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Pranzo di Babette (Il) - Babettes gæstebud


Regia:Axel Gabriel

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Gabriel Axel, da un racconto di Karen Blixen; fotografia: Hennig Kristiansen; musica: Per Norgard; scenografia: Sven Wichman; montaggio: Finn Henriksen; interpreti: Stéphane Audran (Babette Hersant), Jean-Philippe Lafont (Achille Papin); Gudmar Wivesson (il giovane Lorens Löwenhielm), Jarl Kulle (il vecchio Lorens Löwenhielm), Bibì Ansersson (la signora svedese), Hanne Stensgaard (la giovane Filippa), Bodil Kjer (Filippa da vecchia), Vibeke Hastrup (la giovane Martina), Birgitte Federspiel (Martina da vecchia); produzione: Just Betzer, Bo Christensen per Panorama Film International, in cooperazione con Nordisk Film e The Danish Film Institute; distribuzione: Mikado; origine: Danimarca, 1987; durata: 103'.

Trama:Alla fine dell'ottocento in un piccolo villaggio della Danimarca vivono due anziane sorelle che conducono una esistenza frugale e priva di lussi. Un giorno si presenta alla loro porta, la parigina Babette Hersant con una lettera di un vecchio corteggiatore di una delle due anziane.Babette resterà ospite per quattordici anni facendo da governante e contribuendo all'attività di beneficenza. Finché un giorno arriva da Parigi una grossa vincita di denaro, 10 000 franchi con i quali Babette offrirà al villaggio un pranzo sontuoso...

Critica (1):Sembra quasi che questo settantenne regista franco-danese abbia voluto presentarsi al pubblico internazionale con lo spirito che ha ispirato la citazione che Babette (una perfetta Stephane Audran) fa alla fine del film: «consentitemi di dare il meglio di me». Il pranzo di Babette è estremamente delizioso, di una raffinatezza rara, che si preoccupa, oltretutto, di prendersi carico di quel gusto per la narrazione che guida il percorso stilistico dei racconti di Karen Blixen, da cui il film è tratto. Gli eventi hanno la doppia caratteristica della lievità e della straordinarietà. Quest’ultima si radica nel quotidiano. Le piccole emozioni appaiono situate su un impensabile piedistallo che rivela la sensazione, la presenza del fantastico nella vita reale. Il «fantastico» non è spettacolare, ma legato alla grazia e all’arte (sia questa il canto di Filippa o l’abilità culinaria di Babette), in sostanza, a una rivelazione, che peraltro non viene forzata, ma sorge con le caratteristiche della naturalità.
Una illuminazione che colpisce e attinge allo stesso momento dalle radici di ciò che è più profondamente umano.
La vicenda de Il pranzo di Babette è una vicenda limite della realtà, non quindi irreale. Quando parlo di fantastico mi riferisco a tutt’altro che non alla messa in scena o alla storia, ma ad alcuni elementi, in principal modo alla sensazione del fantastico che scaturisce in alcuni personaggi, ai sentimenti improvvisi e indimenticabili che possono segnare una vita.
Il fantastico si carica maggiormente attraverso i caratteri limpidi e intoccabili dei personaggi principali. Non hanno ambiguità, il massimo (nel generale) è il compromesso nel sacrificare tutto alla carriera, ma anche questo percorso è seguito fino alle estreme conseguenze. Essi sono ben definiti, e deciso è il loro porsi nei confronti del mondo e degli altri. Tuttavia sono personaggi veri, non da fiaba. Situati storicamente e geograficamente, dotati anche di una consistenza psicologica indubitabile: fanno delle scelte, sono vittime della fede e della paura. Il culmine del film è costituito dalle sequenze del pranzo, in cui il ritmo dell’ordine delle portate, il progressivo, interiore e inconfessato abbandonarsi al piacere del cibo e del bere, nonché la delicatezza della messa in scena, fanno, di questo film, una piacevole sorpresa, e suscita curiosità e rammarico la approssimativa conoscenza della filmografia di questo regista.
Fabio Matteuzzi, Cineforum n. 275, 6/1988

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Gabriel Axel
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