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Ritorno di Cagliostro (Il)


Regia:Ciprì Daniele, Maresco Franco

Cast e credits:
Soggetto
: Daniele Ciprì, Lillo Iacolino, Franco Maresco; sceneggiatura: Franco Maresco; fotografia: Daniele Ciprì; musiche: Salvatore Bonafede; montaggio: Fabio Nunziata; interpreti: Franco Gaiezza (Vincent Cusumano), Robert Englund (Erroll Douglas), Luigi Maria Burruano(Carmelo La Marca), Pietro Giordano (Cardinale Sucato); produzione: Pippo Bisso, Loris Curci; distribuzione: Isituto Luce; origine: Italia, 2003; durata: 103’.

Trama:Sicilia, anni Cinquanta. I fratelli Carmelo e Salvatore La Marca fondano una casa di produzione cinematografica, la Trinacria cinematografica, per fare concorrenza a Cinecittà. I due fratelli, che sono sulla via del lastrico, riescono a trovare i finanziatori per un kolossal, "Il ritorno di Cagliostro". Affinché la loro opera abbia successo, ingaggiano come attore protagonista una vecchia star di Hollywood.

Critica (1):Il ritorno di Cagliostro è anche e soprattutto il ritorno di Daniele Ciprì e Franco Maresco, che essendo artisti generosi non potevano certo ripresentarsi con un film qualsiasi. Infatti Il ritorno di Cagliostro è almeno quattro o cinque film diversi racchiusi nella misura di un’ora e mezzo, con una ricchezza di idee e una varietà di approcci stilistici da lasciare a bocca aperta. E non nasconderemo che l’ammirazione si mescola al disorientamento: tale e tanta è la carne al fuoco, che qualche pezzo si è abbrustolito fin troppo. A ogni modo, alla proiezione ufficiale il film si è guadagnato ben nove minuti di applausi.
Prima Dario Zonta, poi gli stessi Ciprì & Maresco in una strepitosa auto-intervista vi hanno ampiamente raccontato su queste pagine come si è evoluto, negli anni, il progetto di questo Cagliostro. Parliamo quindi, oggi, del risultato. Si immagina che subito dopo la guerra esistesse a Palermo una scalcinatissima casa di produzione, la Trinacria cinematografica, gestita dai fratelli La Marca e protetta dal bieco cardinale Sucato, amico dei mafiosi. Specializzati in filmetti «etnici» al cui confronto Ed Wood produceva raffinati capolavori, i La Marca puntano al bersaglio grosso quando a Palermo sbarca il divo hollywoodiano un po’ in disarmo Erroll Douglas. Con lui, la Trinacria mette in cantiere un kolossal in costume su Cagliostro, ma la lavorazione è costellata di disastri: Douglas beve, si deprime, e un brutto giorno si sfracella durante una sequenza d’azione. Finirà rinchiuso in un manicomio palermitano, vittima di se stesso e dei lestofanti che ha avuto la sfortuna di incontrare.
C’era molta attesa, come si diceva. E c’erano molti tifosi al Lido, tanto che la proiezione stampa ha avuto sei applausi a scena aperta e molte risate a tratti eccessivamente rantolanti (ci sono momenti spassosi, ma non è un film comico). Liberiamoci subito dai dubbi: l’unico difetto del Ritorno di Cagliostro sta nella sua abbondanza, che provoca continui cambiamenti di registro e qualche ripetizione di troppo. La primissima impressione è che il film sarebbe stato perfetto, folgorante, se tenuto nella misura di quel capolavoro assoluto che era Enzo! Domani a Palermo. Poi, però, si ripensa all’ultima mezz’ora – in cui, dopo l’incidente di Douglas che provoca la fine delle riprese, comincia letteralmente un altro film – e si capisce che Ciprì e Maresco hanno elaborato negli anni un progetto più complesso, più alto. In cui per un’ora si scherza, e nell’ultima mezz’ora si elabora in chiave tragica ciò che fino a quel momento è stato descritto con toni da farsa.
Prima abbiamo assistito a un divertentissimo «finto documentario», genere nobilissimo (pensate a Zelig di Woody Allen, a Forgotten Silver di Peter Jackson) in cui vengono coinvolti anche due critici autentici e spiritosi, Gregorio Napoli e Tatti Sanguineti. Le «ricostruzioni» dei film della Trinacria sono strepitose: «affreschi storici» su Santa Rosalia e sui Beati Paoli, un film di fantascienza intitolato La moglie del marziano. Ed è spassoso, e schifoso, il personaggio del regista «assunto» dai La Marca, tale Pino Crisanti che si ispira – speriamo peggiorandolo molto – al Pino Mercanti autore in quegli anni di un vero film importante, Turi della tonnara. Fin qui, ripetiamo, si scherza: e avrebbe ragione Robert Englund, il divo horror che dà volto e voce a Erroll Douglas, quando afferma che «alla prima lettura del copione mi è sembrato un film alla Effetto notte».
La svolta avviene, si diceva, nell’ultima mezz’ora: auspice un nano alla Lynch, con il volto da bambino, che sostituisce la consueta voce off di Maresco nel ruolo di Virgilio in questo inferno, veniamo costretti a una seconda lettura della storia di Cagliostro, all’analisi dei suoi retroscena. Scopriamo quindi – sempre nel gioco del «vero o falso», sia chiaro – che dietro il cardinale Sucato, e quindi dietro la Trinacria, c’era Lucky Luciano. Per qualche istante, Il ritorno di Cagliostro sembra quasi la parodia di Segreti di Stato di Benvenuti: «Il periodo effettivamente è lo stesso – dicono Ciprì e Maresco – è la Sicilia dal ‘47 al ‘50, i preti erano veramente mafiosi e lo sono ancora. Ed è storia che Lucky Luciano sbarca in Sicilia con gli alleati e, per conto delle famiglie americane, modernizza la mafia dell’isola; i suoi rapporti con la chiesa sono reali, quelli con la Trinacria chissà». Anche gli autori restano sempre sul filo del paradosso, reggono il gioco di specchi che hanno confezionato nel film.
Ed è proprio questo, alla fine, che fa la ricchezza di Il ritorno di Cagliostro: è una riflessione sulla morte del cinema, sull’ambiguità del reale, sulla sinistra fascinazione che i delinquenti e i relitti dell’umanità possono esercitare sulle nostre coscienze. È un film forse meno originale e devastante di Lo zio di Brooklyn e di Totò che visse due volte, ma è come se li riassumesse entrambi, trascinandoli verso un primo tentativo di cinema popolare, più «mediato», più indirizzato verso un possibile pubblico. Con tutta la tragica autoironia del caso: nel film il nostro amico nano dice che i fratelli La Marca erano anch’essi uomini d’onore, nelle interviste Franco e Daniele dicono «i fratelli La Marca siamo noi». Dove sta la verità?
Alberto Crespi, l’Unità,31/8/2003

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Franco Maresco
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