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Senza pietà


Regia:Lattuada Alberto

Cast e credits:
Soggetto: Tullio Pinelli, Federico Fellini (da un'idea di Ettore Maria Margadonna); sceneggiatura: Tullio Pinelli, Federico Fellini, Alberto Lattuada; fotografia: Aldo Tonti; ambientazione e costumi: Piero Gherardi; musica: Nino Rota; montaggio: Mario Bonotti; interpreti: Carla Del Poggio (Angela Borghi), John Kitzmiller (Jerry Jackson), Pierre Claudé (Pierluigi), Giulietta Masina (Marcella), Folco lulli (Giacomo), Lando Muzio (il capitano sudamericano), Daniel Jones (Richard), Carlo Bianco (il barone Hoffman), Enza Giovine (suor Gertrude), Romano Villi, Mario Perrone (banditi), Joseph Falletta (un americano), Max Lancia, Armando Libianchi, Otello Fava e la sua orchestra; produzione: Carlo Ponti per Lux Film (Roma); distribuzione: C. Nazionale; durata: 94'; anno: 1948.

Trama:
Ragazza-madre che ha partorito un figlio morto dopo 12 giorni, Angela scappa da un istituto religioso per andare in provincia di Livorno in cerca di un fratellino e diventa l'amante di Jerry, sergente nero USA. L'aspetta una fine luttuosa: uccisa all'alba, in uno scontro a fuoco, facendo scudo all'amato che ne carica il cadavere sul camioncino nel suo ultimo viaggio.

Critica (1):Sovente, nell'uscire dalla Prima Visione di un film, l'autore o gli autori del copione hanno sulle labbra quel misterioso e non impegnativo sorriso, che appena il regista si é allontanato, si traduce in queste eccitate e categoriche dichiarazioni: "La sceneggiatura era meravigliosa. Il regista é un cretino. Ha rovinato tutto! ". Per noi non é stato così: siamo usciti dalla Prima Visione di Senza Pietà particolarmente soddisfatti, poiché il film ci é parso la fedelissima ed intelligente traduzione di tutto ciò che avevamo visto, immaginato e scritto. Lattuada ha perfettamente capito e perfettamente reso; e gliene siamo grati, perché questo nostro lavoro rappresenta per noi una delle esperienze più singolari e vive. Nella zona di Livorno s'era creata una situazione così romanzescamente inverosimile che la realtà superava, di solito, le invenzioni dei giornalisti più fantasiosi in cerca di "pezzi a sensazione". Partimmo alla scoperta di questo incredibile mondo, dal nome particolarmente suggestivo e misterioso "Tombolo"... e i protagonisti e le loro vicende nacquero spontaneamente da tutto ciò che avevamo visto e vissuto giorno per giorno in quell'ambiente straordinario. Questa completa aderenza della nostra invenzione con la realtà di quel mondo, ci divertì e non cercammo altro. Inutile quindi domandarci le "intenzioni" di questo nostro lavoro e se poi, a cose fatte, il film avrà assunto anche un significato polemico, sarà polemica nel senso migliore, appunto perché non é stata cercata di proposito. In ogni caso, non sarebbe mai quel genere di polemica di cui potrebbe accusarci il perdurante farisaismo nazionalistico. Non avremmo proprio niente altro da aggiungere tranne che qualche parola sulla felicissima scelta degli attori, i quali da Carla del Poggio a John Kitzmiller, da Giulietta Masina a Pierre Claudé (i due nuovi espressivi volti di questo film), da FolcoLulli a Lando Muzio a tutti gli altri professionisti o improvvisati, hanno dato corpo ad una straordinaria aderenza e verità ai nostri personaggi e alle loro avventure. Insomma, é un bel film, indubbiamente il migliore tra i cinque pur notevoli films che Alberto Lattuada conta al suo attivo.

Federico Fellini e Tullio Pinelli, Almanacco del Cinema italiano, 1948

Critica (2):Tutto il racconto risente di questa duplice referenzialità che presiede allo svolgimento del film sin dall'inizio della lavorazione: la missione degli sceneggiatori: "studiare" Tombolo, l'installarsi della troupe all'interno della zona militare, l'utilizzazione degli ambienti naturali (la spiaggia, il porto di Livorno) e delle strutture già esistenti (il carcere militare), la messa in scena di personaggi ed avvenimenti che agiscono e accadono "realmente" a pochi metri di distanza dal luogo delle riprese (come la sparatoria che apre il film). Tutto questo sfuma i contorni tra la realtà e la finzione, propone coincidenze e sovrapposizioni fra spettacolo ed evento, racconta una storia non solo possibile, ma già avvenuta. Il film é una riflessione sull'attualità, ma su una attualità schematizzata, stilizzata, innalzata a paradigma: il simbolismo di Senza Pietà nasce dall'aver articolato inizialmente il processo narrativo sul territorio della cronaca, dall'aver seguito, studiato e riprodotto il reale e dall'essersene poi distaccato per assolutizzare i termini e destoricizzare il contesto. Edoardo Bruno ha messo in luce questo aspetto centrale del film: "[...] il valore della proposta kafkiana di questo universo livido, dove uomini deboli, violenti, impotenti costituiscono l'unica realtà intravista come attraverso una nostalgia del vero, é nella struttura stessa di una storia che si distacca dal "genere" per divenire simbolo. Se all'inizio l'interesse principale sembra esaurirsi nella ricerca espressiva di ambiente [... ], poi la "favola" cambia prospettiva, lascia alle spalle l'esigenza di una denuncia immediata, diretta, per cogliere l'ambiguità dei comportamenti una dimensione più vera, stilisticamente parlando. Angela e Jerry - la ragazza italiana e il disertore negro - si propongono come simbolo di una situazione necessaria, senza via di uscita, si dimensionano in un universo tagliato fuori dalle regole abituali, in una scena che ripropone in sintesi la violenza, l'odio, l'amore come rappresentazione assoluta, dove tragedia e grottesco si attraggono, si assolutizzano. Tutto diviene come lontano, assurdo, nostalgia di una verità dileguata.
La progressione implacabile degli avvenimenti, il coinvolgimento dei protagonisti in un meccanismo inesorabile, l'impossibilità di una soluzione e la conclusione drammatica non risparmiano severe critiche al film in un momento in cui la "speranza" é una delle cifre del cinema neorealista. Ma il giudizio negativo dei recensori italiani é controbilanciato dal favore con cui i francesi accolgono i film, scoprendovi non solo la struttura della tragedia classica (Jean-Charles Tacchella) e la lezione ritmica del cinema americano, ma anche i richiami illustri alla tematica di Sternberg e Carné (Raymond Barkan). La sorte di Senza Pietà sarà quella di tanti altri film di Lattuada, a cui uno studio attento ai valori strutturali e formali riconsegnerà, col passare degli anni, il loro giusto valore "storico".

Claudio Camerini Alberto Lattuada, La Nuova Italia, Firenze 1981

Critica (3):

Critica (4):
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