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Conta su di me - You Can Count on Me


Regia:Lonergan Kenneth

Cast e credits:

Sceneggiatura: Kenneth Lonergan; fotografia: Stephen Kazmierski; montaggio: Anne McCabe; scenografia: Michael Shaw; costumi: Melissa Toth; musica: Lesley Baker; interpreti:Laura Linney (Samantha 'Sammy' Prescott), Mark Ruffalo (Terry Prescott ), Matthew Broderick (Brian Everett, direttore di banca), Jon Tenney (Bob Steegerson), Rory Culkin (Rudy Prescott ), Halley Feiffer (Amy), Kenneth Lonergan (Padre Ron), Michael Countryman (Sig. Prescott ), Amy Ryan (Sig.ra Prescott), Peter Kerwin (Terry da piccolo), Adam LeFevre (Sceriffo Darryl), Whitney Vance (Sammy da piccola); produttore: John Hart, Jeff Sharo, Larry Meistrich, Martin Scorsese (esecutivo); produzione : Cappa Production, Hart Sharp Productions, The Shooting Gallery; distribuzione : Keyfilms; origine:Usa, 2000; durata:105'.


Trama:Sammy e Terry sono due fratelli molto legati, sin da piccolissimi. A cementare la loro unione ha contribuito la terribile disgrazia che ha colpito la famiglia Prescott: papà e mamma sono morti entrambi in un incidente d’auto. Da grandi, però, il loro rapporto non è certo rose e fiori. Sammy, divorziata da un tipo odioso e con un figlio di 8 anni, Rudy jr, è una funzionaria di banca tutta lavoro e chiesa; mentre Terry non fa che spostarsi tra la East e la West Coast, collezionando piccoli amori, piccoli lavori e piccoli soggiorni in galera. Un giorno, il bisogno di soldi porta di nuovo Terry dalle parti di casa, nella noiosissima Scotsville, dove tutti si conoscono. Sammy spera che il fratello si trattenga qualche giorno in più, e così sarà, anche perché la sua ragazza ha intanto avuto la bella idea di tentare il suicidio. Mentre Sammy è al lavoro, Terry e il bambino Rudy diventano amici. Il problema è che anche Terry è ancora un bambino...

Critica (1):La sceneggiatura di Conta su di me, premiata allo scorso Sundance e candidata all’Oscar, potrebbe essere considerata una tipica variazione sul tema dell’”angelo viaggiatore”: vale a dire quei personaggi che non intervengono nella storia per sé, ma per gli altri. La loro vita non cambia, ma il contatto cambia quella degli altri. Tanti piccoli Bagger Vance insomma. E poi via, a missione compiuta si riparte per la prossima tappa.
Il vagabondo Terry, penalizzato da un doppiaggio infelice che più che un hobo postmoderno ne fa un poveraccio dalla loquela inceppata e casinista, è uno di questi esseri celestiali. Solo che i suoi influssi sulla sorella, la brava Laura Linney, candidata anche lei all’Oscar come Migliore attrice protagonista, sono decisamente curiosi, considerato che ci troviamo, comunque, per tutto il film, immersi nel dolce zucchero filato del grande sogno sentimentale americano. Grazie a Terry, che la aiuta a scatenare la sua indole ribelle e repressa (cosa che noi non vediamo, ma i dialoghi del film ci assicurano che ne ha una) e – soprattutto – le tiene il bambino nelle ore libere, Sammy pianta uno straccio di uomo semidecente che si era trovata, intreccia una relazione con il suo nuovo capo sposato con tanto di moglie incinta al sesto mese (peggio che ne L’ultimo bacio: che dirà Muccino?), e pretende di convertire il fratello alla pratica attiva del cristianesimo. Poi, rendendosi conto di non essere un granché come esempio e di trovarsi circondata da ipocriti, accetta il suo fato e alla fine del film la vediamo che continua serena e conciliata a convivere con la sepolcralità imbiancata. Traendone al limite qualche piccolo ma solido vantaggio, come la conservazione del posto di lavoro. Insomma, o questo è un film diabolico, che dalla melassa dell’amore familiare chiuso nel cuore delle mille Scotsville della grande America fa emergere una morale all’acido muriatico, e c’è da sperarci; o è un mélo buonista e confuso, che non sa quello che i suoi personaggi fanno. Scegliete voi. Per il resto, musica country, stile morbido, fotografia tranquilla.
Laura Pugno, Cinema zip, 23/3/ 2001

Critica (2):Tutti, o quasi, cercano di fare del loro meglio in You Can Count on Me, debutto dello sceneggiatore (Terapia e pallottole) e regista teatrale Kenneth Lonergan presentato alla scorsa edizione del Festival di Venezia nella Settimana della Critica. C’è chi ci riesce di più e chi ci riesce di meno. Tra i primi Samantha detta Sammy (Laura Linney), giovane impiegata di banca divorziata con un bambino, e suo fratello Terry (Mark Ruffolo), un po’ scapestrato e ribelle ma fondamentalmente bravo ragazzo alla ricerca delle radici famigliari. Corre nella categoria anche Bob (Jon Tenney), il fidanzato un po’ troppo indeciso della donna. I secondi sono rappresentati da Brian (Matthew Broderick), nuovo direttore della banca e nuovo amante di Sammy, che - malgrado le buone intenzioni - è un po’ stronzo di fondo. Benché sia stato paragonato all’ormai inevitabile America Beauty (vizi privati e pubbliche virtù della famiglia americana, contesto suburbano), You Can Count on Me è una comedy-drama sostanzialmente amichevole e positiva, dove le madri troppo ansiose trovano, alla fine, l’energia per buttarsi alle spalle l’eccesso di costrizioni, gli zii instaurano rapporti splendidi con i nipotini e questi ne vengono compensati per la perdita dell’indegno padre naturale (l’unico cattivo della storia). Ciascuno è saggiamente disposto a chiudere un occhio sui peccati di Scottsville, una Peyton Place riveduta e aggiornata dove il prete del villaggio (lo interpreta in un “cammeo” lo stesso Lonergan) è il primo a non credere più che il sesso si punisca all’inferno. Molto apprezzato dal pubblico veneziano, You Can Count on Me non sarà un film di sconvolgente originalità, ma è ben prodotto (il produttore esecutivo è Martin Scorsese), sceneggiato (dal regista) con una certa vivacità e gode di un buon lavoro di casting. Incluso il piccolo Rory Culkin, ultimo rampollo della dinastia in carica dai tempi di Mamma, ho perso l’aereo, carino appena il giusto e non ancora affetto dalla sindrome del bambino-prodigio.
Roberto Nepoti, Kwcinema

Critica (3):

Critica (4):
Kenneth Lonergan
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