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Tempo dei miracoli (Il) - Vreme cuda


Regia:Paskaljevic Goran

Cast e credits:
Sceneggiatura: Borislav Pekic, Goran Paskaljevic, dal romanzo omonimo di Borislav Pekic; fotografia: Radoslav Vladic; montaggio: Olga Skrigin, Olga Obradov; scenografia: Miodrag Nikolic; suono: Sinisa Jovanovic Singer; musica: Zoran Simjanovic; interpreti: Predrag Miki Manojlovic (Nicodemo), Dragan Maksimovic (Lazzaro), Svetozar Cvetkovic (il giovane), Mirjana Karanovic (Marta), Danilo Bata Stojkovic (Giovanni), Mirjana Jokovic(Maria), Ljuba Tadic (ii pope Luca), Slobodan Ninkovic (Ozren), Dusan Janicijevic (la zoppa), Stojan Arandelovic (il cieco); produzione: SingidunuM, Televisione Belgrado, Channel Four Television, Metropoloitan Pictures; distribuzione : Lab 80 Film; origine: Jugoslavia, 1990; durata: 98'.

Trama:Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel piccolo villaggio ortodosso di Vitanija, i comunisti prendono il potere ed avviano il processo di «estirpazione di Dio». Mala gente è convinta che in paese sia arrivato il messia a fare dei miracoli". E' il principio di un conflitto tra l'ordine antico e quello nuovo, le cui conseguenze avranno un'influenza decisiva sul destino degli abitanti.

Critica (1):Dato l'argomento vale forse la pena di spendere qualche riga in più sulla trama. Siamo nella campagna jugoslava, nel 1945. In un piccolo paese brucia la scuola e il capo della milizia decide di far tenere le lezioni nella chiesa, opportunamente sconsacrata, i cui affreschi saranno cancellati da una mano di calce. Ma durante la prima giornata scolastica, all'improvviso ecco il miracolo: la calce scompare, i ritratti di Cristo e dei santi riaffiorano nella loro dorata bellezza. Intanto il maestro, che si chiama Lazzaro e che ha ovviamente per sorelle Marta e Maria, in seguito alle ferite riportate neli incendio passa a miglior vita. Un Misterioso vagabondo, capelli lunghi, atteggiamento ieratico, gli impone le mani: Lazzaro risorge. È troppo per il capo comunista, che istruisce un processo secondo la più rigida liturgia staliniana, nel quale il malcapitato viene condannato per attività sovversive e abuso della credulità popolare. Risparmiato da una finta fucilazione, muore infine sotto la croce alla quale i paesani hanno appeso lo sconosciuto. Nel frattempo, in chiesa è avvenuto un nuovo miracolo: sotto gli occhi esterrefatti del pope la calce è riaffiorata, gli affreschi sono spariti... Come si potrà agevolmente comprendere da questa rapida sintesi, la carne al fuoco è tanta. La rivisitazione del secondo dopoguerra nel suo paese porta Paskaljevic a far collidere l'ideologia cristiana e quella comunista in un balletto nel quale, come nel bergmaniano Il volto, i colpi di scena sembrano a turno attribuire la vittoria all'una o all'altra, ma anche in una prospettiva sarcastica e sconsolata, figlia dei recenti sviluppi della situazione politica nell'Europa dell'Est. «Gli eroi del film - ha dichiarato il regista - hanno davanti a loro grandi ideali, grandi disegni. Lottano per concretizzarli. Credono sinceramente di essere alla ricerca della felicità per il genere umano; che al termine di un felice percorso, dopo tanti sacrifici, raggiungeranno il loro obiettivo: la creazione di una società giusta. Nel loro intendimento, è necessario astrarre da sé per realizzare questo grande ideale. Che siano indottrinati, ignoranti o ingannati, sono votati anima e corpo ai principi dell'ideologia per la quale si battono. Il film deve essere vissuto come la tragedia dell'accecamento che conduce al fanatismo, al riproporsi della bestialità umana, ma anche come la premessa della situazione d'oggi: l'affossamento di determinate ideologie e il riproporsi di altre che, utilizzando le stesse armi, si rivelano altrettanto pericolose». Il tempo dei miracoli non è comunque un pamphlet antikhomeinista. Dal punto di vista, diciamo così, filosofico, si muove dalle parti del Dreyer grandissimo di Dies irae ( la cecità nei confronti del proprio presente), con il piglio serenamente beffardo del Buñuel de La via lattea. Ma del tutto personale risulta la scansione emotiva attraverso la quale Paskaljevic passa dai toni di una commedia feroce e brillante alle intrusioni religiose, dalla corrosione dei principi più sacri a soprassalti mistici quasi tarkovskijani. AI servizio di dialoghi infallibili giostrano da par loro attori di eccellente scuola, trai quali ci piace citare almeno il Dragan Maksimovic di Papà è in viaggio di affari, Mentre un elogio a parte merita la colonna sonora, nella quale assume una funzione di primo piano la polifonia ortodossa, opera del giustamente celebrato Zoran Simjanovic, già segnalatosi con il film di Kusturica e con lo struggente capolavoro di Paskaljevic L'angelo custode.
Paolo Vecchi, Cineforum n. 295

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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