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Uomo fiammifero (L')


Regia:Chiarini Marco

Cast e credits:
Soggetto: Marco Chiarini, Giovanni de Feo; sceneggiatura: Marco Chiarini, Giovanni de Feo, Pietro Albino Di Pasquale; fotografia: Pierluigi Piredda; musiche: Enrico Melozzi; montaggio: Lorenzo Loi, Marco Chiarini; scenografia: Michele Modaferri; costumi: Chiara Ferrantini; effetti: Ermanno Di Nicola; interpreti: Francesco Pannofino (il padre), Marco Leonzi (Simone), Greta Castagna (Lorenza), Davide Curioso (Rubino), Tania Innamorati (la mamma), Matteo Lupi (Giulio Buio), Anastasia Di Giuseppe (Dina Lampa), Daniele De Fabiis (Armando Armadio), Armando Castagna (Ocram), Giuseppe Mattu (Zio Disco), Franco Di Sante (Mani Grandi), Daniele Irto (L'uomo fiammifero); produzione: Marco Chiarini, Dimitri Bosi, Fabrizio Cico Diaz per Cineforum Teramo; distribuzione: Cineforum Teramo; origine: Italia, 2009; durata: 81’.

Trama:Simone ha 11 anni e, rimasto in paese mentre i suoi amici sono tutti in vacanza, cerca di sfuggire alla noia estiva rifugiandosi in un mondo fantastico dove lo attendono i suoi amici immaginari: giganti nani, gemelli a metà, un robivecchi che comunica attraverso un giradischi e creature che parlano al contrario. A suo padre, esasperato, non resta che chiuderlo a chiave in casa. Quando però in paese arriva Lorenza, una ragazzina di 13 anni proveniente dalla città, Simone non riesce a restistere e, dopo aver compiuto l'ennesima fuga mirabolante, partirà con lei per un'avventura fantastica alla ricerca dell'Uomo Fiammifero, il re del regno incantato capace, con la sua luce, di indicare il cammino...

Critica (1):La storia dell' Uomo fiammifero comincia qualche anno fa, il regista Marco Chiarini studia al centro sperimentale, ha in testa il suo film e una bella passione che non lo fa arrendere alle solite ragioni: mancanza di soldi, (snervante attesa del finanziamento tra Rai e ministero. Inizia così a dipingere tavole e acquarelli che vende col libro (scritto insieme a Giovanni De Feo) in cui si narra di questo strano personaggio, l'Uomo fiammifero e di un ragazzino che lo cerca (...). Coi soldi raccolti gira il film, venderà altre tavole e altri libri per finirlo.
Oggi L'Uomo fiammifero è diventato un piccolo caso, una di quelle epifanie che svelano all'improvviso qualcosa. Per esempio che negli ultimi tempio le spinte più vitali del cinema in Italia ricominciano a venire «dal basso», reagendo a un sistema antico e viziato di produzione-distribuzione. (...) Il basso budget però asseconda qui le necessità del regista, non è il contrario, c'è molta cura, nel cast, nel lavoro con gli attori, ci sono nomi noti come Francesco Pannofino, e la dimensione «artigianale» del film, con un retrogusto da lanterna magica fatto di animazione, persone eccentriche e situazioni surreali, si fonde con la sua sostanza, i sogni, i grandi dolori, le promesse.
L'Uomo fiammifero è una fiaba ma assai cupa come del resto lo sono nella forma originale spesso mascherata, e con quella ripetizione dei personaggi e delle cose congelati in una ritualità che Propp aveva mostrato assai prima di Burton e della sua molto «proppiana» (per certo versi) Alice.
Il protagonista è Simone (l'esordiente Marco Leonzi), un ragazzino di dieci anni nell'estate del 1982, sapore di campi, grano tagliato e casolari sparsi nella campagna di Teramo. Le corse in bici e le girelle proibite dal burbero padre. Simone cerca l'Uomo fiammifero, lo aiutano degli amici immaginari molto bizzarri, Giulio Buio, Dina Lampa, Armadio Armadio, Ocram. Allampanato con un lungo cilindro, l'uomo fiammifero ha il potere di accendere l'universo e di esaudire i desideri.
La storia Simone l'aveva ascoltata tante volte dalla mamma che non c'è più, conservare gli indizi del misterioso signore è un modo per sentirla ancora con sé, sfuggendo il vuoto doloroso della morte tra i pupazzi e le apparizioni nella cameretta La sola persona «vera» che ha accesso al suo mondo è una ragazzina poetica come la mamma, che passeggia tra le galline con un ombrellino colorato.
Lo sguardo del regista è quello del bimbo, l'assoluto ingenuo dell'infanzia fatto di buoni e di cattivi, i maschi, il padre, il vicino di casa adolescente, cafonetto e «gellato» tutti buzzurri, le donne come la mamma invece sensibili, e la dimensione del femminile è quella che il ragazzino sente più sua. Ma la realtà impone di stare dall'altra parte, di bruciare i piccoli amuleti, di far svanire gli amici immaginari. Chissà quanto c'è di autobiografico, i luoghi intanto, Chiarini è nato a Teramo e nell'82 (è del '74) aveva la stessa età del protagonista. Ma più che dell'infanzia in sé, l'Uomo fiammifero racconta la delicata possibilità di un equilibrio tra i desideri e il mondo esterno, iniettando i primi nel secondo, perché crescere non significa solo essere qualcun altro. È la stessa scommessa del cinema col suo potere di costruire il inondo che vorremmo, sfidando chi gli iminaginari li preferirebbe più «normali» (il centro sperimentale?).
Cristina Piccino, Il manifesto, 13/3/2010

