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Decalogo 10 - Dekalog, dziesiec


Regia:Kieslowski Krzysztof

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; fotografia: Jacek Bławut; montaggio: Ewa Smal ; musiche: Zbigniew Preisner; scenografia: Halina Dobrowolska ; costumi: Hanna Ćwikło e Małgorzata Obłoza; interpreti: Jerzy Stuhr (Jerzy ), Zbigniew Zamachowski (Artur), Henryk Bista (filatelico) , Olaf Lubaszenko (postino); produzione: Telewizja Polsha, Sender Freies Berlin; origine: Polonia, 1989; durata: 57'.

Trama:"Non desiderare la roba d'altri".
Artur e Jerzy sono due fratelli molto diversi fra loro: il primo è serio, posato e padre di famiglia; il secondo è uno spirito ribelle, cantante rock e scapestrato. I due si ritroveranno, dopo tanti anni, per il funerale del loro padre.
Visitando la casa del genitore, capiscono che l'uomo viveva da anni in estrema povertà, eppure trovano in un armadio una raccolta sostanziosa di francobolli in un armadio. Quando cercano di venderli per guadagnare qualcosa, scoprono che nel corso di 30 anni di vita il padre ha messo insieme una collezione che vale centiana di milioni. I due, affascinati da questo aspetto sconosciuto del padre, cominciano ad appassionarsi ai francobolli. Ma il mondo della filatelia appare subito un nido di vipere: sono tante le persone pronte a mettere le mani sulla fenomenale collezione paterna che però manca di un pezzo di grandissima rarità, che è in possesso di un losco individuo. Questi propone ai fratelli uno scambio: il francobollo in cambio di un rene di Jerzy, da donare alla figlia del filatelico gravemente malata.

Critica (1):[...]Sbarazzato il terreno nel primo episodio dai dubbi metafisici, nel nono e decimo è questione di cose e corpi, di amore e denaro. Siamo nel campo della fisica, del desiderio sessuale («Non desiderare la donna d'altri»: il tradimento) e materiale («Non desiderare la roba d'altri»: i soldi). E Kieslowski sogghigna; dietro lo spesso sipario delle storie drammatiche, si prende gioco, al momento giusto, dei suoi personaggi che si prendono troppo sul serio, e di noi spettatori che prendiamo troppo sul serio regista e personaggi.
[...] L'apertura dell'episodio conclusivo della serie è folgorante. Un giovane cantante rock urla al microfono un perfetto antidecalogo: «Uccidi, uccidi, fotti tua madre e tua sorella...». È Artur, il fratello minore, ribelle e protestatario. Il fratello grande, Jurek, è un borghesuccio beneducato con grama vita familiare, un figlio e una moglie immusonita. I due si ritrovano al funerale del padre e insieme scoprono che, in un appartamento protetto da sistemi d'allarme, il padre teneva una ricchissima collezione di francobolli. Cominciano a sognare quando un commerciante ne rivela il valore: «Per questo, una 126; per questo, un diesel; per questi, un appartamento...».
Jurek e Artur, il rockettaro in rivolta che all'inizio si chiedeva da dove venisse agli uomini quella «voglia irresistibile di possedere», si ingegnano, da poveri arrampicatori dilettanti, per mettere a frutto l'eredità. Alla collezione manca soltanto un pezzo rarissimo, il Mercurio rosa austriaco del 1851. Un commerciante può procurarlo; chiede ai fratelli esami del sangue e delle urine. Il rene di Jurek è quello che ci vuole. Un francobollo per un rene: roba contro roba. Lo scambio si fa ma, in montaggio alternato – e qui Kieslowski gioca crudelmente – tra il bisturi nella sala operatoria e la fiamma ossidrica nell'appartamento, a guadagnarci sono i commercianti, ladri di professione.
Via via che Kieslowski procede nel suo biblico viaggio, il distacco ironico, in tutte le sue variazioni dal bonario umorismo al sarcasmo beffardo, tende a crescere in progressione. Kieslowski parte con un atteggiamento fortemente drammatico, spoglia i suoi uomini di ogni possibile salvezza, li introduce dentro percorsi di dolorosa intensità, e infine ne prende quasi le difese, guardandoli con sempre maggiore ironia, ora più severa, ora più indulgente, come a suggerire che nel deserto della città terrena proprio una rigorosa ironia può rivelarsi buon rimedio e parziale sollievo. Kieslowski ha chiamato «piccoli film» i lavori, di durata normale, sull'uccidere e sull'amore. Questi tre più brevi racconti (1, 9 e 10 n.d.r.) hanno per titolo il solo numero d'ordine del rispettivo comandamento. Stringatezza e precisione di un lavoro che evita con cura esibizionismi e sottolineature in favore di un'esposizione asciutta e netta. Eccolo un autore nuovo, tagliente, senza narcisismi.
Bruno Fornara, Cineforum n. 285, giugno 1989

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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