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Incantesimo napoletano


Regia:Miniero Luca, Genovese Paolo

Cast e credits:

Sceneggiatura: Paolo Genovese e Luca Miniero; direttore della fotografia: Andrea Locatelli; montaggio: Paola Freddi; musica: Tom Sinatra, Renzo Avitabile, Rocco de Rosa; fonico: Mauro Lazzaro; scenografia: Valentina Scalia; costumi: Marzia Tardone; interpreti: Marina Confalone (Patrizia), Gianni Ferreri (Gianni), Clelia Bernacchi (Assunta a 80 anni), Serena Improta (Assunta a 20 anni), Chiara Papa (Assunta a 10 anni), Tonino Taiuti (Tonino), Riccardo Zinna (Riccardo), Lello Giulivo (Ciro), Lucianna De Falco (Renata), Danny Zullino (marito di Renata); produttori: Gianluca Arcopinto, Andrea Occhipinti, Amedeo Pagani; distribuzione: LuckyRed; origine: Italia, 2001; durata: 90'.


Trama:È possibile che in una famiglia tipica napoletana possa nascere una bimba dall'accento e dalle inclinazioni pericolosamente milanesi? È ciò che si chiedono mamma Patrizia e papà Gianni, napoletani d.o.c., continuatori di una tradizione secolare, lei casalinga e lui pescivendolo. Gianni, in particolare, non riesce a farsi una ragione dello strano atteggiamento della piccola Assunta, attratta dal risotto allo zafferano, dal Duomo di Milano e dal sogno, un domani, di avere una fabbrichetta tutta sua.

Critica (1):Primo lungometraggio della coppia Genovese-Miniero, Incantesimo napoletano è una buona commedia sospesa nel grottesco di personaggi chiusi nel passato indefinito del miracolo di San Gennaro e di luoghi comuni capovolti. Nel panorama di una delle cinematografie più forti, questo film deve al modello napoletano solo lo spunto per una ironia deformante, per una critica all'integralismo che non permette di accettare le differenze, ma soprattutto per una critica all'orgoglio partenopeo, rinchiuso in una altezzosità sterile.
Patrizia e Gianni, coppia di napoletani veraci, sono catapultati in un dramma inaspettato: la tanto attesa figlia Assuntina parla inspiegabilmente con una perfetta cadenza milanese. Non solo: detesta tutto ciò che rappresenta la "vera marca napoletana", il babà, il ragù preparato per interminabili ore, la pastiera…sogna di "mettere su una fabbrichetta" e a nulla valgono i corsi di lingua napoletana in cassetta. Semplice, diretto, senza la pretenziosità di tanto cinema italiano, Incantesimo napoletano ha forse il solo difetto di essersi fermato allo spunto iniziale, seppur geniale, alla base del precedente cortometraggio Piccole cose di valore non quantificabile, un montaggio su immagini di repertorio, commentate da una voce off. Se le ottime prove degli attori (fra tutte gli amari monologhi religiosi e esistenziali o le improvvisazioni "rubate" di Marina Confalone) possono ancora far pensare a un debito con i grandi padri della Commedia napoletana, è su altre scelte che viene operato il grande scarto: la fotografia e le inquadrature, sobrie, dirette, distanti dal gusto laccato, e che situano la vicenda in un vero atemporale, comunque lontano dall'ambiente favolistico. Come nelle migliori commedie, nel film di Veronese e Miniero, in fondo alla risata istintiva o ricercata, risiede un'amara deformazione caricaturale. Qual è la marca del gene napoletano? Da un lato l'interesse morboso per la vita degli altri, le malelingue che si ergono a giudici altrui e dall'altro lato la passionalità con cui è consumato anche il dramma più assurdo. Viene recuperato il valore dissacrante e deformante della parola, grazie soprattutto a Marina Confalone, si gioca liberamente sul linguaggio e, allo stesso modo, sul flusso del racconto, continuamente interrotto da inserti di comicità pura, con una macchina da presa fissa che ha il solo intento di registrare le parole dei personaggi secondari in forma di intervista. La vita vissuta passionalmente da Patrizia e Gianni non è registrata solo a un primo livello di narrazione-finzione, ma anche a un livello secondario, nelle parole e nei giudizi dei vicini o dei parenti intervistati, ricollegandosi alla comicità del primo Woody Allen. I due livelli si incrociano e fondono costantemente, legati dalla figura di Assuntina ottantenne, che, come accadeva nel precedente cortometraggio, assume qui il ruolo di voce-commento.
Una divertente sorpresa per il cinema italiano e un buon tentativo di riscoprire la sua commedia.
Donatella Valeri, Cinema studio.it.

Critica (2):Le identità culturali, quali grandi (anche inutili?) illusioni (anche "imbrogli"?). Nonostante l'argomento sia molto di moda - soprattutto in Italia, e da diverso tempo - il cinema di casa nostra non se ne è occupato poi così tanto, soprattutto in maniera ironicamente diretta (sono invece molti i film "cartolina" sul tema, soprattutto Nord versus Sud, e viceversa). Incantesimo napoletano ha innanzitutto questo di buono, un soggetto che ti pone uno spunto di riflessione in maniera quasi invisibile; se la struttura (apparente) è quella della commedia comica all'italiana (della tradizione), il registro (vero) del film è quello surreale, che riesce a portare a galla i problemi perché li va a prendere dal fondo della mente (collettiva). Come si potrebbe infatti inquadrare la storia di una bambina piccola che sfoggia una lingua e un accento non propri, cioè opposti rispetto al proprio ambito familiar/culturale d'appartenenza? Tutti gli elementi filmici corrono lungo questo (ironico) filo di surrealtà fattosi commedia: le buone interpretazioni di Marina Gonfaloni e Gianni Ferreri, le musiche (di Enzo Avitabile: decisamente molto contaminate), pure la fotografia di Andrea Locatelli, che ritrae la Napoli dei vicoli (cioè del "cuore collettivo") e non quella dei monumenti (cioè della "retorica"): tant'è che c'è pure una scena importante girata col cielo nuvoloso (non è questa forse una forma di "surrealtà partenopea"?). È per questo che la denuncia di un Sud che sta diventando succursale (mentale) del Nord risulta "digeribile" per lo spettatore (indigesta è invece, per la piccola "peste" del film, la pastiera napoletana: scandalo...): a prevalere sono infatti le immagini, il sogno (l'incubo?), il cinema...
Marco Lombardi, Duel, 1/2/2002

Critica (3):

Critica (4):
Luca Maniero
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