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Figlia mia


Regia:Bispuri Laura

Cast e credits:
Sceneggiatura: Francesca Manieri, Laura Bispuri; fotografia: Vladan Radovic; musiche: Nando Di Cosimo; montaggio: Carlotta Cristiani; scenografia: Ilaria Sadun; costumi: Antonella Cannarozzi; interpreti: Valeria Golino (Tina), Alba Rohrwacher (Angelica), Sara Casu (Vittoria), Udo Kier (Bruno), Michele Carboni (Umberto); produzione: Marta Donzelli e Gregorio Paonessa per Vivo Film, Alessandro Usai e Maurizio Totti per Colorado Film, Bord Cadre Films, The Match Factory, Rai Cinema, Zdf/Arte, Rsi Radiotelevisione Svizzera; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia-Svizzera-Germania, 2018; durata: 100’.

Trama:Vittoria, 10 anni appena compiuti, è una bambina divisa tra due madri: Tina, madre amorevole che vive in rapporto simbiotico con la piccola, e Angelica, una donna fragile e istintiva, dalla vita scombinata. Rotto il patto segreto che le lega sin dalla sua nascita, le due donne si contendono l'amore di una figlia. Vittoria vivrà un'estate di domande, di paure, di scoperte, ma anche di avventure e di traguardi, un'estate dopo la quale nulla sarà più come prima.

Critica (1):"Io sono così, cosa ti aspettavi? Io sono come la terra quando piove, che ti avvicini e poi sprofondi".
Nella natura ruvida e selvaggia di una Sardegna che sa di ferite e amore, di terra brulla, verdi profondi e resti di civiltà, Laura Bispuri trova l'abbraccio per una storia aspra, penetrante e commovente. Come la Sardegna. Figlia mia (dal 22 febbraio al cinema con 01 Distribution) è l'opera seconda della regista romana e il film della maturità. Una conferma e un bel passo avanti rispetto a Vergine giurata (2015), che già aveva convinto molti e l'aveva fatta conoscere come autrice rivelazione.
Non a caso al Festival di Berlino, dove è l'unico film italiano in concorso, Figlia mia è stato accolto con entusiasmo dalla stampa internazionale. Storia femminile, di donne, a tre, è una danza di avvicinamenti, fughe, ricerche.
Valeria Golino è Tina, una mamma attenta e premurosa che da quando è madre è madre e basta. L'esordiente Sara Casu, capelli rossi e occhi che guardano lontano, è Vittoria, dieci anni, il cuore che si interroga e sa annusare la verità. Alba Rohrwacher, che già ha lavorato con Bispuri in Vergine giurata, è Angelica, una donna impulsiva e perduta, una poco di buono che poi di buono così poco non ha. Una donna che sa e vuole sporcarsi. Com'era Vittoria appena nata, piccola e sporca. Tina, invece, lo sporco vuole mondarlo via, e invita con insistenza Vittoria a pulirsi bene tra le dita dei piedi.
Tra quelle due adulte scomposte, entrambe madri imperfette, Vittoria si muove e cerca la sua strada. Tra bizze, rifiuti, ostilità, per ritrovarsi alla fine lei un po' madre di entrambe.
La metafora dell'anguilla è la strada verso l'appartenenza. Vittoria appartiene a entrambe. Come racconta Angelica a Vittoria, le anguille partoriscono vicino all'oceano e poi i piccoli tornano da dove la madre è partita.
"Tutto gira e tutto torna com'era", è una battuta del film.
Tra le due madri che a sorpresa si contendono l'amore della figlia condivisa, non ci sono isterie urlate e violenze lancinanti. Bispuri, che ha realizzato la sceneggiatura insieme a Francesca Manieri, costruisce con sensibilità e originalità un rapporto speciale, che sa d'amore. Amore e odio e amore. Nessun litigio esasperato ed esasperante di certo cinema italiano, nessun giustizialismo, solo delicatezza solidale femminile, il tentativo supremo di capirsi, l'impulso generoso e meraviglioso di maternità.
Golino e Rohrwacher trovano una grande sintonia di diversità fisiche e umorali che si abbracciano e si respingono. I loro personaggi sono capaci di grandi dolcezze, ma anche di qualche meschinità. Le loro fragilità si trovano, spesso. E a volte si feriscono. Ma è il loro legame forte, quasi ancestrale, a pulsare sempre sicuro sopra a ogni incertezza. Con i loro corpi vicini, la confidenza dei gesti, la famigliarità del trovarsi e rifuggirsi.
È di grande intensità emotiva e tensione la scena di Golino che fugge via da Rohrwacher, nella notte, dalla capanna sul mare, con un volto che al dolore disperato fonde compassione.
Simona Santoni, panorama.it, 24/2/2018

