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Solaris - Solaris


Regia:Tarkovskij Andrej

Cast e credits:
Sceneggiatura: Andrej Tarkovskij e Fridrik Goren Stein dal romanzo Solaris di Stanislav Lem; fotografia (Scope, Sovcolor): Vadim Jusov; scenografia: Michail Romadin; musica: Eduard Artemiev e Preludio corale in fa min di J. S. Bach; interpreti: Natalja Bondar Cuk (Chari), Donatas Banionis (Kelvin), Juri Jarvet (Snaut), Anatol' Solonitwyn (Sartorius), Vladislav Dvorieckij (Berton), Nikolaj Grinko (il padre), Sos Sarkissian (Gibarjan); produttore: Mosfilm; durata: 160'; anno: 1972, distribuzione: Cineteca Italia-Urss.

Trama:
Uno psicosociologo arriva sulla stazione spaziale in orbita attorno al pianeta Solaris per indagare sui misteriosi fenomeni che vi avvengono e che coinvolgono gli scienziati a bordo: su Solaris c'è un oceano che pensa.

Critica (1):Come tutti i personaggi di Tarkovskij, Chris ama la terra: i boschi fermi nella luce diffusa del giorno, le piante che scivolano e affondano lentamente sulle sponde di uno stagno, la pioggia improvvisa che flagella uomini e cose, le alghe sottili contese dallo scorrere del fiume. E' questo il preludio, non elegiaco, di Solaris: l'approccio è lento, contemplativo, ma lo sguardo fermo, appena incrinato dalla malinconia di chi si appresta a separarsi da un paesaggio noto, ma ritrovato, nell'atto di lasciarlo, nella sua corporea e pur sfuggente evidenza.
Se questa è una componente del personaggio, l'altra è la tensione della ricerca, l'ansia di sapere e di capire: "si tratta di stabilire i limiti della conoscenza", dice Chris al padre che avanza dubbi sul senso dell'impresa. Ma nell'atto di svelarsi, il mistero terribile e pur semplicissimo di Solaris riporta Chris alla dimensione esistenziale e terrestre da cui egli presumeva lo separassero, ormai milioni di anni luce: dall`oceano" cosmico tornano, in forma di ambigue materializzazioni, ricordi, incubi, memorie, passioni non consumate che la coscienza respinge e censura. Chris è ancora fortunato: la sua ospite è Chari, i visitatori dell'orgoglioso e razionale Sartorius sono mostri dimidiati e repellenti. Chari è la dimensione del passato, della memoria, dell'amore rifiutato per viltà e frustrazione (l'infinita stanchezza dell'uomobambino consolato dalla madre, con a sua bellezza misteriosa e ferma nel tempo: il bianco e nero dell'immagine, soffusa oscurità degli ambienti rimandano a un grembo materno che accoglie ma "esclude"). Nello spazio cosmico, nel confronto estremo con se stesso, senza "meziazioni" di sorta, Chris vive nel presente, ma enormemente astratto e dilatato, una passione retrospettiva e senza futuro. L`annichilatore" di Sartorius è già in grado di respingere gli "ospiti" nel silenzio da cui sono venuti e di imporre alla recalcitrante materia un ordine "umano", anche se la circostanza che venga trasmesso l'encefalogramma di Chris, l'unico che abbia saputo stabilire un rapporto, sembra lasciare aperta la possibilità di un'intesa.
Anche Solaris è dunque una severa, fluente reincarnazione metaforica dell"'umanesimo" dolente e polemico di Tarkovskij: il conflitto tra esistenza e cultura, inconscio e razionalità tecnologica, "mistero" e "scienza", si snoda con ritmo pacato e lentissiimo, apparentemente uniforme e monotono, in realtà ricchissimo di tensioni interne (si vedano le sequenze rapide e frammentarie di sogni-ricordi) e di "impudenti" aperture liriche (il leggero movimento dei corpi di Chris e di Chari sospesi nel vuoto, un momento di serenità perfetta e struggente). Che questo lungo poema lirico-figurativo e la sua dolente conclusione (con il ritorno del protagonista alla casa del padre, lo stringersi muto alle ginocchia del vecchio e la camera che si allontana isolando, in quell'infima lacuna del mondo, le due figure) abbiamo poi il fiato corto, potrà anche essere vero. Così come potrà sconcertare l'assenza totale (che non è certo "omissione" di poco conto) della mediazione storica. E invece, sappiamo, i nodi vengono sempre al pettine. Nella metafora di Tarkovskij, l"'annichilatone" di Sartorius evoca atroci mutilazioni del passato (e del presente), più che non ipotesi avveniristiche. E Chari, che vuole vivere la pripria possibilità strozzata ieri dagli uomini oggi dalle macchine, suggerisce riferimenti inquietanti, drammi non scontati. La "storia", respinta dalla struttura e dalle modalità apparenti del racconto, ne rioccupa le cavità profonde, ne modella le pieghe e orienta i procedimenti. Anche se Tarkovskij sembra tentato, mentre disegna la sua vasta e immobile metafora, da un'altra, e più arrischiata, lusinga, da una sorta di misticismo animistico della materia, la misteriosa immortalità dell'energia sprigionata da uomini e cose, e dal loro declinare e morire: l'immagine, ricorrente come un segnale indicatore, del fuoco di sterpi bruciati dal bambino, al quale si accompagna la visione del misterioso, lavico, oceano di Solaris, un mare di righe concentriche che si allargano e restringono. Ma il volto di Chris, dolorosamente intento a scrutare quei remoti segnali, è uno specchio che riflette soltanto dubbi e interrogativi. E' una grande stanchezza interna che si comunica a tutte le cose e figure che attraversano o sfiorano la sua esistenza.
Adelio Ferrero, Cinema e Cinema n. 2 gennaio - marzo 1975

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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