Critica (2):C'era una volta un libro. E in quelle pagine tanti acquarelli, disegni e foto. Con l'aiuto di amici e «sostenitori» sono state vendute circa tremila copie. E poi anche le venti tavole. Un primo piccolo budget è stato messo insieme. Da lì è nato L'uomo fiammifero.
È una sorta di favola nella favola questo piccolo film di Marco Chiarini, giovane regista abruzzese, dì Teramo, diplomato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Una «favola» per ragazzi il film e una favola autarchica la sua realizzazione. Ne è venuto fuori un piccolo caso cinematografico che è riuscito anche a varcare i confini nazionali, viaggiando per festival, da quello di Varsavia a quello del Cairo, dove proprio in questi giorni ha conquistato il premio della giuria.
E «premio» ancor più importatane l'essere riuscito a farsi strada nelle sale, una vera impresa: da oltre un mese è in programmazione al Nuovo Cinema Aquila di Roma e in altre città sta per arrivare, grazie anche in questo caso, ad una formula distributiva completamente autarchica e già sperimentata, nelle sue possibili varianti, da altri in passato (Vittorio Moroni con Tu devi essere il lupo, per esempio). Si tratta della «Social Distribution» (...): lo stesso spettatore si fa distributore proponendo all'esercente il film in questione. La produzione (Cineforum Teramo) invia i materiali e alla fine delle proiezioni (minimo 5) lo spettatore ottiene una piccola percentuale sugli incassi. Certo non si diventerà ricchi ma è un modo per far circolare le idee, così rare in questi tempi di pensiero unico. Anche al cinema.
L'uomo fiammifero, infatti, è un felice caso di creatività artigianale in cui la fantasia, almeno per una volta, riesce ad andare al potere. Tutto ambientato nella campagna abruzzese il film racconta la storia di Simone (Marco Leoni) un ragazzino di undici anni che da poco ha perso la madre. Di lei oltre ai ricordi resta a Simone un sogno: quello di incontrare l'Uomo fiammifero, un personaggio altissimo e secco secco che nelle notti d'estate arriva ad accendere le luci della vallata. Di lui sua madre gli ha raccontato fin da bambino, quando insieme andavano nel bosco a cercarne le tracce. Un vecchio papillon, pezzetti di legno, piccoli arnesi. Ma adesso che lei non c'è più Simone è tutto solo in questa ricerca. Il padre (Francesco Pannofino), un burbero di buon cuore, ha altro a cui pensare, la fattoria da mandare avanti e gli animali da badare. E poco intende le fantasie di suo figlio che preferisce tener legato ad una corda, soprattutto quando lui schiaccia il pisolino pomeridiano.
Ma come si fa a tener chiuso in casa un ragazzino mentre fuori l'estate risplende e la campagna è tutta un richiamo? Le fughe di Simone si fanno dunque più frequenti. Soprattutto quando arriva da quelle parti Lorenza, una ragazzina di città, dagli occhioni verdi e con ombrellino colorato. L'unica disposta a seguire Simone nella sua fantastica caccia all'Uomo fiammifero. Con lei l'avventura si fa quotidiano. Mentre, intorno a loro, è un avvicendarsi di personaggi dalle doti particolari: c'è Dina Lampa, una ragazzina che quando si diverte scompare. Lo «zio disco» che, avendo perso la voce da bambino, adesso può parlare soltanto grazie a vecchio dischi che spesso s'incantano. E poi «Mani grandi», un omone che grazie al mercurio argentato dei termometri può farti rivivere i ricordi. E ancora maialini con le ali e pure il «cattivo» di turno: Rubino, un ragazzino un po' teppistello, figlio del padrone della fattoria che per Simone è il nemico numero uno, poiché ha il controllo di tutto il territorio dove si trovano le migliori tracce de l'Uomo fiammifero.
Insomma, si viaggia, tra Pinoccchio ed Alice nel paese delle meraviglie. Tra suggestioni infantili e invenzioni di sapiente artigianato. Magari non siamo di fronte al Tim Burton italiano, come qualcuno ha già definito il pur abile Marco Chiarivi, ma sicuramente siamo di fronte ad un piccolo esempio di fantasia creativa fatta in casa. Comunque una boccata di ossigeno per il nostro cinema.
Gabriella Gallozzi, L’Unità, 15/3/2010

