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Essi vivono - They Live


Regia:Carpenter John

Cast e credits:
Soggetto: tratto dal racconto breve Eight O'Clock in the Morning di Ray Nelson; sceneggiatura: Frank Armitage (pseudonimo di John Carpenter); fotografia: Gary B. Kibbe; montaggio: Gib Jaffe, Frank E. Jimenez; musica: John Carpenter, Alan Howarth; suono: Ron Judkins, Tim Webb, Walter Gest; scenografia: Marvin March; costumi: Robert Bush, John Young; interpreti: Roddy Piper (John Nada), Keith David (Frank), Meg Foster (Holly Thompson), Peter Jason (Gilbert), George «Buck» Flower (baraccato), Raymond St. Jacques (predicatore di strada), Jason Robards III (capofamiglia), Wendy Brainard (sua figlia), John Lawrence (uomo con la barba), Susan Barnes (donna dai capelli castani), Sy Richardson (rivoluzionario nero), Lucille Meredith (intervistatrice), Susan Blanchard (ingenua), Norman Alden (caposquadra), Dana Bratton (drogato nero), John F. Goff (cliente ben vestito), Norm Wilson (venditore), Thelma Lee (donna ricca), Stratton Leopold (uomo depresso), Rezza Shan (commesso arabo), Norman Howell (poliziotto biondo), Tom Searle (motociclista), Robert Grasmere (uomo biondo trasandato), Vince Inneo (guardia), Bob Hudson (guardia), Jon Paul Jones (manager), Dennis Michael (speaker del telegiornale), Nancy Cee (speaker del telegiornale), Claudia Stanlee (dirigente), Christine Baur (donna al telefono), Eileen Wesson (segretaria incinta), Gregory Barnett (guardia), Jim Nickerson (guardia), Kerry Rossal (guardia), Cibby Danila (donna nuda), Jeff Imada (demone maschio), Michelle Costello (demone femmina), Larry Franco (il vicino); produzione: Alive Films; distribuzione: Cineteca Griffith; origine: USA, 1988; durata: 95'.

Trama:Un giovane proletario appena arrivato a New York, John Nada, scopre, utilizzando degli strani occhiali scuri trovati all'interno di una chiesa, che molti esseri umani sono in realtà extraterrestri camuffati (che hanno un teschio per volto) che condizionano l'umanità con messaggi pubblicitari subliminali. Mentre molti umani si sono venduti agli occupanti, un piccolo gruppo li combatte disperatamente. Insieme all'operaio nero Frank,conosciuto nel cantiere dove lavora, John si unisce ai partigiani.

