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Banda Baader Meinhof (La) - Baader Meinhof Komplex (Der )


Regia:Edel Uli

Cast e credits:
Soggetto: dal libro-Inchiesta "Der Baader-Meinhof Komplex" del giornalista Stefan Aust; sceneggiatura: Bernd Eichinger, Uli Edel; fotografia: Rainer Klausmann; musiche: Florian Tessloff, Peter Hinderthür; montaggio: Alexander Berner; scenografia: Bernd Lepel; arredamento: Johannes Wild; costumi: Birgit Missal; effetti: Die Nefzers; interpreti: Martina Gedeck (Ulrike Meinhof), Moritz Bleibtreu (Andreas Baader), Johanna Wokalek (Gudrun Ensslin), Bruno Ganz (Horst Herold), Jan Josef Liefers (Peter Homann), Alexandra Maria Lara (Petra Schelm), Heino Ferch (Dietrich Koch, assistente di Horst Herold), Nadja Uhl (Brigitte Mohnhaupt), Hannah Herzsprung (Susanne Albrecht), Niels Bruno Schmidt (Jan-Carl Raspe), Stipe Erceg (Holger Meins), Bernd Stegemann (Hanns Martin Schleyer), Sebastian Blomberg (Rudi Duschke), Tom Schilling (Josef Bachmann), Katharina Wackernagel (Astrid Proll), Hans-Werner Meyer (Klaus-Peter Röhl); produzione: Constantin Film Produktion-Nouvelles Editions De Films- G.T.Film Production; distribuzione: Bim; origine: Germania, 2008; durata: 149’.

Trama:Germania occidentale, anni '70. Una serie di attacchi terroristici, dirottamenti aerei, rapimenti e assassinii sconvolgono il mondo politico e l'opinione pubblica tedesca. A rivendicare tali atti saranno i membri della RAF (Rote Armee Fraktion), movimento dell'estrema sinistra propugnatore della la lotta armata, fondato e guidato da Andreas Baader, Ulrike Meinhof e Gudrun Ensslin. Arrestati e incarcerati, i capi e alcuni membri del movimento moriranno in prigione nel 1977, apparentemente per suicidio, lasciando aperta una delle pagine più tragiche e misteriose della Germania post-nazista.

Critica (1):Il regista tedesco Uli Edel risolleva il velo su una stagione tragica della Germania occidentale. Nel film "La banda Baader Meinhof", presentato fuori concorso al Festival di Roma e dal 31 ottobre nelle sale italiane, ripercorre dieci anni di storia della RAF, l’organizzazione terroristica di estrema sinistra fondata nel 1970 da Andreas Baader e Ulrike Meinhof. Correndo però a volte il rischio di raffigurare i leader della lotta armata come degli eroi.
Il film prende il via nel 1968, con i primi movimenti studenteschi contro gli Stati Uniti e la guerra in Vietnam, e finisce con il suicidio in carcere dei due leader del movimento che nel ’70 scelse la strada terroristica. I figli della generazione vissuta sotto il nazismo temevano l’imperialismo Usa, protestavano contro Israele, manifestavano come i coetanei francesi e i neri americani. Fino a quando una fazione più radicale, guidata da Andreas Baader (Moritz Bleibtreu), Ulrike Meinhof (Martina Gedeck) e Gudrun Ensslin (Johanna Wokalek), entrò in clandestinità e scelse la strada della violenza «contro l’oppressione e la violenza in tutto il mondo». Portarono a termine attacchi contro obiettivi americani, centrali di polizia, sedi dei giornali.
Nel ’72 la polizia tedesca riuscì a catturarli, ma mentre i tre erano in carcere nuovi adepti erano pronti ad arruolarsi. In un disperato e ormai incontrollato colpo di coda della lotta armata che culminò con il dirottamento di un aereo della Lufthansa nell’ottobre del ’77. Il film scritto dal produttore e sceneggiatore Bernd Eichinger in Germania sta riscuotendo molto successo e ovviamente ha riaperto il dibattito su quel decennio. «Sia io che Eichinger siamo stati protagonisti e osservatori di quella stagione, volevamo metterla in scena come l’abbiamo vissuto noi. - ha spiegato il regista a Roma - Ben consapevoli che all’inizio quei personaggi rivoluzionari esercitavano un certo fascino su di noi, ma che ad un certo punto tutto mutò e si trasformò in orrore».
La pellicola insegue gli eventi con un ritmo serrato, con dialoghi continui e una regia fluida, attenta a non schierarsi dalla parte dei protagonisti, anche se a volte questi somigliano a degli eroi positivi: affascinanti, coraggiosi, idealisti. «Per essere il più possibile obiettivi abbiamo fatto un lavoro accuratissimo di ricerca storica, letto testimonianze e rivisto materiale video. - si difende Eichinger - È chiaro che quei protagonisti avevano, e in parte hanno ancora, un certo fascino. Avevano costruito un mito attorno a loro, si sa che volevano dei cambiamenti ma individuarono il mezzo sbagliato e si distrussero da soli. È normale che oggi il film venga percepito in maniera controversa». Regista e sceneggiatore sono stati accusati dalla sinistra tedesca di «aver affondato il movimento rivoluzionario» o di «aver denunciato i propri amici», ma la loro maggior soddisfazione è di aver riaperto un dibattito pubblico perchè «confrontarsi serve sempre a fare chiarezza».
La Stampa, 24/10/2008

