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Walter Bonatti. Con i muscoli, con il cuore, con la testa


Regia:Imperio Michele

Cast e credits:
Soggetto: Michele Imperio, Fabio Pagani; sceneggiatura: Fabio Pagani; musiche: Salvatore Sangiovanni; montaggio: Chiara Ronchini; fotografia: Filippo Genovese; interpreti: Walter Bonatti, Margherita Vicario; produttore: Maurizio Carta; produzione: Road Television; origine: Italia, 2012; durata: 70’.

Trama:Walter Bonatti è stato un grande alpinista, capace di vincere grandi sfide alpinistiche: K2, Dru, G4, Cervino, solo per citare alcuni nomi. Ma le vette raggiunte non sono punti di arrivo, sono tappe intermedie che lo spingono poi verso un viaggio in giro per il mondo, alla ricerca di se stesso. La sua esplorazione, partita dalle pareti verticali, è passata poi all'itinerario orizzontale e si è espressa sempre verso lo spazio interiore dove risiedono le nostre paure e i nostri desideri. Dove l'uomo, seduto solo davanti a se stesso, deve decidere se superarsi o adeguarsi. E Walter non si è mai adeguato, ha scritto le sue regole e ha tenuto fede a queste per tutta la vita, non concedendosi vie di fuga o scorciatoie. Si è costruito come alpinista, come esploratore, come fotoreporter e come scrittore, ma sempre e solo con l'intento di essere un uomo. Il documentario parla di questo viaggio, ricostruendo la biografia professionale, ma soprattutto umana, di chi con le mani, con i muscoli, con il cuore, con la testa, ha lottato per essere se stesso senza compromessi.

Critica (1):Fu, fino alla fine, una faccenda di porte. Walter Bonatti che scardina a forza il passaggio-chiave del Petit Dru, sul Monte Bianco. Walter Bonatti, fascio di muscoli appeso allo stipite, nella redazione milanese di Epoca, tra lo stupore ammirato dei colleghi. Walter Bonatti che, nel 1978, fa rimbombare quegli stessi locali sbattendo l´uscio della nuova direttrice, Andreina Vanni, secondo la quale i suoi reportage sono «vecchi» e lui dovrebbe «invertarsi qualcosa di nuovo». Walter Bonatti morente, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 2011, dietro la porta della camera in una clinica romana, invalicabile per Rossana Podestà, compagna di una vita ma rea di non essergli ufficialmente moglie. Porte, aperte e chiuse.
L´uomo, che a 18 anni (era nato nel 1930 a Bergamo) era un operaio siderurgico alla Falck e la domenica, dopo il turno di notte del sabato, correva ad arrampicare sulle Alpi lombarde, fu l´ultimo maestro dell´alpinismo classico (giudizio di Reinhold Messner, uno che se ne intende) e protagonista di un´epopea, non solo dell´alpinismo. Discusso, amato e detestato, libertario, solitario, incapace di compromessi. Fece epoca il caso K2: la polemica di Bonatti con Achille Compagnoni e Lino Lacedelli e il capospedizione, Ardito Desio, sul proprio ruolo nella conquista della cima nel 1954. Una querelle che si sarebbe chiusa, grazie a un´inchiesta ufficiale del Club alpino italiano, solo nel 2004. Si dovette aspettare che Ardito Desio fosse morto, e il tenace sopravvisse fino al compleanno numero 104. «Si è data», commentò infine Bonatti, completamente scagionato dalle calunnie, «completa verità e dovuta dignità al grande successo italiano». Lo avevano lasciato a bivaccare sulle nevi himalayane, dopo che aveva rischiato la vita per portare l´ossigeno in quota ai prescelti per l´assalto finale; al ritorno in Italia aveva dovuto leggere interviste in cui era accusato di avere addirittura boicottato l´impresa.
Walter chiude la porta dell´alpinismo, dopo salite memorabili (dalle Alpi, alle Ande e nell´Himalaya) con un triplo botto: in solitaria, invernale e per una nuova via scala la Nord del Cervino: 1.200 metri, difficoltà ED+, cioè estremamente difficile, nella nuova scala che si è dovuta inventare grazie a imprese come questa di Bonatti, spostando la soglia dell´impossibile ben oltre il vecchio «sesto grado». Una «prima» che conta finora ben poche ripetizioni. Avrà, per questa impresa, a soli 35 anni, la medaglia della Presidenza della Repubblica.
Un´altra porta si apre. Dal 1965 al 1979 Bonatti è, per il settimanale mondadoriano Epoca, il pioniere italiano di un modo di fare reportage giornalistico e fotografico rimasto pressoché senza eredi: solo, immerso nella natura senza filtri né apparati logistici. Tra gli Yanomami dell´Alto Orinoco, sul vulcano Nyiragongo e tra i pigmei o cercando (per poi trovarle, smentendo una precedente presunta scoperta) le sorgenti del Rio delle Amazzoni. A ogni ritorno Arnoldo Mondadori e i dirigenti dei piani alti gli si affollavano intorno per vedere in anteprima le nuove foto dell´avventura. Immagini che poi balzavano fuori dalle copertine di Epoca, numeri ormai con valore di collezione.
C´è una cifra particolare nell´opera fotografica di Bonatti: il reporter non è più solo testimone ma protagonista delle proprie immagini. Fotografie che, confessò, andava a cercare sulle orme dei protagonisti nei romanzi di Salgari, di Jack London e Melville. È l´antitesi dello stile National Geographic, del documentario puro, perfetto, magari freddino.
Il freddo, invece, lo prendeva Walter, appeso in parete, per lustrare poi gli occhi ai suoi lettori. Oppure si affumicava nel camino dei vulcani, o si arrostiva in cammino nel deserto. Ma com´è possibile, si chiedevano i lettori, che sia là da solo, se lo vediamo fotografato in alto sulle rocce, o in mezzo al Rio delle Amazzoni? Il mistero fu costretto a svelarlo in prima persona ai lettori, per fugare il dubbio — offensivo quasi come quello che l´aveva perseguitato dopo il K2 — che fosse seguito da una «troupe». Il segreto? Un radiocomando a lunghissima portata (500 metri) per azionare lo scatto della fotocamera, rigorosamente Nikon, come a quei tempi era per quasi tutta la redazione fotografica di Epoca. Il marchingegno era un prototipo, attrezzature di quel tipo non erano ancora disponibili sul mercato. Oggi l´immenso archivio fotografico messo assieme in anni di spedizioni, circa 80mila immagini, è gestito dall´agenzia Contrasto. Ed è un pezzo di storia non solo dell´alpinismo ma di un´epopea di esplorazione tra giornalismo e avventura, per mille aspetti romantica, che forse è finita per sempre.
«La grandezza dell´alpinista è nell´andare dove c´è la morte e tornare a casa vivo», sostiene Reinhold Messner, forse l´unico ad avere fatto propria una parte dello stile Bonatti. Il 16 maggio del 2010, insieme in un incontro pubblico, confermarono una filosofia di vita speculare, con Walter a correggere l´amico: «Morte? Rischio, io direi rischio». Consapevolezza. Coscienza di sé. Accettazione. Controllo. Sono le porte che Bonatti ha aperto e chiuso dentro sé stesso in ogni angolo del mondo, per tornare e raccontare. L´ultima non ha potuto aprirla: dietro c´era il suo amore che nessuno ha fatto entrare.
ilgiornaledivicenza.it, 18/09/2012

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