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Tutte le mattine del mondo - Tous les matins du monde


Regia:Coreau Alain

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo omonimo di Pascal Quignard. Sceneggiatura: Pascal Quignard. Alain Corneau; fotografia: Yues Angelo; musica: Jordi Savall (direzione ed esecuzione); brani di Sainte-Colombe. Marin Marais. JeanBaptiste Lully François Coperin. Jordi Saval; montaggio: Marie - Josephe -Yoyotte. Scenografia: Bernard Vezat; costumi: Corinne Jorry; suono: Pierre Gamet, Pierre Verany, Gérard Lamps, Anna Le Capion; interpreti: Jeans-Pierre Mariella (Sannite-Colombe), Gerard Depardieu (Marron Marosi). ANne Brochet (Madeleine), Guillaume Depadieu (Martin Marosi giovane), Caroline Sihol (M. me de Sannite-Colombe), Carole Rechert (Toinette). Violaine Lacroix (Madeleine bambina), Nadege Teron (Toinette bambina), Myriam Boyer (Guignotte). Yves Gase (Caignet), Jean-Claude Dreyfus (abate Mathieu), Yves Lambrecht (Chamnniéres). Michel Bouquet (Baugin), Jeans-Marie Poirier (Monsieur de Bures); produzione: Jeans- Luis Livi. per Film par Film / Divali Film / D.D. Prods. / Sedif / FR3 Films / Paravision Intel. / CNC / CanalPuls; distribuzione: Academy; origine: Francia, 1991; durata: 114'.

Trama:Storia dei tormentati rapporti tra l'austero e schivo Sieur de Sainte-Colombe, compositore e virtuoso della viola da gamba, vissuto nella seconda metà del Seicento, e Marin Marais (1656-1728), suo allievo e musicista di successo a corte, ma anche delle due figlie di Sainte-Colombe, la maggiore delle quali, sedotta da Marais, si ammala e si uccide.

Critica (1):Dopo il bel Notturno indiano (dal romanzo - trappola del nostro Tabucchi , incentrato sui temi del doppio e della ricerca dell'altro - che -è - in - sè), Corneau ci prende gusto con le atmosfere delcinema d'autore, travasando negli scenari abbastanza inediti della Francia alla seconda metà del Seicento l'antica passione per la musica barocca e gli umori di un pessimismo solidamente coltivato anche negli anni del noir (Polite Pvhon 357, La minaccia, Il fascino del delitto e Codice d'onore; tre dei quali, non a caso, con quel campione di tristezza virile che sapeva essere Yves Montand). Tema in apparenza, di Tutte le mattine del mondo sembra essere la perfezione musicale (e il gusto e la maestria con cui Jodi Savall orchestra musicalmente il film, recuperando le partiture autentiche dell'epoca, non farebbero che confermare l'assunto). Ma il prezzo che SainteColombe va pagando per giungere a quella perfezione compresa e fatta propria da Marin Marais solo in tarda età, dopo essersi lasciato sedurre dalle tentazioni mondane, è altissimo: diciamo il completo isolamento e distacco dal mondo. Per cui il tema della perfezione musicale finisce per rovesciarsi nel suo esatto contrario: l'assoluta imperfezione umana." Signore, voi potrete fare della musica ma non sarete mai musicista" tuona Sainte- Colombe nei riguardi del pur dotato Marais il giorno del provino, quando quest'ultimo bussa alla porta del maestro per apprendere la sua arte, umile allievo. Ma che dire di un musicista la cui unica "passione" é costituita dalle fugaci e fantomatiche apparizioni di uno spettro, il fantasma sia pure benigno della bella moglie scomparsa da tempo? Il giansenismo, fede del rigore etico ad oltranza in una società già bellamente protesa verso i fasti frivoli del Settecento (fasti che pure non impediranno a quest'ultimo secolo di fondare la modernità sotto qualsivoglia profilo: scientifico, politico, filosofico ecc.), è certamente soltanto la superficie ideologica dell'isolamento di Sainte-Colombe. Le sue pulsioni, d'altra parte, sono così mortifere da ottundere persino ciò che in altri (nelle figlie, ad esempio) è puro instinto, una voglia di vivere che non ha bisogno certo di ulteriori giustificazioni odi ragioni specifiche. Eppure, è esattamente nel freddo e abbandonato capanno dove Sainte-Colombe ama rifugiarsi, solitario più che mai, con l'unica compagnia della spettrale consorte, che egli compone i suoi capolavori, a cominciare da quel "Fombeau des Regrets" che è insieme programma, dichiarazione di intenti e di risultanze. C'è forse nell'arte una bellezza che ha a che fare soltanto con la morte? L'interrogativo non è di oggi e vanta tanti di quei precedenti illustri da far impallidire, se possibile, persino il già pallido Sainte-Colombe. Che ha comunque ragione quando mette in guardia il giovane allievo circa la precarità del suo proprio talento. Quest'ultimo, infatti, gli potrà consentire di intrattenere il re e la sua corte, di far crepare d'invidia i colleghi altrettanto ambiziosi ma meno dotati, di aver successo, far fortuna e vivere l'agiatezza. Ma non gli eviterà quel senso di perenne insoddisfazione, diciamo pure di frustrazione, che coglie l'artista quando costui avverte i limiti invalicabili della propria opera. Sul piano dei risvolti sentimentali, poi,l'insensibilità del giovane Marin nei riguardi di Madeleine, dopo averla lusingata e sedotta, non è certo meno colpevole dell’ardita di Sainte-Colombe, l’uno all’altro incapaci di amare con simmetrica indifferenza. La forma di Tutte le mattine del mondo é quella del luogo flash-back. Non può non ricordare, dunque. l'Amadeus di Forman, parimenti giocato sulle memorie con cui un anziano musicista. Ricorda l'esistenza di un altro musicista. Ma fra Marais e Salieri da un lato, Sainte-Colombe e Mozart dall'altro, le analogie finiscono dove cominciano. E ciò vale anche per il film di Corneau rispetto a quello di Forman. La spettacolarità di Tutte le mattine del inondo non è certo narrativa, frutto di particolari accadimenti o di trovate più o meno estemporanee, e d'altra parte Sainte-Colombe e lo stesso Marais non offrono certo l'inventario esistenziale a forti tinte offerto dal buon Mozart. Qui tutto è interiorizzato nello sguardo ora minaccioso, ora assente di Jean-Pierre Marielle (che è lo spigoloso Sainte-Colombe), in quello dapprima esuberante (Guilaume Depardieu) e poi smarrito (Gérard Depardieu) di Marin Marais, mentre gli occhi della brava Anne Brochet (Madeleine) non possono far altro che rimproverare la cecità degli uomini (il padre e poi l'amante). In Francia, pluripremiato ai Césars, il film è inaspettatamente finito fra i campioni di incasso. Qui da noi si sta facendo vedere, pur senza strabiliare. Un buon film medio d'autore, ammesso che le due categorie del film d'autore - inconciliabili un tempo-possono convivere. Noi crediamo di sì, almeno presso registi come Alain Corneau, già capace in passato di altre conciliazioni: la rivisitazione del noir in contesti filmici non meramente di genere.
Roberto Ellero, segno cinema n. 55, maggio-giugno 1992

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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