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Sorry We Missed You


Regia:Loach Ken

Cast e credits:
Soggetto: Paul Laverty; sceneggiatura: Paul Laverty; musiche: George Fenton; montaggio: Jonathan Morris; scenografia: Fergus Clegg; costumi: Jo Slater (Joanne Slater); suono: Ray Beckett, Kevin Brazier; interpreti: Kris Hitchen (Ricky Turner), Debbie Honeywood (Abbie Turner), Rhys Stone (Seb), Katie Proctor (Lisa Jane); produzione: Sixteen Films, coprodotto da Why Not Productions, Wild Bunch, Les Films Du Fleuve; distribuzione: Lucky Red; origine: Gran Bretagna-Francia-Belgio, 2019; durata: 100’.

Trama:Ricky, Abby e i loro due figli, l'undicenne Liza Jane e il liceale Sebastian, vivono a Newcastle e sono una famiglia unita. Ricky è stato occupato in diversi mestieri mentre Abby fa assistenza domiciliare a persone anziane e disabili. Nonostante lavorino duro entrambi si rendono conto che non potranno mai avere una casa di loro proprietà. Giunge allora quella che Ricky vede come l'occasione per realizzare i sogni familiari. Se Abby vende la sua auto sarà possibile acquistare un furgone che permetta a lui di diventare un trasportatore freelance con un sensibile incremento nei guadagni. Non tutto però è come sembra.

Critica (1):“Oggi il mondo del lavoro è fortemente cambiato rispetto a quando ero giovane. Devi essere molto più professionale rispetto a prima, avere più abilità, ma paradossalmente tutto questo non porta alla stabilità economica e all’adeguamento salariale. Spesso, come nel caso di questo mio nuovo film, i lavoratori devono assumersi totalmente i rischi di un impiego, senza avere alcuna garanzia in cambio. È una situazione perfetta per le multinazionali perché ogni tipo di rischio economico ricade direttamente sul dipendente, quindi chi lavora è costretto a farlo fino allo sfinimento. Ed è per questo che il capitalismo non sta fallendo, tutt’altro: riesce ad avere profitto più che mai, a discapito dei lavoratori”. (Ken Loach, cinematografo.it, 17/5/2019)

"Sorry we missed you" è quello che sta scritto sull'avviso che i corrieri che consegnano le merci a domicilio lasciano in buchetta quando non trovano i clienti. Un lavoraccio: ritmi disumani, orari sotto rigido controllo elettronico, se ti ammali e perdi un giorno o qualche ora di lavoro non solo non guadagni, ma paghi anche pegno (cioè il costo di chi ti rimpiazza). Se per di più, come capita a Ricky Turner, il protagonista del nuovo film di Ken Loach, hai anche comprato il furgone, devi finire di pagarlo e sei senza assicurazione, resti senza nessun paracadute. Prima Ricky ha fatto un po' di tutto (come ci racconta la stringata scena iniziale dove, a schermo nero, la sua voce elenca i lavori precedenti); poi ha deciso di mettersi in proprio per comprare una casa, e si è messo con una franchise di consegne a domicilio e, da buon nuovo "imprenditore", è costretto a gareggiarecon se stesso, con i suoi ritmi, con i suoi affetti, con la sua umanità. Quattordici, quindici ore di lavoro al giorno, al volante sugli svincoli intasati delle cinture industriali inglesi, senza più un momento da dedicare ai figli e alla moglie Abbie. Che, a sua volta, fa l'infermiera a domicilio (pagata a visita), ha cura e simpatia per i suoi pazienti, ma impiega un tempo interminabile per raggiungerli, adesso che ha venduto la sua piccola auto per versare la prima rata del furgone. Così, una bella famiglia felice di Newcastle, solidale su un'illusoria aspettativa d'indipendenza, si sgretola in fretta sotto i colpi degli inconvenienti quotidiani, della stanchezza, la tensione, l'ansia che cresce. Il figlio diciannovenne, writer scontroso in piena crisi di crescita, s'inasprisce ancora di più (soprattutto con il padre), mentre la bambina di undici anni è costretta a organizzarsi da sola la vita, sulle indicazioni che la mamma le detta al cellulare tra un bus e l'altro. (…)
Emanuela Martini, cineforum.it, 18/5/2019

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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