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American Hustle - L'apparenza inganna - American Hustle


Regia:Russell David O.

Cast e credits:
Sceneggiatura: David O. Russell, Eric Singer; fotografia: Linus Sandgren; musiche: Danny Elfman; montaggio: Jay Lash Cassidy, Crispin Struthers, Alan Baumgarten; scenografia: Judy Becker; arredamento: Heather Loeffler; costumi: Michael Wilkinson; interpreti: Christian Bale (Irving Rosenfeld), Bradley Cooper (Richie DiMaso), Amy Adams (Sydney Prosser), Jeremy Renner (Carmine Polito), Jennifer Lawrence (Rosalyn Rosenfeld), Michael Peña (Paco Hernandez/Sceicco Abdullah) Louis C.K. (Stoddard Thorsen), Jack Huston (Pete Musane), Shea Whigham (Carl Elway), Elisabeth Röhm (Dolly Polito), Paul Herman (Alfonse Simone), Matthew Russell (Dominic Polito), Thomas Matthews (Francis Polito), Adrian Martinez (Julius), Anthony Zerbe (Senatore Horton Mitchel), Colleen Camp (Brenda), Martie Barylick (Helen), Kayla Feeney (Lorna Polito), Shannon Halliday (Doreen Polito), Richard Heneks (Al Kalowski), Armen Garo (Dick Helsing ), Sal DiMino (Lou Salvano), Gary Craig (Jerry Catone), Charley Broderick (John O'Connell), Robert De Niro (Victor Tellegio, non accreditato); produzione: Annapurna Pictures, Atlas Entertainment; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Usa, 2013; durata: 135’.

Trama:New Jersey, anni Settanta. Il genio della truffa Irving Rosenfeld e la sua altrettanto astuta partner, nonché amante, Sydney Prosser sono costretti a collaborare con l'agente dell'FBI Richie DiMaso per risolvere un caso di corruzione nei pubblici uffici. I due si troveranno così coinvolti in un giro di politici corrotti e mafia tanto pericoloso quanto affascinante...

Critica (1):Completamente riabilitato nel mainstream dal successo critico e commerciale di Il lato positivo (Silver Linings Playbook), David O. Russell torna felicemente nella dimensione più congeniale al suo cinema, un mondo sopra le righe, in bilico continuo su una vertiginosa voragine d'isteria. Depressa in Flirting With Disaster, quell'isteria era diventata quasi autistica in I Heart Huckabees. É invece gioiosa in American Hustle (...), un film che combina la passione per la truffa di David Mamet, il gusto pop per il pianeta del crimine di Scorsese e la commedia classica hollywoodiana alla Preston Sturges – il tutto in un delirio di pettinature bouffant, abiti di Diane Von Furstenberg e Alston, su 'greatest hits' di Elton John, Donna Summer e Bee Gees. Russell affida alla prima scena del film – Christian Bale venti chili più pesante che si incolla un orribile, elaboratissimo toupé sulla pelata vistosa – la sua dichiarazione di programma vivere è camouflage, una truffa continua. In realtà il verbo truffare non rende completa giustizia all'inglese 'to hustle', che arricchisce la pratica dell'imbroglio (oltre che di sfumature onomatopeiche che evocano un certo brivido del rischio) di una connotazione quasi esistenziale. Per Irvin Rosenfeld (Bale), in effetti, hustling è uno stile di vita, con cui incrementa i proventi dalla sua catena di lavanderie suburbane. Per la moglie Jennifer (Jennifer Lawrence, fenomenale casalinga erotica e folle) l'unica tecnica di sopravvivenza. Sydney (Amy Adams) lo fa per amore. L'agente Fbi Richie DiMaso (Bradley Cooper, che si fa i riccioli con i bigodini rosa confetto) per manie di grandezza e il sindaco del New Jersey Carmine Polito (Jeremy Renner, con un ciuffo più alto di lui) a fin di bene. Il quadretto è assurdo almeno come il fatto reale che lo ha ispirato: una famosa inchiesta degli anni settanta in cui l'Fbi ricattò un piccolo furfante di Long Island costringendolo ad aiutarli a incastrare dei politici con l'aiuto di due finti sceicchi, impersonati da agenti del Federal Bureau, che millantavano di voler investire nei casinò di Atlantic City. (...) A confronto con il crimine 'white collar', quello operato a Wall Street, che sarebbe emerso (anche al cinema) negli anni ottanta per culminare ai nostri giorni con Bernie Madoff e le banche multinazionali, il microcosmo a delinquere di American Hustle è non solo piacevolmente pittoresco, ma quasi rassicurante. Dotato anche dell'immancabile scena disco (Sydney che seduce il poliziotto come una Cyd Charisse di 'Saturday Night Live') siamo un incrocio tra la commedia criminale alla Married to the Mob e un musical. Autore meno stilisticamente connotato di altri registi della sua generazione (…), O. Russell è interessante per la sua profonda, reale, fascinazione verso le patologie estreme che affida ai suoi personaggi (…). Come molta della produzione indipendente americana contemporanea, il suo è un cinema che privilegia gli attori – standogli quasi addosso con l'obiettivo – rispetto alla forma. E, se American Hustle ha un gusto per l'umanità e l'intrigo della commedia che ricorda quello di Sturges, gli/ci manca l'asciuttezza anche filosofica del regista di The Palm Beach Story. Però questo è un film intelligente, generoso, sexy e molto divertente. Per dirla con Jennifer, irresistibile «come quei profumi in cui si sente anche una traccia di marcio».
Giulia D'Agnolo Vallan, il manifesto, 12/12/2013