Critica (3):Questo film è ambientato a Teramo, cittadina abruzzese come quasi tutti i suoi attori. Ha un regista giovane, Marco Chiarini, spudoratamente bravo e uscito dal Centro Sperimentale, che invece di piangersi addosso, si è inventato un modo originale di prodursi e distribuirsi. È una storia per bambini, e lo è davvero: con tutta la forza, l'entusiasmo, persino la perfidia (chiedetelo al gallo da combattimento, altro che Tornatore in Baaria!) dell'infanzia. Il regista, se deve tirar fuori tre titoli che l'hanno ispirato e che lo mantengono bambino, pensa ad Alice nel paese delle meraviglie, I banditi del tempo e La storia infinita. Ad essere onesti Chiarini, con le debite proporzioni, a Burton che la sua Alice dark la porterà nelle nostre sale la prossima settimana, e a Gilliam un po' assomiglia. E del cult del cinema dell'infanzia di Wolfgang Petersen ha candore, un piccolo protagonista buffo e un po' goffo che ruba l'occhio suo malgrado, nomi e personaggi improbabili e dolcissimi. Insomma, di motivi per essere ben disposti verso quel piccolo gioiello che è L’uomo fiammifero ce ne sono eccome.
L'uomo fiammifero è un eroe dinoccolato e ben disegnato (lo vediamo tratteggiato su un foglio, in un modellino artigianale, ne intuiamo l'ombra) che il bimbo Simone (un bravissimo Marco Leonzi) non vuole dominare, ma solo conoscere. Ma è una dura battaglia, contro il «capitalista» Rubino, adolescente con occhiali da sole, bullo e padroncino insopportabile che vessa il padre (Francesco Pannofino, ottimo) del nostro piccolo protagonista e che, da padrone, sa solo opprimere e togliere, perché la ricchezza dell'avido e dell'arido (non casuale che il linguaggio di Simone, semplice ma non ingenuo, gli dia l'epiteto di capitalista subito) è togliere agli altri, non solo prendere il più possibile per sé.
Una gemma questo film, che ha un libro di disegni originali del film stesso come base di finanziamento (...) e tanto talento alla base. Voci magnifiche in doppiaggio, la morte contrapposta alla vita della fantasia infantile, effetti e affetti speciali, una macchina da presa che sa come e dove muoversi. Dicono che Chiarini potrebbe essere il nuovo Burton italiano (almeno quelli che hanno visto il film). Vien da dire... non solo, Chiarini è un artista che ama la creatività e l'artigianato, ha saputo fare tesoro del poco che aveva e lo ha reso un film prezioso e potente. Che il fiammifero del suo entusiasmo e della sua voglia di cinema non si spenga, che rimanga acceso nonostante questo nostro paese e il suo cinema quasi morto e già sepolto.
Boris Sollazzo, Liberazione, 26/2/2010

Critica (4):
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