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Wild


Regia:Vallée Jean-Marc

Cast e credits:
Soggetto: tratto dal libro di Cheryl Strayed; sceneggiatura: Nick Hornby; fotografia: Yves Bélanger; montaggio: John Mac McMurphy, Martin Pensa; scenografia: John Paino; arredamento : Robert Covelman; costumi: Melissa Bruning; effetti: Marc Côté, Fake Digital Entertainment; interpreti: Reese Witherspoon (Cheryl Strayed), Laura Dern (Bobbi), Thomas Sadoski (Paul), Michiel Huisman (Jonathan), Gaby Hoffmann (Aimee), Kevin Rankin (Greg), W. Earl Brown (Frank), Maurice 'Mo' McRae (Jimmy Carter), Keene McRae (Leif), Brian Van Holt (Ranger), Cliff De Young (Ed), Will Cuddy (Josh), Leigh Parker (Rick), Nick Eversman (Richie), Ray Mist (Joe), Cathryn de Prume (Stacey), Lorraine Bahr (Lou), Jerry Carlton (Dave), Kevin-Michael Moore (Spider); produzione: Reese Witherspoon, Bruna Papandrea, Bill Pohlad per Pacific Standard; distribuzione: Twentieth Century Fox; origine: Usa, 2014; durata: 119’.

Trama:USA, anni Novanta. Cheryl Strayed, convinta di aver perso tutto e decisa a ritrovare in qualche modo se stessa, senza adeguata preparazione e con un po' di incoscienza, si imbarca in una tanto difficile quanto straordinaria avventura: l'escursione in solitaria del Pacific Crest Trail, un percorso di più di 1.600 chilometri lungo la costa del Pacifico caratterizzato dall'alternanza di deserti rocciosi, montagne innevate e rigogliose foreste. Una sfida anche per gli escursionisti più esperti, che rappresenterà per Cheryl il modo per rimettere insieme i pezzi della sua vita dopo la perdita della madre Bobbi, l'esperienza della tossicodipendenza e il divorzio dal marito Paul.

Critica (1):L'inquadratura di un paesaggio roccioso e un respiro ansimante, maliziosamente sfumato di una carica erotica a fare da sottofondo, apre la prima scena di Wild, per poi mostrarci la sua protagonista, Cheryl (Reese Witherspoon), seduta sul bordo di un sentiero, stretta nella morsa del dolore fisico a causa di un paio di scarponcini da trekking troppo stretti, emblema e parabola stessa del film. Cheryl, figlia modello e ottima studentessa, dopo la morte prematura della madre, un matrimonio sabotato dall'interno da continui tradimenti e da una dipendenza dall'eroina per la sua impossibilità di gestire quel lutto, decide di percorrere in solitaria il Pacific Crest Trail, percorso che dal confine messicano raggiunge il Canada, per espiare quelli che crede siano i suoi peccati e cercare di lasciarsi alle spalle i ricordi che le annebbiano la mente e ritornano ad ondate per infestarle i pensieri.
Diretto da Jean-Marc Vallée e sceneggiato da Nick Hornby che fa sentire la sua presenza anche per il sottile humor che pervade la pellicola, Wild, prende spunto dal libro di memorie di Cheryl Strayed e prosegue il discorso del regista sul corpo già tracciato da Dallas Buyers Club. Se per il texano Ron Woodroof, malato di AIDS, il deperimento e la trasformazione del suo corpo, oltre aWild testimoniare la fine della sua vita, coincidevano con l'accrescere della sua consapevolezza di essere umano, in Wild, dopo averlo abusato per esprimere un dolore che non riusciva a maneggiare, Cheryl, attraversa la sofferenza fisica, espressa da lividi, sangue e privazioni, per vivere la sua personale Passione, inizialmente intesa come purificazione dagli errori passati che muta poi verso il perdono per sé stessa. Quello che salta agli occhi, oltre la centralità della protagonista rispetto all'ambiente naturale che la circonda è che, a differenza di Into the Wild, l'obiettivo che interessa a Vallée non è mostrare, attraverso le varie tappe del viaggio del personaggio principale, anche uno spaccato dell'America delle grandi contraddizioni, ma concentrarsi sul percorso interiore di Cheryl, una straordinaria Reese Witherspoon nella doppia veste di interprete e produttrice, grazie anche al montaggio di Martin Penca abilissimo nell'intervallare i più piccoli flashback con il suo presente. Film di chiusura del Torino Film Festival, Wild, riprende il tema del viaggio on the road, tanto caro al cinema a stelle e strisce, per tramutarlo, attraverso il flusso di coscienza continuo fatto dei brevi monologhi interiori della protagonista, in una mappa interiore nella quale Cheryl riassembla i vari pezzi che costituiscono la sua vita, aiutata anche da una colonna sonora fatta di reminiscenze uditive (ecco che torna il tocco di Hornby),cercando di farli combaciare di nuovo. La natura selvaggia alla quale si riferisce il titolo va intesa non tanto come didascalicamente rapportata ai paesaggi incontrati da Cheryl ma alla sua vera indole, combattiva e forte, per anni nascosta sotto uno strato di dolore dal quale riemerge attraverso la sofferenza fisica che combacia con la rinascita morale.
sentieriselvaggi.it

