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Foresta dei pugnali volanti (La) - Shi mian mai fu


Regia:Yimou Zhang

Cast e credits:
Soggetto
: Zhang Yimou, Li Feng, Wang Bin; sceneggiatura: Zhang Yimou, Li Feng, Wang Bin; fotografia: Zhao Xiaoding; musiche: Umebayashi Shigeru; montaggio: Cheng Long; scenografia: Huo Tingxiao; effetti: Animal Logic, Andy Brown, Digital Pictures Iloura, Angie Lam, Menfond Electronic Art & Computer Design Co. Ltd., Irsty Millar, Eddy Wong, Victor Wong; costumi: Emi Wada; musiche: la canzone del film è interpretata da Kathleen Battle; interpreti: Takeshi Kaneshiro (Jin), Andy Lau (Leo), Zhang Ziyi (Mei), Song Dandan (Yee); produzione: William Kong Per Beijing New Pictures Film Co., Edko Films, Zhang Yimou Studio; distribuzione: Bim; origine: Cina - Hong-Kong, 2004; durata: 119’.

Trama:Anno 859 d.c. La dinastia Tang, uno degli imperi più illuminati della storia cinese, è in declino. Il malcontento dominava l'impero e spuntavano ovunque eserciti di ribelli. Il più grande era una setta segreta chiamata "La casa dei pugnali volanti" che, rubando ai ricchi per donare ai poveri, si era guadagnata ammirazione e sostegno del popolo diventando una spina al fianco dei rivali, i deputati della contea di Feng Tian. Essi avevano ucciso il capo della setta senza riuscire a sradicarne il sostegnop popolare. Anzi, sotto un nuovo capo la Casa era diventata ancora più forte. Così ai capitani della contea, Leo e Jin, viene ordinato di catturare il nuovo capo della setta entro 10 giorni...

Critica (1):Nell’Ottocento sognavamo Parigi e i pittori. Nel Novecento l’America tutta: deserti, praterie e metropoli. Ora sogniamo tigri e dragoni, foreste di bambù e samurai, imperatori e guerrieri, arti marziali, eroi ed eroine volanti. L’immaginario è in Asia. Il futuro pure. E non può che confermarlo un festival che si chiama Future Film Festival, che si concentra sulle nuove meraviglie visive e che a Bologna dal 19 al 23 gennaio presenta in anteprima una carrellata di film giapponesi, sudcoreani, cinesi, più l’anteprima italiana del nuovo Zhang Yimou La foresta dei pugnali volanti. Meraviglia visiva dove gli attori volteggiano a mezz’aria per metà film, dove esplode una tavolozza di colori impensabili e gli schizzi di sangue ralenti sono più eleganti di arabeschi, dove la neve è più bianca che mai e Zhang Yimou supera se stesso. Come Hero più di Hero, che ha conquistato il pubblico grazie anche a quel “Quentin Tarantino presenta” stampato grosso su tutti manifesti. In fondo l’operazione dei due non è così lontana, Anche qui si cita a man bassa e si studiano le regole del genere. Le icone dell’action movie orientale ci sono tutte: una setta di guerrieri imbattibili, armi (qui pugnali) magiche, la donna bellissima (Zhang Ziyi atleta, ballerina cieca), il viaggio dell’eroe (qui eroina), le improvvise rivelazioni (il cattivo in realtà è buono e il buono a metà film si rivela traditore). Più Amore-Odio-Passione-Vendetta che per il regista sono i sentimenti sufficienti e necessari alla riuscita di ogni buon film “wu-xiapian”, il cappa e spada dell’Estremo Oriente. Ma l’obbedienza va anche più in là, penetra con una sequenza epocale fin dentro la foresta di bambù: «La foresta di bambù è instricabilmente legata alle arti marziali» ha spiegato il regista, «negli ultimi cinquant’anni tutti gli autori di Wu-xia hanno girato scene cruciali tra i bambù, compreso Ang Lee nella Tigre e il dragone. Non potevo farne a meno. Per essere considerati guerrieri autentici si deve combattere per forza tra i bambù». E qui si combatte a colpi di immagine da antologia: i nemici ridotti a ombre verde bosco svolazzano in alto, gli eroi combattono acrobatici dal basso, i bambù ondeggiano, le foglie si arrotolano in mulinelli, i verdi si moltiplicano, i punti di vista pure. Come Hero più di Hero, che nella sua geometria concettuale punteggiata dai diversi colori rimane un insuperabile esercizio di stile. Come Ang Lee e più di Ang Lee, che con La Tigre e il Dragone ha avuto il merito di sdoganare il genere raccontando una storia comprensibile al mondo con la metrica di una visione magica e nuova per il mondo. Qui Zhang Yimou visivamente supera chiunque e in un trionfo di spade e broccati, dipinge con i suoi leggendari colori un Olimpo di eroi leggeri come l’aria, di angeli guerrieri, di sentimenti assoluti, di immagini paradisiache, di foreste di simboli dove possiamo trovare di tutto: la seduzione pittorica delle immagini, gli uomini veri, i duelli degni di un western, gli spazi infiniti di una natura incontaminata, gli effetti speciali da grande schermo. Tutto il vecchio e il nuovo sogno.
Alessandra Mammi, L’Espresso, 20/1/2005

Critica (2):Due anni dopo Hero (da noi uscito pochi mesi fa), Zhang Yimou torna a esercitarsi nel wuxia; ma questa volta lo fa rispettando alla lettera le regole del cinema di spada cinese. Non, come nel precedente, metafore (più o meno ambigue) sul potere, ma una saga romantico-guerresca, un film d’arti marziali che sfida, sul suo stesso terreno, il so-vrastimato La tigre e il dragone.
Lo schema del potere tirannico e della società segreta (la setta dei Pugnali Volanti) che lo combatte è il contenitore tradizionale di una storia a cassetti, tutta colpi di scena; protagonisti signori della guerra, cavalieri ambigui e walkirie dal volto d’angelo. Alla lunga il gioco delle maschere e dei complotti s’infittisce persino troppo, complicandosi man mano che il film procede tra una verità che manda in pezzi la precedente e una rivelazione che fa vacillare ogni certezza. È a questo punto che, nello spettatore, può insinuarsi un senso di déjà vu un po’ frustrante, malgrado lo sfarzo delle immagini. Che si volatilizza, però, appena cominciamo a guardare La foresta dei pugnali volanti per quel che è davvero: un grande melodramma fatto di a-solo, recitativi, cori e continui pezzi di bravura.
Se in luoghi obbligati del genere, come l’imboscata nella foresta di bambù, le coreografie di Tony Ching Siu Tung toccano livelli mai raggiunti, perfino l’imprevisto contribuisce a rendere unica la sontuosa bellezza visiva del film: vedi il duello finale tra l’eroe e il suo rivale, per cui Zhang ha saputo sfruttare in maniera eccezionale una tempesta di neve sopravvenuta, inattesa, durante la lavorazione in Ukraina. Però il vero regalo è la prima coreografia, che si svolge nella casa delle cortigiane: una sfida rappresentata come una scena di seduzione.
Roberto Nepoti, La Repubblica, 21/1/2005

Critica (3):

Critica (4):
Zhang Yimou
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