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Gaucho (Il)


Regia:Risi Dino

Cast e credits:
Soggetto: Ettore Scola, Ruggero Maccari; aiuto regia: Guglielmo Ambrosi; sceneggiatura: Ettore Scola, Ruggero Maccari, Tullio Pinelli, Dino Risi; fotografia (b/n): Alfio Contini (op. Anibal Di Salvo); scenografia e costumi: Ugo Pericoli; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Marcello Malvestiti; fonico: Jorge Castronuovo; interpreti: Vittorio Gassman (Marco Ravicchio), Nino Manfredi (Stefano Liberati), Amedeo Nazzari (ing. Marucchelli), Silvana Pampanini (Luciana), Maria Grazia Buccella (Lorella), Annie Gorassini (Maria), Nando Angelini (direttore compagnia aerea), Guido Gorgati (Gualtiero), Norberto Sanchez Calleja (Cecilio), Nora Carpena (Clara), Aldo Vianello (Carlos), Umberto d'Orsi (Gianni Pertini), Francesco Mulé (Fiorini), Vicky Astori e Nelly Tosolin (due ragazze del night club), Maria Fiore (Maria Ravicchio), Jorgelina Aranda (Italia), Amarita Castro (Conception), Mario Mario (Rodriguez), Nelly Panizza (Ines); produzione: Mario Cecchi Gori per Fair Film (Roma), Clemente Lococo (Buenos Aires); organizzazione generale: Pio Angeletti; direttore di produzione: (in Argentina) Adolfo Glassermmann; distribuzione: Titanus; origine: Italia, 1964; durata: 110'.

Trama:Marco Ravicchio guida una delegazione di cineasti italiani (uno sceneggiatore famelico, due attricette in cerca di pubblicità) al Festival di Mar del Plata a Buenos Aires. Fra piccinerie e provincialismi, c'è l'opportunità di sfruttare l'ingegner Martucchetti, un facoltoso emigrato italiano che ha fatto della nostalgia il suo hobby preferito, ma alla richiesta di denaro risponderà solo con belle parole...

Critica (1):«Il Gaucho era un po' un pretesto per andare a fare una vacanza in Argentina. Ero stato lì l'anno prima al festival di Buenos Aires con I mostri, e avevo anche degli amici là. Anche a Gassman piaceva l'idea perché aveva avuto molto successo come attore a Buenos Aires e in generale nell'America Latina: c'erano addirittura due o tre locali intitolati "Il sorpasso"... Così ci siamo chiesti cosa si poteva fare: la storia d un gruppo di italiani, cinematografari, un film sul film. La cosa migliore del film è il rapporto con Manfredi, il povero emigrato, e anche il personaggio di Nazzari. Quello di Gassman invece era sfocato e di maniera».
Lorenzo Codelli, Intervista a Dino Risi in Positif n. 142 sett. 1972

Critica (2):[...] In Argentina il film andò male, gli emigrati italiani si incazzarono moltissimo per il film! Eppure personaggi come quello di Nazzari li si incontrava continuamente, e li si incontra tuttora, così come quello di Manfredi. Il personaggio di Manfredi lo abbiamo inventato lì: perché lui stava a Buenos Aires con la compagnia del Rugantino. Il personaggio di questo emigrato fallito lo copiai su quello di un mio cugino che stava appunto a Buenos Aires, finito lì alla Boca, senza una lira. Anzi, il suo unico vestito glielo feci prestare a Manfredi per il film! C'erano cose molto indovinate, credo.
Dino Risi in L'avventurosa storia del cinema italiano1960-69 a cura di F. Faldini e G. Fofi

Critica (3):Si è già rilevato altre volte (recensendo via via su queste pagine Il sorpasso, Il giovedì, I mostri) come Dino Risi abbia trovato la sua strada più congeniale in una comicità dai risvolti amari capace di far scaturire dall'interno dei personaggi, attraverso una sorta di confessione che lacera le apparenze e spegne la risata in una smorfia dolorosa, gli elementi critici propri della commedia di costume. D'altra parte si è anche osservato come i risultati di tale atteggiamento siano in gran parte affidati al difficilissimo equilibrio fra il comico e il drammatico, equilibrio che non sempre il regista riesce a mantenere, a causa della sua inclinazione verso gli espedienti spettacolari di più facile presa sul pubblico. Il gaucho è una conferma del dualismo sempre presente nell'opera di Risi, dualismo che qui arriva ad un netto e stridente contrasto di toni, fin quasi a configurare due film in uno o, quanto meno, facendo sentire in modo particolarmente evidente il peso della, mancata armonizzazione fra i due aspetti di fondo della posizione del regista di fronte alla realtà rappresentata. Nella prima parte, infatti il film si affida quasi esclusivamente ad una girandola di battute e di situazioni superficiali, che gli imprimono un ritmo farsesco di carattere prevalentemente verbale Siamo di fronte al solito personaggio del velleitario fallito, estroverso, egoista e giovialone che Vittorio Gassman ha ormai cristallizzato in un vero e proprio clichè . Qui veste i panni di un public-relation che guida la delegazione italiana ad un festival argentino, ma la variazione esteriore non ne muta la sostanza, che resta affidata ad una aggressività esteriore inversamente proporzionale all'intima debolezza. La sua spregiudicatezza a fior di pelle - non di rado sconfinante nella pura e semplice volgarità - e le effervescenze stesse della parlata romanesca costituiscono, in sostanza, l'unica materia della vicenda, che risulta una specie di collage di occasioni offerte al personaggio perché possa dar fondo a queste sue "doti". Il gioco, in un primo tempo, riesce ad avere una sua presa epidermica sullo spettatore, trascinandolo in una sorta di divertita complicità con il protagonista, ma alla lunga, anche dal punto di vista puramente effettistico, finisce per mostrare la corda, provocando un senso di saturazione e di stanchezza. A questo punto si fa avanti l'altro aspetto del film, quello amaro: il protagonista incontra un amico emigrato da tempo in Argentina, al quale sperava di spillar quattrini, e scopre che questi è più in cattive acque di lui; il miliardario italiano che aveva accolto i compatrioti con rumorose manifestazioni di affetto, rivela via via una totale insensibilità ai loro problemi e finisce col far apparire chiaramente come la sua nostalgia "patriottica " si riduca ad un hobby del tutto privo di reali ragioni di solidarietà; la matura attrice (una Silvana Pampanini piuttosto brava e di spirito nell'ironizzare spietatamente sulla propria decadenza di diva) che si era aggregata al gruppo sperando di accalappiare un suo vecchio spasimante locale riesce solo a bruciarsi, una volta di più in una meschina avventura. Facendo affiorare questi drammi dal quadro festoso delle accoglienze tributate alla delegazione italiana e delle "piacevoli" avventure offerte ai suoi componenti, il film riesce a toccare corde più profonde, soprattutto per merito dell'ottimo Manfredi (L'emigrato che non ha fatto fortuna), della già citata Pampanini e, a tratti di un Amedeo Nazzari che riesce ad aprire qualche significativo spiraglio sull'egoistica indifferenza di cui si sostanzia la retorica nazionalistica del miliardario italo-argentino. Nel delineare tali personaggi, Dino Risi giunge indubbiamente ad apprezzabili approfondimenti, che valgono anche a porre in diversa luce l'intera situazione, fornendo un'interessante variazione di quella demistificazione del "boom" economico che dava significato a Il sorpasso e prospettando in termini originali il tema dell'italiano all'estero.
Sandro Zambetti, Cineforum n. 40 dicembre. 1964

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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