Critica (2):La banda Baader-Meinhorf invece esce per la Bim e ha il marchio di Bernd Eichinger, il più potente produttore tedesco passato dal nuovo cinema dei settanta ai fumetti Marvel e successi internazionale con titoli come La caduta e Profumo.
È lui che ha scritto la sceneggiatura partendo dalla bibbia sull'argomento, "Der Baader Meinhof Komplex" di Stefan Aust, memoria storica di quegli anni, già animatore della rivista di sinistra Konkret. L'argomento è di quelli che scatena vespai. Anche i tedeschi non sono ancora pacificati. Ci sono stati film a caldo - Germania in autunno, Anni di piombo, La terza generazione di Fassbinder – altri sul riflusso (Il silenzio dopo lo sparo), mai una trattazione completa su quel gruppo a suo modo leggendario.
Con un budget record, i migliori attori tedeschi e il regista Uli Edel (I ragazzi dello zoo di Berlino), ormai adottato dalla tv Usa, il film è diventato un'opera generazionale. Non sarà forse una pietra miliare ma accumula particolari e suggestioni che ne fanno un affresco verosimile, accurato e tuttavia fruibile per un pubblico di neofiti. Ne saprete di più senza capire da che parte volete stare. Si astengano filologi e pedanti.
Già uscito tra mille polemiche in patria (ma ha staccato 10 milioni di biglietti), perchè ciascuno voleva una sfumatura diversa o trovava errori "clamorosi", è stato accolto in sala stampa al Festival senza clamore ma con l'interesse e le prudenze che l'argomento merita. Di sicuro, a rischio di essere pedissequi, i realizzatori si sono attenuti solo a fatti certificati tentando di anestetizzare opinioni, nostalgie, le proprie appartenenze ideologiche (tra l'altro tutte a sinistra).
La storia inizia a fine sessanta: i giovani tutti in piazza, vogliono rivoltare la società. Pubblico e privato, liberazione sessuale e politica internazionale, Vietnam e Martin Luther King, tutto infiamma, gli animi sono in subbuglio. In Germania ancora si fanno i conti con le recenti ferite: nazisti rimasti praticamente al loro posto, rivendicazioni popolari che i socialdemocratici al governo accolgono con timidezza, sindacati pian piano messi nell'angolo per la teoria di non avallare mai gli opposti estremismi. E campagne stampa reazionarie individuate nell'editore Pringer.
C'è un clima di repressione strisciante. All'epoca Ulrike Meinhorf (Martina Gedeck) è una giornalista progressista benestante, conosciuta, sposata e con due figlie. Andreas Baader (Moritz Bleibtreu) e Gudrum Esslin (Johanna Wokalek) una giovane coppia radicale che vive in una comune: lui è sanguigno, istintivo, politicamente acerbo, lei invece decisa e carismatica. Quando Baader viene arrestato per una vecchia azione dimostrativa poi risolta dandosi clandestino, le due organizzano la sua evasione. Quel 14 maggio 1970 l'uccisione di una guardia giurata è il battesimo di fuoco della Raf: sarà il salto fisico (da una finestra) e simbolico nella lotta armata.
Seguiranno addestramenti in Giordania con nuclei di Al Fatah, e poi rapine di autofinanziamento, comunicati anti-imperialisti, scontri a fuoco. Già nel '72 la polizia (il capo, furbo e attendista è interpretato da Bruno Ganz), con un'azione senza precedenti e qualche fortuna, li arresta tutti. Diventano subito personaggi pubblici che rasentano la leggenda, con manifestazioni pro e contro (furono milioni i simpatizzanti e tantissimi i fiancheggiatori della Raf all'apice): alcuni di loro si lasciano morire di fame per protestare contro il regime carcerario inumano, altri vengono "suicidati". I tre capi storici affrontano il lungo processo in una sfida continua al sistema dello Stato. Nuovi affiliati tentano azioni clamorose, con un dirottamento aereo o il rapimento e l'uccisione del presidente degli industriali. Falliscono miseramente. Inizia la Meinhorf nel '76, la più provata dall'isolamento carcerario. Poi nel '77, ad un unico cenno, tutti gli altri si tolgono la vota nella loro cella.
Pasquale Colizzi, L’Unità, 25/10/2008

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