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Nemico - Un Breviario Partigiano (Il)


Regia:Spinetti Federico

Cast e credits:
Soggetto: Federico Spinetti; sceneggiatura: Federico Spinetti; musiche: Post Csi; montaggio: Alberto Valtellina, Federico Spinetti; fotografia: Andrea Zanoli; suono: Duccio Servi; interpreti: Massimo Zamboni, Angela Baraldi, Giorgio Canali, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Simone Filippi, Massimo Storchi, Caterina Zamboni, Giovanni Lindo Ferretti, Mirco Zanoni, Daniela Algeri, Emanuele Reverberi, Cristiano Roversi, Erik Montanari, Danilo Fatur;
produzione: Lab 80 film; distribuzione: Lab 80 film; origine: Italia, 2015; durata: 80'.

Trama:Una produzione Lab 80 film con la collaborazione e la partecipazione del gruppo Post CSI. Quanto è stereotipata, quanto è viva la parola “partigiano”? Massimo Zamboni, chitarrista e co-fondatore dei CSI, a quindici anni dallo scioglimento della storica band post-punk italiana vorrebbe riunire i membri attorno a un nuovo progetto sul tema partigiano, condividendo pensieri e canzoni. Non una “reunion”, forse un nuovo inizio. Su proposta del regista Federico Spinetti (Zurkhaneh - La casa della forza, 2011) i componenti del gruppo, Massimo Zamboni, Giorgio Canali, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli con la cantante Angela Baraldi, si incontrano nella splendida cornice del teatro di Gualtieri. Massimo propone un testo da mettere in musica: “Il nemico”. Il film intreccia l’elaborazione musicale con la storia personale di Massimo Zamboni, tragicamente segnata da uno sparo. Un film musicale sulla Resistenza e le sue rappresentazioni.

Critica (1):Il Nemico – Un Breviario partigiano mostra parole, riflessioni, storia, musica viscerale e personaggi veri, e lo si gusta in modi diversi se si parte da differenti prospettive.
Si può essere fan dei CCCP (e/o dei CSI, e/o dei Post CSI): e allora ci si accinge a sentire musica, a pendere dalle labbra degli artisti e delle loro "programmatiche" dichiarazioni, a vederli suonare ma soprattutto interagire; e allora si finisce la visione soddisfatti.
Oppure si può essere interessati in particolare alla storia della Resistenza: e allora si ascoltano racconti di partigiani, di fascisti, si vedono monumenti ai caduti (coinvolgente lo sguardo su quello di Reggio Emilia, dal quale le serie di piccole foto osservano instancabili il passante, e sono le foto di Folgore, Lampo, Fifa, nomi di battaglia di ragazzi che – si commenta – ci sarebbe da chiedersi se sapessero di combattere “per la libertà e l’indipendenza del popolo italiano”), si entra a casa dei fratelli Cervi (antifascisti), si ascoltano storici approfondire il concetto di eredità fascista e di alibi; e allora si finisce la visione soddisfatti.
Infine ci si può avvicinare al documentario senza aspettative, senza attese, senza interessi particolari: e allora ci si sente accompagnati in un caleidoscopio, dove l’integrità del pensiero si sviluppa in mille rivi (la scrittura, la musica, l’approfondimento storico, le ideologie, il contesto naturale, l’eredità familiare e nazionale) mantenendo la sua forza sia in solitudine sia nel confronto, nel trascorrere tra le brume e le colline di Reggio Emilia; e allora si riceve comunque qualcosa.
Partendo da un campo strettissimo su Massimo Zamboni (co-fondatore dei CCCP/CSI/Post CSI), colto a concludere la stesura del libro nel quale racconta la storia di suo nonno, la camera segue le sue riflessioni e lentamente raggiunge il gruppo, nella formazione che oggi prende il nome di Post CSI: Massimo Zamboni – appunto –, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Angela Baraldi. L’occasione è un vero evento: dare vita a nuovi brani per mettersi alla prova e dimostrare, vent’anni dopo l’uscita di “Materiale resistente 1945-1995”, una immutata “resistenza”. "Resistere è: insistere di esistere", è lo slogan di questa nuova esperienza, e il nocciolo è tutto qui.
Naturalmente non mancano sprazzi di ricordi (nelle parole, nello sfogliare dischi e fotografie, nell’accostare – a volte – le immagini di concerti passati a quelli recenti) ma tutti funzionali a trovare una continuità nel rinnovarsi, non di guardare indietro.
Tre i momenti magici, e sono tutti musicali: il vagare inquieto della camera tra i palchi e i corridoi fatiscenti del magnifico Teatro sociale di Gualtieri (vero gioiello, scelto come sala prove ma parte in causa nel creare l'atmosfera perfetta) sulle note di "Vorremmo Esserci"; il momento creativo al quale assistiamo (privilegio!) seguendo la sessione di prova di una delle nuove canzoni, "Il Nemico", durante la quale viene “creata” l’elaborazione musicale del testo; la magnifica ed intensa esecuzione finale.
Chi è il “nemico”? Chiunque. Basta averlo per potersi cimentare.
Sara Galignano, cinemaitaliano.it, 16/5/2015

Critica (2):Un breviario partigiano. Questo il sottotitolo per un documentario che ha il sapore del memoriale intimo e, allo stesso tempo, di uno scavo filmico che si arricchisce della volontà di rievocare l’esperienza tragica della resistenza partigiana durante il secondo conflitto mondiale. Tutto ruota intorno alla figura allampanata e occhialuta di Massimo Zamboni, chitarrista dello storico gruppo punk-rock italiano dei CCCP (divenuti poi, in seguito alla caduta del Muro, i CSI).
Evento centrale, per Zamboni, è la scoperta della verità sul nonno materno, fascista ucciso dai partigiani nel 1944: la riflessione sul passato familiare diviene dunque occasione per ampliare lo sguardo sui valori e sulla memoria della Resistenza, sul significato che essa ancora può rivestire per le generazioni contemporanee, alla luce di oltre mezzo secolo di profondi mutamenti sociali e culturali della nazione italiana.
Il regista Federico Spinetti adotta un approccio umile, quasi dimesso, prudentemente al servizio del Zamboni narratore e dei suoi vecchi compagni musicisti tornati dopo anni a suonare insieme proprio per la realizzazione di questo film (Giovanni Lindo Ferretti escluso).
Il rischio dell’operazione-nostalgia è innegabilmente in agguato, soprattutto per chi ebbe modo di seguire i CCCP nel loro fulminante percorso artistico composto di furia punk e passione esistenziale prima ancora che politica. C’è da dire, tuttavia, che il tono e le riflessioni sollevate su di un momento fondante della nostra storia recente (toccante il segmento dedicato alle foto dei partigiani caduti e ai loro nomi di battaglia), scongiurano il rischio di un’opera spaccata a metà fra differenti percorsi narrativi.
Infine, lo spettatore cinematograficamente più avvertito, può “annusare” nell’aria umida, nella foschia della campagna emiliana, echi lontani del Novecento di Bertolucci. E non è poco.
Gianfrancesco Iacono, La Rivista del cinematografo, cinematografo.it

Critica (3):

Critica (4):
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