Critica (2):Firmato dal cinquantaduenne canadese di MontrealJean-Marc Vallée, Wild è il titolo del film, la cui vicenda è stata elaborata dallo scrittore inglese Nick Hornby da quella del diario o libro di memorie «Wild- Una storia selvaggia di avventura e rinascita» (...) di Cheryl Strayed (Spangler, Pennsylvania, 1968).
Un film, resoconto di una catarsi in­teriore vissuta da una giovane donna di ventisette anni, la stessa scrittrice (in­terpretata da Reese Whiterspoon, an­che produttrice esecutiva) la quale, sconvolta dalla morte della madre Bob­by (Laura Dern) e dal fallimento della sua storia d'amore e del suo matrimonio con Paul (Thomas Sadoski), aveva co­minciato, alla ricerca di forti emozioni, a drogarsi e a intrecciare effimere rela­zioni.
Un'esistenza bruciata, una discesa agli inferi a cui Cheryl pone drastica­mente termine avventurandosi in un'epica impresa: percorrere per gran parte, senza un'adeguata preparazione, in solitudine e a piedi uno dei sentieri più impervi e affascinanti, il Pacific Crest Trail (dal confine con il Messico, attraverso la California, l'Oregon e lo Stato di Washington, fino a quello con il Canada), rievocando, durante il cam­mino, in fuga dal dolore e con un carico emotivo ingombrante (il pesante zaino) gli anni trascorsi, le amicizie, gli affetti, i legami familiari (decisamente intensi, ma anche per lei penalizzanti quelli con la madre).
Il regista di C.RAZ.Y., di The Young Vittoria e di Dallas Buyers Club, alternando spesso le immagini solenni della natura in campo lungo ai piani ravvicinati del volto di Cheryl, ancorati al suo stato d'animo, alle sue derive emozionali, ne accompagna il viaggio di più di mille miglia, punteggia­to da incontri piacevoli, bizzarri e anche pericolosi e scandito dall'indicazione del passare dei giorni e dai chilometri percorsi. Un viaggio che è anche un percorso mentale fra ripensamenti, sensi di colpa, sconforti, ricordi dolorosi (alle sofferenze dell'animo si aggiungo­no quelle fisiche, non meno lancinanti), al termine del quale Cherylha una chia­ravisione di ciò che l'aveva incammina­ta verso l'autodistruzione.
Con un linguaggio variegato e solu­zioni narrative adeguate (il passato, quasi un flusso di coscienza di brevi monologhi e di reminiscenze di suoni, frasi e canzoni, ritorna nei flashback), Jean-Marc Vallée, cedendo in parte alle insidie del patetismo, raffigura, nell'in­contro-scontro traindividuo e natura, una vicenda formativa, che coinvolge, attrae ed emoziona, trasformando il possibile stereotipato apologo di una rinascitain una avvincente spedizione verso una nuova stagione della vita.
Achille Frezzato, L’Eco di Bergamo, 7/4/2015

Critica (3):

Critica (4):
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