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Letter to Elia (A) - Letter to Elia (A)


Regia:Scorsese Martin, Jones Kent

Cast e credits:
Sceneggiatura: Martin Scorsese, Kent Jones; fotografia: Mark Raker; montaggio: Rachel Reichman; interpreti: Elia Kazan (se stesso), Martin Scorsese (narratore); produzione: Martin Scorsese e Emma Tillinger per Far Hills Pictures, Sikelia Productions; origine: Usa, 2010; durata: 60’.

Trama:Attraverso spezzoni di film, fotografie, letture dall'autobiografia, o dal discorso sulla regia, e un'intervista al celebre maestro, Martin Scorsese ripercorre, commentando davanti alla cinepresa o fuori campo, le tappe dell'esistenza del cineasta Elia Kazan. Gli spunti sulla vita dell'arte e la sua creazione diventano per Scorsese occasione di riflettere anche sulle proprie esperienze artistiche.

Critica (1):Era diventato da subito il «mio corridoio»: commenta così Martin Scorsese la scena in cui James Dean si avvia verso la porta dell'ufficio di sua madre nel bordello della città vicina in La valle dell'Eden, visualizzata all'interno del documentario firmato con Kent Jones, A letter to Elia, dedicato al grande Elia Kazan. La scena a cui si riferisce colui che parecchi anni dopo aveva girato Mean Streets nelle strade di New York, è realizzata dal punto di vista di un angolo opposto del corridoio in questione, buio e inquietante, con una gigantesca maniglia di una porta in primo piano sul lato destro mentre dallo sfondo avanza barcollante il giovane Dean-Cal, ubriaco, sbattendo da una parete all'altra.
Fu il primo film girato a colori e in cinemascope dal regista dopo il successo di Fronte del porto, Un tram che si chiama desiderio e Baby Doll, avendo lui portato sullo schermo non solo un'altra icona del cinema hollywoodiano, Marlon Brando, ma anche un'altra recitazione: dette inizio con Lee Strasberg a quella fucina di attori che avrebbero fatto grande la New Hollywood, ossia l'Actor's Studio basato sulle teorie di Stanislavskji. (...) America, America è (...) il secondo titolo più citato assieme alla Valle dell'Eden nel documentario di Scorsese edito per l'occasione dalla stessa Cineteca di Bologna abbinato all'interessantissimo volume a cura di Robert Cornfield, Elia Kazan. Appunti di regia (...): lo avevano colpito i primi piani intensi di Stathios Giallelis alias Stavros Topouzoglou e le inquadrature mozzafiato degli scenari in Anatolia nonché della traversata dell'Atlantico di cui fu responsabile un altro mostro di bravura, Haskell Wexler, autore della fotografia in bianco e nero.
Figlio di genitori italiani emigrati, Scorsese rimase colpito soprattutto però dalla commovente e coinvolgente storia alla base dell'unico film autobiografico di Kazan, lui che era di origini greche e turche di nascita, risalenti a quella stessa Anatolia, per l'appunto. La storia ivi narrata è ispirata a quella dello zio emigrato giovanissimo agli inizi del ventesimo secolo perché aveva sognato da sempre l'America in mezzo alla feroce oppressione turca di allora esercitata sulle minoranze greche e armene. Il padre però non era affatto d'accordo col soggetto, quando lui sognava da tanto tempo di raccontare la saga di famiglia, perché «era la nostra leggenda, la grande narrazione per moltissimi americani, il 'come siamo arrivati qui'».
Così si fece narrare da entrambi i genitori la storia di Avraam Elia che aveva lasciato il villaggio in Anatolia sull'asinello e di come una volta arrivato a New York aveva spedito i soldi a casa per farsi raggiungere dapprima dal padre di Elia Kazan, e successivamente dalla moglie con i figli piccoli (lui allora aveva quattro anni), e via via dagli altri parenti stretti nella morsa del potere dei turchi. Fu quel ricordo doloroso dei turchi a persuadere i genitori del fatto che forse sarebbe stato meglio non parlare di quell'argomento, ma visto, oggi, col senno del poi, e nel 2011 si fa emblema di tante storie di migrazioni.
L'attualità del tema, l'attualizzazione nella recitazione naturalistica, il poter raccontare temi vicini alla realtà come quelli nei film neo-realisti italiani, sono anche i punti toccati da Scorsese quando parla guardando dritto in macchina, com'è solito fare nei suoi bellissimi film-saggi sul cinema. I brani dai film citati si intrecciano con spezzoni di interviste allo stesso Kazan in vari periodi della sua carriera, mentre con foto e articoli di giornali si cercano le ragioni per cui lui, attivista liberal e cantore della libertà sessuale, aveva indicato quei nomi al processo contro le streghe in epoca maccartista. Forse per le sue origini in un paese oppressore, considerando che a Hollywood si era sempre battuto per la libertà d'espressione? (...)
Elfi Reiter, Il Manifesto, 12/7/2011

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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