Critica (2):“E perché la devi curare? É malata?”Ecco, Figlia mia sta tutto qui, in questo confronto tra due donne che hanno una visione radicalmente diversa della vita. In mezzo l’elefante, una bambina contesa, di cui ciascuna vede solo la metà che la riflette. Sono occorsi otto mesi di casting per trovare l’undicenne Sara Casu, che ha colpito fin da subito Laura Bispuri per i colori chiari che la rendono diversa dall’immaginario della tipica fisionomia sarda e per una sensibilità recitativa sicuramente fuori dal comune. La regista torna a Berlino tre anni dopo Vergine giurata, l’esordio nel lungometraggio che le valse l’ammissione alla competizione, con una storia impervia come la terra che racconta: uno sfondo aspro, bruciato dal sole, che non offre alcun riparo per fuggire il confronto che si va preparando. Figlia mia non è solo una storia sulla maternità ma anche, e soprattutto, una storia di crescita e di soglie da attraversare, che siano l’infanzia, la paura, i demoni del proprio passato. È un film di movimento, soprattutto a livello registico, girato con lunghi piani sequenza che, come in un balletto western, creano simmetria ed equilibrio tra i punti di vista delle protagoniste, ciascuna, a pieno titolo, portatrice di una ragione inattaccabile. Ragione e sentimento, ma di sentimentalismo nemmeno l’ombra, grazie all’ottima sceneggiatura della stessa Bispuri e Francesca Manieri. “Io sono come la terra quando piove, che più ci stai vicino e più sprofondi”: dice di sé il personaggio di Alba Rohrwacher, qui nella sua interpretazione migliore, ignorando che proprio questa possibilità di marcescenza attira la piccola Vittoria, nell’aver intravisto una via d’uscita rispetto al mondo di totale protezione, ma anche di chiusura, che le è stato costruito intorno.Come in Cenere di Grazia Deledda, per affidarsi ancora alle visioni della Sardegna, l’amore sicuro viene presto dimenticato: alle spalle l’infanzia e l’abbraccio di Valeria Golino, l’acqua fino alle caviglie, il mondo visto da dietro a un vetro. Davanti a sé un cammino senza paratìe, i tuffi dalle rocce, aspirina e fagioli in scatola a colazione. E la possibilità di esporsi, sfidarsi, scoprire una musica diversa da quella dell’organo di chiesa. Ed ecco che sulle note di Gianni Bella l’avvicinamento tra Vittoria e Angelica si fa racconto terso, vero, finalmente libero dagli stereotipi che gravano sulla maternità, tanto più quella italiana. Che la leggerezza, a saperla usare, sa commuovere quanto il dramma.
Beatrice Rinaldi, Il Mucchio Selvaggio-ilmucchio.it, 19 febbraio 2018

Critica (3):Applausi dalle donne, soprattutto, ma anche da non pochi giornalisti maschi alla proiezione per la stampa internazionale di Figlia mia, stamani presentato in concorso alla Berlinale. Alla sua seconda volta al festival tedesco, Laura Bispuri resta “emozionata e tesa”, perché comunque è da sola a rappresentare il Belpaese in corsa per l’Orso d’oro, e l’impresa non è facile. La sua avventura però non è in solitaria: con lei due radiose dive nostrane – Alba Rohrwacher e Valeria Golino – complici e rivali su un territorio granitico e misterioso come la Sardegna a contendersi l’amore di una bimba, l’undicenne Vittoria interpretata dalla prodigiosa Sara Casu, algherese ma dai canoni estetici irlandesi con quei lunghi capelli rossi. Di questo infatti racconta il secondo lungometraggio della cineasta romana, a due anni dall’esordio Vergine giurata. Angelica (Rohrwacher) è una giovane donna borderline che vive fra le bestie in campagna, ed è la madre naturale di Vittoria che tuttavia ha scelto di affidare alla “materna” Tina (Golino) al momento della nascita. A un certo punto i due universi collidono su Vittoria, divisa fra le donne in un percorso che necessariamente deve affrontare per diventare “grande”.Un film al femminile a tutto tondo: fatto da donne e sulle donne, uno sguardo concreto in risposta di troppe parole velleitarie assai di moda da qualche mese. D’altra parte Bispuri – che ha dichiarato ieri di sostenere #MeToo – sulla “materia femminile” lavora ab origine, da quando cioè ha scelto di diventare regista e tiene molto a distanziarsi dalle strumentalizzazioni: “Ho sempre messo il tema femminile al primo piano come scelta che risponde a un interesse personale, ma anche come gesto politico essendo stufa di vedere tanti film in cui le donne sono relegate in secondo piano, in perenne ‘attesa’ dell’uomo. Cerco di costruire personaggi femminili a tutto tondo, esplorarli nelle pieghe delle loro imperfezioni: penso che la mia strada proseguirà per questa direzione”.Ispirato dal racconto di una 20enne fatto a Laura Bispuri anni fa, Figlia mia mette dunque in scena una terra ancestrale come la Sardegna quale sfondo sensoriale di un conflitto antico, almeno quanto le storie bibliche o letterarie. E vedere due “cavalli di razza” (la definizione è della regista) come Golino e Rohrwacher sfidarsi dentro a un cinema “fisico” come il suo fa pensare alle grandi interpreti del passato che tanto hanno reso celebre la Settima Arte italiana. Non è un caso oggi un giornalista tedesco abbia visto nelle due dive le “eredi” rispettivamente di Sofia Loren e di Giulietta Masina, in una sfida potente e viscerale. Chiaramente fra le due attrici non ci sono state rivalità di alcun tipo, anzi.“Ci siamo vicendevolmente sostenute, dicendoci subito la verità, aprendoci senza scrupoli l’un l’altra, mettendoci per così dire a nudo. L’una ha reso l’altra migliore”, dicono all’unisono. E insieme anche con Sara/Vittoria hanno vissuto la loro “diaspora” nel momento in cui era necessario affrontare l’oscurità, quel “buco nero” dove la bimba va a cercare il tesoro e al ritorno dal quale riemerge come una persona nuova. Una sorta di rinascita, appunto, verso una vita nuova. Cinema complesso e autoriale, quello di Bispuri non è perfetto ma è perfettamente coerente alle sue intenzioni di esploratrice e meticolosa osservatrice delle umane fragilità. (…)
Anna Maria Pasetti, ilfattoquotidiano.it, 18/2/2018

Critica (4):
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