Critica (2):Lasciato in inglese (pur con il sottotitolo 'L'apparenza inganna'), il titolo originale American Hustle si potrebbe tradurre con «imbroglio all'americana» oppure «furbata all'americana» perché nell'espressione gergale sono presenti entrambi quei significati: di truffa ma anche di colpo d'ingegno. (...) La storia è vera: è quella del «caso Abscom» che tra il 1978 e il 1981 smascherò un giro di mazzette e legami mafiosi grazie alla collaborazione del truffatore Melvin Weinberg. Ma, come dice una didascalia all'inizio del film solo, «qualcosa di tutto questo è accaduto veramente» e scoprirlo non è neanche la cosa più importante. Perché quello che interessa a David O. Russell (già regista dei notevoli Three Kings, The Fighter e del sopravvalutato Il lato positivo) non è la ricostruzione in chiave realistica (o poliziesca) di un fatto di cronaca quanto, piuttosto, la possibilità di giocare con uno dei sottogeneri più popolari della new Hollywood – il poliziesco con «infiltrazioni» mafiose – per metterne in ridicolo i pilastri portanti, come se una tipica storia da bravi ragazzi «scorsesiani» fosse declinata con i ritmi e le ironie della commedia. Ci mette subito sull'avviso la prima scena, con quel soffermarsi più del necessario sul parrucchino (…): quello non è un «eroe del male» ma neanche il genio della «stangata», è piuttosto un povero cristo finito in un gioco più grande di lui, mentre il regista sembra divertirsi a intralciargli la strada con sempre nuovi problemi. Perché Di Maso non è un «semplice» agente dell'Fbi, ma un megalomane, convinto di essere una specie di super-eroe della Giustizia quando non è neanche capace di tener testa alla madre. Così come a un certo punto lo spettatore scopre che il protagonista ha una moglie (Jennifer Lawrence) che sembra la quintessenza dell'oca giuliva e che non smette un istante di rovinare i piani del marito. Per non parlare del vero colpo da maestro: l'entrata in campo di Robert De Niro nei panni di un boss occhialuto e calvo, cui il film regala una delle gag migliori. Il risultato (dopo una serie di colpi di scena che ribaltano continuamente la situazione, tra scenate di gelosia, tradimenti, minacce mafiose e sogni di carriera) è quello di un film che si reinventa continuamente mentre prova a riflettere su quell'intreccio tra voglia di successo e compiacimento narcisistico (Cooper con i bigodini in testa per arricciarsi i capelli strappa l'applauso) che forse è la chiave più vera per capire l'America che stava elaborando i traumi del Vietnam e del Watergate mentre iniziava a cedere alle chimere dell'«edonismo reaganiano». Il risultato però non sarebbe così riuscito senza la prova superlativa di tutto il cast: Bale calvo e ingrassato è uno spettacolo in sé, Bradley Cooper e Jeremy Renner sanno restituire con un mimetismo stupefacente quel misto di volgarità e ostentazione che è la cifra più nascosta di quel periodo (affascinante e inelegante come i vestiti che indossavano). Ma la mia palma personale va alle due interpreti femminili, una determinata, aggressiva (anche nelle scollature dei suoi vestiti) ma fragile nei suoi sentimenti, l'altra ingenua eppure spavalda nel rivendicare le proprie ragioni, entrambe straordinarie nell'interpretare due ruoli che avrebbero potuto cadere nella macchietta e che invece sanno reggere perfettamente per forza di ironia e di bravura.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 31/12/2013

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