Critica (1):«Essi controllano quello che pensate, decidono quello che ascoltate. Pensate che siano gente come voi. Vi sbagliate... hanno belle macchine, hanno i lavori migliori» - dice un prete negro, cieco all'angolo di una strada di Los Angeles. È l'inizio di They Live, l'ultima 'provocazione' di John Carpenter.
Al contrario di tutto il recente cinema hollywoodiano – sempre più perso dietro a personaggi 'professionisti urbani' e ad abitazioni middle-class – Carpenter ambienta il suo film indipendente nella Los Angeles degli homeless, i senzatetto senzalavoro senza nulla, vero sottoproletariato urbano dell'America anni '80. Un prete che sembra farneticare e dei baraccati come protagonisti: che razza di film ha girato il maestro dell'horror?
«Io sono nato come regista indipendente, è una specie di destino o vocazione che dirsi voglia, da cui è impossibile sfuggire» afferma Carpenter, e così dopo Grosso guaio a Chinatown, flop al botteghino e film con atmosfere ironiche più vicino a Indiana Jones che al Carpenter abituale, il 41enne regista del Kentucky ha rotto con le Mayor hollywoodiane, ha rinunciato ai grossi budget per gettarsi alla bell'e meglio su film a basso costo, in collaborazione con il produttore Larry Franco. Ed eccolo quindi realizzare prima il tenebroso Il signore del male, l'horror più inquietante e disperato del 1987, e nell'88 questo Essi vivono, secondo di un gruppo di quattro produzioni da realizzare con la Alive Film.
II contrasto con Hollywood nasceva perché «nella mentalità degli studios c'era una tendenza molto accentuata nel conformarsi alla rappresentazione di una certa middle- class, con situazioni in cui tutto è carino e dove tutti finiscono felici e contenti». Scocciato profondamente di questo stato di cose Carpenter realizza They Live, che appartiene a quel tipo di film improducibili all'interno di una Major.
«Facendo piccoli film indipendenti sono completamente libero: se funziona, bene, se non funziona, bene lo stesso, perché tanto io sono l'unico responsabile e non ci va di mezzo nessun altro...».
Con soli cinque milioni di dollari Carpenter realizza il suo omaggio (aggiornato agli anni ottanta) alla sua tanto amata fantascienza degli anni '50. Ma nel far questo mette in scena il film più dichiaratamente anti-Reagan (e Bush), più violentemente e romanticamente anticapitalistico degli ultimi anni.
Protagonista è John Nada, americanone fiducioso e ottimista che arrivato a Los Angeles trova lavoro in un cantiere e va a vivere in un accampamento di baraccati. Il lento blues 'metronomico' e ossessivo di Carpenter accompagna l'azione, suggerendo una tensione che all'inizio è latente, per palesarsi successivamente con fin troppa evidenza.
C'è una chiesa dove alcuni baraccati si riuniscono, elicotteri della polizia che sorvegliano, casse che vengono trasportate furtivamente... Nada assiste incuriosito ma sempre ben piantato nel suo corpaccione da wrestling (l'attore è Roddy Piper ex lottatore di catch), e non capisce quasi nulla finché una sera la polizia con tanto di ruspe e manganelli assalta e distrugge l'accampamento. Sfuggito all'arresto Nada trova finalmente una delle casse 'ricercate'. Ne trova degli occhiali da sole e tutto sembra davvero assurdo. Ma una volta provati, in pieno centro, per strada, si accorge del loro straordinario potere 'rivelativo': la realtà è in bianco e nero, segnali, pubblicità, giornali, non sono altro che messaggi subliminali che nascondono frasi come: 'obbedisci', 'non pensare', 'sposati e riproduciti', 'guarda la tv', 'no alla libertà di pensiero', ecc... Dulcis in fundo il nostro eroe scopre che una buona parte dei suoi concittadini sono degli alieni, facce da teschi con le orbite fuori dagli occhi. Persino un 'pollentone' e credulone nel mito americano della democrazia come John Nada è scosso da quella visione. Il mondo intero è sotto l'influenza di un potere ipnotico irradiato tramite un'emittente tv dagli extraterrestri, che si nascondono tra uomini d'affari arrivisti, yuppies, dirigenti corrotti, tipi senza fede nè legge, ecc... Nada si pone molte domande: compresa la situazione passa subito all'azione. Carpenter non si preoccupa affatto di passare per un estremista pericoloso e fa dissotterrare l'ascia di guerra al suo protagonista, che inizia una battaglia forsenna ta contro il nemico 'invisibile' ad occhio nudo.
È l'ora della resistenza per Carpenter e Nada si allea con altri per la rivolta partigiana. Poi la polizia distrugge il covo e i due superstiti si introducono nelle viscere dell'emittente tv che controlla i messaggi. Ne distruggono l'antenna e rivelano così a tutti la natura 'aliena' di questi invasori (straordinario il finale con l'alieno a letto 'finalmente' rivelato che chiede alla donna esterrefatta «cosa c'è cara?»).
Insomma siamo di fronte ad un film schematico-politico-anti-yuppies e di 'classe'. I critici americani progressisti hanno però disapprovato il discorso di Carpenter e soprattutto il ricorso alle armi.
Essi vivono ha un gusto sfacciatamente retrò, nostalgico in senso buono, deliziosamente e semlicemente anticapitalista. Come ogni film basso budget che si rispetti è costruito su due-tre idee guida (qui geniali), il resto è racconto (e cinema). La prima idea fondamentale è che la realtà è in bianco e nero, gli alieni l'hanno colorizzata e ipnotizzano il mondo deformando la realtà. L'allusione a Ted Turner, e ai suoi tentativi (falliti perché non accettati dalla gente) di colorizzare i film è fin troppo esplicita. Questa idea degli occhiali che 'rivelano' la realtà viene dal racconto “Eight o'clock in the morning” di Ray Nelson che ha ispirato Carpenter, ed è buffo vedere – dieci anni dopo – le lenti scure dei Blues Brothers restituirci finalmente una 'nuova visione', segno tangibile del bisogno di un cinema meno estetizzante e più ironicamente e testardamente antiestablishment. La seconda idea importante è – come accennavamo all'inizio – nell'aver individuato nel sottoproletariato urbano, nelle fasce marginali e respinte della società, la vera salvezza. Gli alieni si sono nascosti tra la classe media, tra i ricchi, essi sono (per Carpenter) «dei liberi imprenditori dello spazio che sfruttano la terra come un paese del terzo mondo». Gli eroi invece sono sporchi, imperfetti goffi e rozzi, proprio come il film, vero omaggio agli antichi b-movie.
La terza idea fondamentale è la scazzottata centrale tra Nada e il suo complice di colore Frank. John vuole mostrare all'amico la visione nuova delle lenti, ma l'altro si rifiuta di vedere. È l'inizio della più lunga ed estenuante lotta a due degli ultimi trent'anni di cinema. Al limite della parodia è una scena che sembra non finire mai, e colpisce per la sua forza ossesiva. Ricca di una rara energia questa scena mostra una violenza-spettacolo senza compiacimento, come pratica-rimedio per una situazione limite. Il rimando immediato è a Un uomo tranquillo di John Ford, e alla scazzottata tra John Wayne e Victor McLaglen. Ma la persistenza e la ripetitività fino all'assurdo (e alla risata) fanno pensare molto ai meccanismi dei comico (da Laurel e Hardy fino ai cartoons di Wilcoyote).
In bilico tra ortodossie d'altri tempi e un'ironia tutta anni ottanta, They Live nella sua assurda sgangheratezza può servire di lezione a tanti cineasti pieni di tecnica ma completamente vuoti dentro. Per Carpenter l'era reaganiana è una mostruosità ed è il prodotto di extraterrestri che stanno proprio nei posti di potere americani. Anticonformista e marginale per scelta, Carpenter come nel precedente Il signore del male si firma con uno pseudonimo. Qui è Frank Armitage, un personaggio di H.P.Lovecraft. «Le storie di questo scrittore sono tutte ambientate in universi sotterranei. They Live evoca proprio un mondo nascosto, segreto», ha detto il regista. Così con uno scatto di para-realismo evocato dal bianco e nero Carpenter materializza ed esplicita in They Live la progressiva carica sovversiva del genere più politico degli ultimi vent'anni, l'horror (vedere, per sincerarsene, gli ultimi Craven e Romero).
Federico Chiacchiari, Cineforum n.287, 9/1989

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