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Buono, il matto, il cattivo (Il)


Regia:Jee-woon Kim

Cast e credits:
Sceneggiatura: Kim Jee-woon, Kim Min-suk; fotografia: Seung-Chul Oh, Mogae Lee; musiche: Dalparan, Chan Young-gyu; montaggio: Nam Na-young; scenografia: Cho Hwa-Sung; interpreti: Song Kang-ho (Tae-gu, il matto), Lee Byung-hun (Chang-yi, il cattivo), Jung Woo-sung (Do-won, il buono), Yoon Je-Moon, Ryoo Seung-Soo, Song Yeong-chang, Son Byeong-ho; produzione: Choi Jae-Won, Kim Jee-Woon per Barunson Co. Ltd.-Grimm Pictures-Cj Entertainment-Cineclick Asia; distribuzione: Tucker Film; origine: Corea Del Sud, 2008; durata: 130’.

Trama:Negli anni Trenta il mondo è nel caos. In Asia, la penisola della Corea è caduta sotto l'impero giapponese. Molti coreani si sono rifugiati in Manciuria, un vasto territorio desertico che confina con la loro terra natale e la Cina. Alcuni di loro, inevitabilmente, si sono trasformati in banditi di montagna e hanno imparato a sopravvivere in quella terra inospitale. Tae-gu, 'Lo strano', è un ladro. Quando fa una rapina su un treno di ufficiali giapponesi il colpo si rivela diverso dal previsto. In seguito a un feroce combattimento egli ottiene una mappa misteriosa che indica la via di un tesoro della Dinastia Qing sepolto da qualche parte in Manciuria.
Ma questa mappa è ricercata anche dal killer dal sangue freddo, Chang-yi, 'Il Cattivo'. Tae-gu, 'Lo strano', deve perciò lottare nopn solo con il Giapponese ma anche con Chang-yi e con i suoi degni compari, che hanno attaccato il treno contemporaneamente. Durante una fitta sparatoria, un uomo misterioso sbuca non si sa come al centro della battaglia e salva Tae-gu, 'Lo Strano', con uno stupefacente ruotare di pistole. Essendo sopravvissuto al combattimento, Tae-gu ringrazia l'uomo per avergli salvato la vita senza sapere che non sa che questo straniero Do-won, Il Buono, è un cacciatore di taglie che lo sta cercando per prendere la ricompensa. Questi tre uomini, Do-won, Il Buono, Chang-yi, Il Cattivo e Tae-gu, Lo Strano, scopriranno presto che la mappa attrae come un magnete e che a ricercarla sono in molti: partigiani della resistenza Coreana, banditi di montagna sia cinesi che russi e coreani, e perfino l'esercito giapponese. E non è che l'inizio di una lotta mirabolante che avrà un esito stupefacente.

Critica (1):Chi ama il cinema dell'Estremo Oriente ultimamente è molto grato alla piccola casa di distribuzione Tucker Film, il cui lavoro contribuirà forse a modificare la percezione che si ha in Italia di questo cinema. Senza rinunciare a proporre narrative in linea con la nostra idea di ciò che è 'orientale' (come nei casi del coreano Poetry e del giapponese Departures), la Tucker ha appena messo a segno una felice doppietta di film pop asiatici. (...) Ora, a vent'anni dalla scomparsa di Sergio Leone, Kim Jee -woon ha girato un remake in libertà del film considerato la quintessenza dello spaghetti western, sostituendo il Brutto con il Matto per esplicitare il tono più scanzonato del suo omaggio rispetto all'epica leoniana e ambientando la vicenda nella Manciuria degli anni '30, una terra immensa e desolata, occupata dall'esercito giapponese ma piena anche di banditi coreani disposti a tutto per arricchirsi. È molto interessante seguire il gioco di richiami che, attraverso la rilettura del genere western, intrecciano il cinema occidentale e quello asiatico. Lo stesso Sergio Leone per il suo debutto si ispirò a tal punto a Yojimbo di Kurosawa che il maestro giapponese lo denunciò per plagio (e vinse, ottenendo i diritti asiatici del film). Negli anni '60 i giapponesi giravano western ambientati nella pianura di Hokkaido, e la moda è stata ripresa dal Takashi Miike di Sukyaki Western Django, un folle (e compiaciuto) esperimento di ibridazione di genere a base di attori giapponesi che recitano in inglese, Shakespeare mescolato alle guerre fra Genji ed Heike, un cameo di Tarantino a sancire il carattere ultra-moderno dell'operazione e, naturalmente, tanta violenza estrema. La violenza non manca nemmeno ne Il buono, il matto e il cattivo ma siamo in territori decisamente più leggeri (il film è un blockbuster che ha incassato 44 milioni di dollari). (...) Poco importa se a volte la sceneggiatura sembra sfilacciarsi, o se i personaggi non hanno lo spessore quasi mitologico di quelli resi immortali da Leone. I veri riferimenti del regista sembrano essere altri, e per Io spirito di pura avventura che il film sprigiona vengono in mente certi gioielli del cinema per ragazzi anni '80 come 'Indiana Jones', 'Ritorno al futuro' o 'I goonies'. Un gioco che non annoia mai, un rocambolesco blockbuster d'autore.
Marco Scognamiglio, Il Manifesto, 18/11/2011

