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Pontormo, un amore eretico


Regia:Fago Giovanni

Cast e credits:
Soggetto:
Marilisa Calò, Massimo Felisatti, basato su alcune pagine dei diari di Jacopo Carrucci detto "Pontormo"; sceneggiatura: Marilisa Calò, Massimo Felisatti, Giovanni Fago; fotografia: Alessio Gelsini; musiche: Pino Donaggio; montaggio: Giancarlo Cerciosimo; scenografia: Amedeo Fago; costumi: Lia Morandini; interpreti: Joe Mantegna (Pontormo), Galatea Ranzi (Anna), Sandro Lombardi (Anselmo), Toni Bertorelli (Priore San Lorenzo), Laurent Terzieff (Inquisitore), Massimo Wertmuller (Bronzino), Andy Luot-to (Mastro Rossino), Alberto Bognanni (Cosimo I), Giacinto Palmarini (Battista), Vern-on Dobtcheff (Riccio), Lea Karen Gramsrdoff (moglie di Bronzino); produzione: Star Plex, Palamo Film; distribuzione: Eagle Pictures, Ab Film Distributors; origine: Italia, 2002; durata: 97’.

Trama:Nella Firenze del ‘500 il pittore Jacopo Carrucci, detto il Pontormo, lotta per difendere dall’accusa di stregoneria la sua musa ispiratrice, Anna, una ragazza fiamminga cui durante la Guerra della Fiandre è stata tagliata la lingua. Ora l’accusano di aver ucciso il sorvegliante dell’arazzeria dove lavora, che ha provocato la morte di un bambino cui lei era molto legata. Pontormo, che ormai ha sessantuno anni e si sente vicino alla morte, decide di esporsi e testimoniare in favore della donna cui tutti sono ostili, in realtà, perchè la sentono straniera. Ma anche lui ormai si sente estraneo in un momento in cui la signoria sta morendo e nascono gli stati nazionali, il Concilio di Trento vede il confronto tra Riforma e Controriforma e l’uomo, che nel Rinascimento era al centro dell’universo, è oppresso dalle guerre.

Critica (1):Finalmente un film che, raccontando di un grande pittore, anziché perdersi nell’aneddotica mondana si concentra sull’arte, sul lavoro, sulla pittura. Pontormo di Giovanni Fago guarda all’ultimo tempo della vita di Jacopo Carucci detto il Pontormo, meraviglioso manierista cinquecentesco toscano al servizio del duca Cosimo de’ Medici: un periodo dominato dall’ansia di non arrivare a completare gli affreschi in San Lorenzo a Firenze (poi andati perduti), ai quali lavorava dal 1546 e continuò a lavorare sino alla morte av-venuta nel 1556. Altri elementi segnano l’esistenza del pittore in quel periodo: il legame con una giovane donna fiamminga rimasta muta dopo il taglio della lingua subìto durante la guerra delle Fiandre, e-sule e straniera a Firenze dove viene arre-stata e processata per stregoneria; il conflitto durissimo con l’Inquisizione; i molti malesseri fisici registrati pure nel diario; i rapporti mai semplici con il committente; la difesa acerrima della sua opera, che non intende mostrare a nessuno (neppure al duca, tanto meno all’Inquisitore) prima del definitivo completamento. Quest’uomo irriducibile e forte, appartato, silenzioso, parco, lavora sempre; frequenta soltanto l’amico Bronzino, l’assistente (Giacomo Palmarini) o il preparatore dei colori che è l’ammirevole Sandro Lombardi; s’allontana da casa o dal luogo del lavoro soltanto per andare a ritrarre disegnando annegati o teatranti alla cui fisionomia la morte violenta o l’artificio mestierante imprimevano quell’alterazione anticlassica che sarà un segno d’innovazione della sua arte. Pontormo soffre della vecchiaia e del mutare dei tempi, della crisi politica che prepara la fine delle Signorie e dei Principati, della crisi religiosa che rende intolleranti i comportamenti della Chiesa cattolica allarmata dall’eresia: Joe Mantegna interpreta il personaggio con dignità accorata, con pacato dolore, e dà un contributo importante al film un poco scolastico, molto interessante.
Lietta Tornabuoni, La Stampa, 27/5/2004

Critica (2):Tipico esempio di biopic all’italiana, Pontormo risponde agli intenti di u-n’onesta divulgazione e paga un prezzo accettabile ai superflui addobbi etico-politici che dovrebbero imprimere la sigla dell’autore. Non capita tanto spesso che una produzione autarchica riesca a giustificare il suo budget con la dignità dell’impaginazione: fotografia, scenografie e costumi, in effetti, riescono in qualche modo a colmare i vuoti di una sceneggiatura didascalica e a moderare i pieni di una regia enfatica. Gli ultimi mesi di vita del pittore Jacopo Carrucci detto il Pontormo, ricostruiti a partire dai diari, pongono al centro del film il platonico rapporto sbocciato nella Firenze rinascimentale tra l’artista e la sua musa ispiratrice, una giovane fiamminga a cui, nel corso della Guerra delle Fiandre, è stata tagliata la lingua. Una vicenda inventata, eppure plausibile perché l’arazzeria medicea fu realmente allestita con la supervisione degli esuli luterani: l’«eretica» Anna viene accusata di stregoneria perché il suo omicidio difensivo di un sorvegliante dell’arazzeria del duca avrebbe scatenato la vendetta di Dio sotto forma di un’epidemia di peste.
Pontormo prende coscienza dell’ingiustizia che sta per abbattersi sulla straniera portatrice di una cultura e una religione diverse e, anche perché sente la morte avvicinarsi, decide di scendere in campo – come cittadino nonché pittore di corte onusto di fama internazionale – testimoniando in suo favore davanti all’Inquisizione. Alla vicenda, ricalcata secondo gli smaccati dettami del politicamente corretto, s’intreccia il più intrigante leitmotiv del «Giudizio Universale» affrescato nel Coro di San Lorenzo, l’opera più ambiziosa del Pontormo rimasta incompiuta, ultimata dal collega Bronzino e infine distrutta nel 1738, lasciandoci solo qualche disegno preparatorio. Il regista Giovanni Fago, non a caso habitué del film TV (La vita di Rossini, Don Luigi Sturzo, La freccia nel fianco), più che la rilettura storica, rende credibile il pathos di una buona compagnia d’attori.
Valerio Caprara, Il Mattino, 29 /5/2004

Critica (3):

Critica (4):
Giovanni Fago
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