, Pedro, ecc.), Carla Marlier (zia Albertine), Yvonne Clech (la vedova Mouaque), Hubert Deschamps (Turandot), Jacques Dufilho (Ferdinand Gridoux), Annie Fratellini (Mado), Antoine Roblot (Charles), Odette Picquet (Mme Lalochère), Nicolas Bataille (Fédor); produzione: Nouvelles Editions du Film; origine: Francia, 1960; durata: 92'.

Trama:Zazie arriva alla Gare de Lyon con la madre. Ad attenderle è lo zio Gabriel che ospiterà la nipote durante il soggiorno a Parigi, mentre Mme Lalochère se la fila subito col suo ganzo. Un primo giro per la città è effettuato con il taxi di Charles, un amico di Gabriel. Ma Zazie è venuta soltanto per vedere la metropolitana - chiusa per uno sciopero - e intende soddisfare questo desiderio. Così sguscia dalla casa dello zio per una sua privata escursione, ma vi viene ricondotta addirittura dal suo adescatore. La conoscenza della città è per la bambina la scoperta di un universo caotico e di una fauna umana tra le più bizzarre e stranite. Alla fine ci si ritroverà in un cabaret dove Gabriel presta servizio in qualità di "ballerina spagnola in tutù ". Di lì tutta la compagnia si sposta in una birreria dai colori terrorizzanti. Scoppia una rissa, ma Zazie si è già assopita e continua a dormire anche quando la zia Albertine la porta in salvo. Il giorno dopo, alla madre che le chiede le sue impressioni, risponde di sentirsi invecchiata.

Critica (1):Come si arriva alle personalissime articolazioni del film? All'inizio, il peso della prosa di Queneau è naturalmente fortissimo. Per quanto ricco di dialoghi, un libro presenta una particolare "vivacità ortografica" che smarrisce la primitiva efficacia quando però dalla lettura si arrivi alla recitazione. Dal medesimo passaggio esce quasi annullata quella "critica della letteratura" che sta alla base del lavoro di Queneau. L'esigenza di una lingua intesa a surrogare il fuoco d'artificio dell'invenzione letteraria conduce allora a una serie di sperimentazioni specificamente attente alle connotazioni stilistiche del comico, anche di quello tradizionale. Ma in pari tempo la ricerca di un linguaggio capace di mediare l'espressionistica vitalità del romanzo porta a schemi che in realtà equivalgono ad altrettanti tentativi di disintegrazione del linguaggio tradizionale. E qui Malle si accorge che il lavoro di parcellizzazione dei segmenti narrativi diviene, se applicato a una certa materia, la distruzione di quell'universo che è mimato e al contempo rimesso in causa dal magma e dalle convulsioni dei materiali espressivi. Verificata allora, previo il supporto di una lettura e di una riflessione critica, la vicinanza con Queneau, la poetica dell'estraneazione al caos contemporaneo trova il suo terreno d'incontro con il mondo del romanziere. La Zazie di Malle, che sopravviene come un personaggio da western in una Parigi tumultuosa e rutilante, compie così il proprio noviziato in un mondo che investe e sconnette la sua ruvida e istintiva innocenza. Alla fine non si avrà l'integrazione nell'ordine degli adulti. Zazie infatti riparte; ma le esperienze vissute sono sintetizzate nell'icastica battuta con cui la bimba commenta le sue vicissitudini parigine: «J'ai vielli». I momenti di maggiore contatto con il libro sono ovviamente quelli che interessano il piano della diegesi. Il che non esclude che a frammenti di ricalco e ad autentiche "citazioni" si affianchi un travaglio di decodificazione e di riscrittura che dà per la gran parte la materia alla Zazie malliana. Tra le figure di parola (meglio sarebbe forse dire d'immagine, se fosse definita in concreto una retorica del film) comunemente utilizzate, la più prossima al romanzo è probabilmente l'ironia: e non perché Queneau se ne serva molto quanto invece per le mediazioni culturali di cui risente il trattamento del film. La versione che Noiret offre del falotico zio di Zazie accentua comicamente per la sapidità dell'effetto mimetico la musicalità fonetica del francese. Il cantilenato soliloquio in cui egli riflette e soffre sulla "verità con la
maiuscola", imprecisata nel concreto ma pur sempre da sbandierare ai minori, configura grazie all'impostazione della voce e all'amplificarsi del sonoro l'eco di una multisecolare tronfiezza cui non a caso è opposto il cartesiano intercalare della bambina («mon cul»). L'ironia non è solo nelle situazioni che il racconto programma, investendo al contrario la narrazione stessa, il film in quanto narrato e discorso. Allorché Zazie distrae Trouscaillon con il romanzo della sua esistenza, non c'è solo l'impegno di parodiare il più consunto flash-back usato sino alla nausea dalla macchina hollywoodiana; la presa in giro, la parodia, concerne il cinema romanticheggiante e in particolare alcuni incipit già allora canonizzati della Nouvelle Vague. La "voce interiore" di Zazie ricalca in tutta evidenza il famosissimo recitativo della Riva in Hiroshima, mon amour. E con lo stesso intento il sestetto di Brahms (con la voce fuori campo sovrimpressa alla musica che blatera sostenuta il credo de Les Amants: «L'amore può nascere da uno sguardo») contrappuntato prima da un PP di Trouscallon camuffato in un altro personaggio e dopo da un suo piano americano con Albertine, apre un varco all'ironia attraverso cui passa però anche la critica del cinema antecedente. Il linguaggio prende così a descrivere ponendosi in discussione e richiamando i modi del suo precedente impiego. Non foss'altro per questo - ma c'è anche una citazione diretta: la Nouvelle Vague condensata nel traslato del taxi preso d'assalto da una piccola folla - le distanze rispetto al giovane cinema francese sono potentemente enunciate dal metadiscorso del film. [...]
Gualtiero De Santi, Louis Malle, Il Castoro cinema, 1977

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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