Critica (2):l primo, fortunatissimo film di Sergio Leone Per un pugno di dollari è il calco di una grande opera giapponese di Akira Kurosawa: La sfida del samurai.
Il regista contamina la mitologia del soldato aristocratico medievale del Giappone con quella del cow-boy della gloriosa saga dei western. Colora infine i personaggi col cinismo tradizionale del picciotto mafioso, imperturbabile e apatico. II tutto nell'esasperazione e nella dilatazione dei tempi narrativi, sfiorando deliberatamente il grottesco, quando non proprio il comico. Esce oggi in Italia un film coreano intitolato il buono, il matto e il cattivo dell'ottimo regista Kim Jee-woon, a sua volta calco di Il buono, il brutto e il cattivo di Leone. Qui, al posto dei canyon e delle praterie d'America ci sono il deserto della Manciuria e i villaggi scalcinati di legno smaltato e lanterne in carta di riso. Siamo negli anni Trenta, in un territorio di confine dove si scannano coreani, manciuriani e giapponesi.
Si muovono in mezzo al sangue della guerra tre uomini a caccia di ricchezza: un buono bounty killer, un cattivo nevrotico che vuole uccidere il primo perché tutti lo credono migliore di lui nell'uso dell'arma da fuoco, e un pazzo goffo e furbo come una volpe tipo l'Eli Wallach di Leone. È avvenuto nel cinema ciò che è successo con il rock, che nasce negli Usa, fa il giro del mondo e ritorna in Usa modificato dalle sonorità straniere e rinnovato. Diciamo sbrigativamente che c'entra in qualche modo la globalizzazione.
Tutto il cinema orientale riprende i format narrativi dell'Occidente moltiplicandone (e spesso facendone caricature) gli effetti visivi. Le storie metropolitane asiatiche esasperano la violenza e la teatralità di quelle occidentali. La differenza tra il film di Leone e quello di Kim Jee-woon sta proprio nella furia ritmica delle inquadrature, non ce n'è quasi una che duri più di pochi secondi. Le battaglie sono rappresentate a lampi, a istantanee espressionistiche molto efficaci. La luce è tetra, da noir, e i protagonisti, si muovono così velocemente da non dare allo spettatore il tempo di affezionarsi a loro. Alla fine dell'affresco bellico non ci sono vincitori, non resta niente di liberatorio. Il buono, il matto e il cattivo è un film, in questo senso, coraggioso perché non vi compare alcun personaggio "positivo". Tanto da legittimare il carattere autoriale dell'opera. La lunga scena finale nel deserto, che è una corsa di tutti verso il tesoro, è assolutamente memorabile, da storia del cinema. Ogni dettaglio è curato al millimetro, il montaggio delle inquadrature è da togliere il fiato, grazie soprattutto alla grande dinamica nell'uso della camera car e delle riprese dall'alto. Le scene mescolano gli stili di Tom Mix e Indiana Jones, con forte rimando all'iconografia delle battaglie ottocentesche. Il duello finale fra i tre protagonisti, sempre ispirato alla matrice del film di Sergio Leone, è un colpo di scena "intellettuale": il tesoro non è fatto di monete sonanti ma è la metafora di una ricchezza ben più sostanziosa, la cui ingordigia provoca ancora oggi guerre sanguinose.
Kim Jee-woon ha già dato prove eccellenti di maestria e lugubre giocosità in film come Bittersweet Life, Quiet Family, Two Sisters e The Foul King. II filo rosso che li lega è una concezione insieme favolistica e paradigmatica del cinema, dove fa da griglia narrativa il ricorso ai generi classici, come appunto il noir o la black comedy. Con questo film il regista si avventura nel territorio degli spaghetti western, a loro volta trash della feconda materia americana. L'autore si impossessa delle vecchie modalità della narrazione con atteggiamento postmoderno: frantuma le scene, spesso ridotte a schegge, le fa esplodere non più inseguendo un senso, ma costruendo mondi artificiali attraverso minuziose tessere indiziarie.
Vincenzo Cerami, Il Sole 24 Ore, 20/11/2011

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