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Second Chance - En chance til


Regia:Bier Susan

Cast e credits:
Soggetto: Anders Thomas Jensen, Susanne Bier; sceneggiatura: Anders Thomas Jensen; fotografia: Michael Snyman; musiche: Johan Söderqvist; montaggio: Pernille Bech Christensen; scenografia: Jacob Stig Olsson, Louise Lönborg, Gilles Balabaud; costumi: Signe Sejlund; interpreti: Nikolaj Coster-Waldau (Andreas), Maria Bonnevie (Anne), Ulrich Thomsen (Simon), Nikolaj Lie Kaas (Tristan), Lykke May Andersen (Sanne), Thomas Bo Larsen (Klaus), Ewa Fröling (Ingrid), Peter Haber (Gustav), Kirsten Lehfeldt (Julie), Sally El Hosaini (Smila), Søs Egelind (Caroline); produzione: Zentropa Entertainments34 Aps, in coproduzione con Zentropa International Sweden- Filmfyn-Film I Väst; distribuzione: Teodora Film; origine: Danmarca, 2014; durata: 104’.

Trama:Andreas e Simon sono due poliziotti, buoni amici tra loro anche se le loro esistenze scorrono su binari differenti: Andreas è sposato e conduce un vita tranquilla; Simon invece, ha divorziato da poco e passa il suo tempo negli strip club a ubriacarsi e in cerca di risse. Un giorno, i due sono chiamati a sedare una lite domestica tra un ragazzo e una ragazza tossicodipendenti. Durante il sopralluogo, Andreas scopre il piccolo neonato della coppia chiuso dentro un armadio: da quel momento qualcosa in lui cambia e, perdendo la cognizione di cosa sia giusto e cosa no, compirà un gesto assurdo...

Critica (1):Susanne Bier, regista e sceneggiatrice danese classe 1960 ci riprova. Dopo il successo nel 2011 con In un mondo migliore che le è valso sia il Golden Globe che l’Oscar per il miglior film straniero, la cineasta era stata lanciata a pieno titolo nelle grandi produzioni americane, prima con Love Is All You Need in cui aveva diretto Pierce Brosnan e l’anno scorso con Una folle passione, con protagonisti i due attori più quotati di Hollywood, Jennifer Lawrence e Bradley Cooper, in un film che fu accolto molto freddamente dalla critica e che non andò bene nemmeno al botteghino.
Un’esperienza che ha spinto la Bier a tornare in Danimarca per girare Second Chance, il suo nuovo progetto che la vede sia alla regia che al soggetto, scritto a quattro mani con il suo storico sceneggiatore Anders Thomas Jensen. Presentato in anteprima a Toronto e successivamente al Torino Film Festival, il film racconta la storia di due poliziotti e migliori amici Andreas e Simon, due uomini con vite molto diverse. Uno felicemente sposato con Anne con cui ha da poco avuto un bambino, l’altro reduce da un disastroso matrimonio, da una carriera lavorativa compromessa e dal rapporto con il figlio, da sempre problematico.
Due esistenze agli antipodi, accomunate inaspettatamente da un apparente caso di violenza domestica, che scatenerà una catena di eventi che metteranno in crisi il destino di entrambi. Con Second Chance la Bier racconta quello che accade quando delle persone vulnerabili sono costrette ad affrontare circostanze al di là del loro controllo, e lo fa andando oltre la dimensione personale dei protagonisti, in un film che esplora le fondamenta morali della società̀ contemporanea e che spinge lo spettatore a riflettere sui propri valori etici. “Credo sia importante che il pubblico provi empatia per qualcosa, come il comportamento del protagonista, che è chiaramente sbagliato, ma che allo stesso tempo è anche giusto, secondo una logica pratica. Amo questo genere di situazioni perché credo che la vita funzioni in questo modo, un modo molto complicato. Questo non vuol dire che non esistano il bene e il male, in senso morale, ma una situazione simile amplifica la nostra comprensione del perché gli esseri umani si comportino in modi non sempre apparentemente comprensibili” ha spiegato la regista, che per raccontare questa storia ha deciso di affidarsi a un cast d’eccezione tra cui spiccano Ulrich Thomsen, che con la Bier ha già lavorato in In un mondo migliore e Nikolaj Coster-Waldau, volto noto al grande pubblico per essere il volto di Jaime Lannister nella serie tv fantasy statunitense Il Trono di spade.
“Con il mio sceneggiatore volevamo fare qualcosa che si scontrasse con la nostra convinzione che alcune persone sono migliori di altre, più giuste di altre. Chi siamo noi per pensare di essere migliori?” ha aggiunto la Bier parlando del film, un’opera che è destinata a far discutere (...)
Aureliano Verità, Il Fatto Quotidiano, 4/3/2015

