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Case sparse. Visioni di case che crollano


Regia:Celati Gianni

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Gianni Celati; fotografia: Lamberto Borsetti, Federico Crosara, Milco Fabbri, Francesco Lo Gullo, Paolo Muran, Guglielmo Rossi, Maria Signorini; montaggio: Lamberto Borsetti; suono: Francesco Lo Gullo; con: John Berger (Il Narratore), Bianca Maria D'Amato (L'Attrice), Alberto Sironi (Il Regista), produzione: Stefilm International-Pierrot e la Rosa-ZDF- Arte Cinema-Infinito, in collaborazione con YLE Teema-Finnish Broadcasting Corporation-Leena Pasanen-Tele +; origine: Italia, 2003; durata: 61'.

Trama:La campagna attorno al delta del Po è costellata di casolari abbandonati. Il paesaggio attorno appare deserto, quasi del tutto privo di presenze umane.
Su questo sfondo, alcuni personaggi raccontano le storie del loro legame con queste terre. Gianni Celati - allievo di Italo Calvino e considerato oggi uno dei migliori scrittori italiani contemporanei - documenta con uno stile narrativo superbo la tragedia e la perdita di valori in questo nuovo paesaggio di desolazione.

Critica (1):L’idea principale è di non mostrare le migliaia di case che crollano nelle campagne della valle del Po come malinconici resti del passato, ma come uno tra i più sorprendenti aspetti d’un paesaggio moderno. In un’epoca in cui si tende a restaurare tutto per cancellare le tracce del tempo, queste case portano i segni d’una profondità del tempo e così pongono la domanda: cosa fare delle nostre rovine, cosa fare di tutto ciò che è arcaico e sorpassato, e non può essere smerciato come un altro articolo di consumo? E’ un problema che diventerà sempre più pressante, e che già ora si pone nella riattivazione di molti luoghi lasciati in abbandono e trasformati in musei o spazi culturali.
Per l’uomo moderno la vecchiaia e la malattia sono una specie di scandalo.
Tutto ciò che crolla per vecchiaia (dalle case alle facce) deve essere sottoposto a una forma di restauro cosmetico. C’è da chiedersi se in tutto ciò non vi sia un tremendo rifiuto del mondo, che si spande sempre più con la produzione di immagini spettacolari di consumo.
A partire dai segni del crollo nelle vecchie case della valle del Po, si tratta di fissare lo sguardo sulle rovine e di imparare a guardarle non più come una malattia, ma come un aspetto che non è necessario nascondere con una forma di maquillage.
Si tratta di riattivare la semplice percezione delle cose poco osservate, la capacità di guardare il mondo esterno così come è. Forse il problema di fondo è che noi non crediamo più veramente al mondo esterno, crediamo solo a un’immagine di noi stessi da proiettare in base all’estetica spettacolare dei consumi (John Berger, nel suo ultimo libro, "The Shape of a Pocket", ha parlato della "grande disfatta del mondo").
Gianni Celati, Note di regia

Critica (2):Come è nata l'idea di studiare le case che crollano nelle nostre campagne?
Gianni Celati: Più di dieci anni fa, io e il Gruppo Pierrot e la Rosa abbiamo fatto il nostro primo filmdocumentario, che s'è intitolato "Strada Provinciale delle Anime", prodotto per Rai Tre. L'idea era di usare un mio libro di esplorazioni delle campagne nella valle del Po (intitolato "Verso la Foce") per ricavarne un film o qualcosa del genere. Dopo è venuta fuori
un'altra idea, tuttta diversa. Ma è così che abbiamo cominciato a studiare le campagne e filmare le vecchie case che crollano un po' dappertutto. Nel 1998 abbiamo fatto un documentario su un nostro amico, il grande fotografo Luigi Ghirri, morto prematuramente, e questo ci ha portato di nuovo in giro per le campagne a osservare le vecchie case in rovina.

Tu hai lavorato con Luigi Ghirri a tre libri fotografici. Ma per voi come gruppo ha contato molto l'amicizia con Luigi Ghirri?
Gianni Celati: Sì, credo che l'impianto fotografico dei nostri documentari debba molto alle sue foto, e a tutto quello che Ghirri ci ha insegnato lavorando insieme. Lui faceva parte del gruppo di lavoro in "Strada Provinciale delle Anime", dove tra l'altro fa un discorso sulle campagne come "il luogo della distruzione". Il suo ultimo progetto prima di morire era di fotografare l'architettura rurale nelle zone del reggiano, architettura che sta scomparendo e tra pochi anni sarà svanita nel nulla. Siamo ripartiti di lì anche noi, creandoci un archivio di esempi. Abbiamo trovato due guide sul territorio che ci hanno molto aiutato: uno è Daniele Benati (autore d'uno straordinario libro, "Silenzio in Emilia", pubblicato da Feltrinelli), l'altro è Alfredo Gianolio (un avvocato di Reggio Emilia che è stato un amico e seguace di Cesare Zavattini).

L’idea del tuo film mi sembra che ribalti il modo corrente di guardare le rovine. Nel film una donna dice che "noi non siamo più abituati a vivere tra crolli e distruzioni, dunque questi ci sembrano la fine del mondo. Poi fa un paragone con le situazioni in Africa e Medio Oriente. Mi sembra che qui soprattutto emerga un’idea politica del tuo lavoro.
Gianni Celati: Forse. Ma è vero che c’è quella linea divisoria netta, tra popoli che sono ancora abituati a vivere tra i crolli, nella penuria, dunque a prendere il mondo esterno così com’è, e i popoli ricchi che tendono a un restauro totale del visibile - per farlo sempre più uguale a un’immagine pubblicitaria. Io abito in Inghilterra, in un quartiere con molti negozietti che non sono stati restaurati, dove qua e là vedo delle screpolature in un muro o un’insegna sbiadita dal tempo. Aspetti del genere diventeranno sempre più rari nel nostro mondo. Il mondo occidentale sta diventando sempre più dominato dal fanatismo del far tutto nuovo di zecca, per cancellare le tracce del tempo. Questo fanatismo consiste nel trattare tutto come un prodotto di consumo da gettare via appena è vecchio, oppure da sostituire con un modello tecnologico più avanzato.
Cinemaitaliano.info

Critica (3):

Critica (4):
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