Critica (2):“Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”: sembrano essere partiti dal celebre inizio dell’Anna Karenina di Lev Tolstoy, Susanne Bier e lo sceneggiatore Andres Thomas Jensen, per realizzare A Second Chance, l’ultimo film della regista danese premio Oscar. «I nostri punti di partenza per creare una storia sono sempre diversi. Spesso si tratta di un personaggio che ci incuriosisce, una storia o una scena che ci ha colpito. In questo caso Andres Thomas Jensen ha avuto l’immagine di una persona che prende un bambino che vive in un’ambiente dove non viene accudito come dovrebbe: abbiamo iniziato a leggere varie cose sull’argomento e costruito la storia», ha spiegato la regista nel corso della conferenza stampa di presentazione del film.
Presente nella sezione Festa Mobile di questa trentaduesima edizione del Torino Film Festival, A Second Chance sfrutta le dinamiche interne di due famiglie totalmente differenti per raccontare i drammi privati di due coppie di genitori inadatti. Da un lato la casalinga Anne e l’ispettore di polizia Andreas (...) genitori di Alexander, dall’altro la prostituta Sanne e lo spacciatore Tristan genitori di Sofus, vivono, per circostanze differenti, la perdita del proprio figlio. Il film mostra l’elaborazione del lutto, gli intricati e dolorosi rapporti familiari, lo squallore della droga e lo sgretolarsi delle apparenze tramite sequenze realizzate ad arte per colpire lo spettatore, cercando in ogni modo di smuovere le sue emozioni in un modo che risulta però artefatto, calcolato, quasi ricattatore.
Come afferma la Bier: «Sono due famiglie e due contesti sociali completamente differenti. Man mano che la storie si evolve scopriamo che le cose non sono così distinte come sembrano all’inizio e noi ci siamo divertiti a costruire il film in questo modo sperando di intrigare lo spettatore di modo da metterlo in una posizione di disagio, con la sensazione che prima o poi qualcosa accadrà e che mescolerà le carte. Non so se la sensazione che prova lo spettatore sia quella di ritenere entrambe le famiglie colpevoli. È evidente nel caso della famiglia di tossicodipendenti che non stanno accudendo il bambino come dovrebbero e che non si stanno comportando in modo decoroso. Nel caso della seconda famiglia, secondo me non sentiamo una colpa o una responsabilità. La sensazione che abbaiamo è che forse non stiano rivelando tutto. Vogliamo essere incantati e sedotti da questa coppia ma percepiamo che forse le cose non stanno come sembrano».
La pellicola cerca anche di mostrare una risalita dei suoi personaggi, in virtù di quella seconda possibilità alla quale rimanda il titolo e testimoniata anche dalla parole della Bier: «Credo che tutti i personaggi del film abbiano una seconda possibilità. Il personaggio principale, Andreas, fa qualcosa di profondamente sbagliato per le motivazioni giuste e gli viene offerta una seconda chance nella storia. Simon, il suo collega, che all’inizio del film sta deliberatamente distruggendo la sua vita, trova la forza di rimettersi in sesto e di scegliere la vita. Sanne, all’inizio è una tossicodipendente che vive una relazione sbagliata e si dà una seconda opportunità per cambiare strada. Credo che davvero tutti i personaggi abbiano l’occasione di cogliere questa seconda chance ma la cosa particolare della vita è che spesso le seconde possibilità ci vengono offerte ma non ci rendiamo conto che sono lì e non le cogliamo. Questo secondo me è l’aspetto più affascinante».
Infine, a chi ha definito il film un thriller, la regista di Noi due sconosciuti ribatte: «Penso che non sia giusto definirlo un thriller. Credo sia un dramma, dove sono presenti elementi tipici del genere, nel solco del mio percorso lavorativo: ho cercato sempre di inserire un elemento quasi di “disagio” per permettere alla mia ispirazione artistica di manifestarsi». (...)
Ciak-ciakmagazine.eu, 28/11/2014

Critica (3):

Critica (4):
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