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Evolution


Regia:Mundruczó Kornél

Cast e credits:
Sceneggiatura: Kata Wéber; fotografia: Yorick Le Saux; musiche: Dascha Dauenhauer; montaggio: Dávid Jancsó; scenografia: Judit Varga, Albrecht Konrad; costumi: Sophie Klenk-Wulff, Melinda Domán; suono: Noemi Hampel; interpreti: Lili Monori (Éva), Annamária Láng (Léna), Goya Rego (Jónás), Padmé Hamdemir (Yasmin), Jule Böwe (Sig.ra Clausen); produzione: Match Factory Productions, Proton Cinema Kft; distribuzione: Teodora Film; origine: Gemania, Ungheria, 2021; durata: 97'.

Trama:La storia di una famiglia ebrea dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai nostri giorni, attraverso le vicende di tre generazioni: una riflessione potente sulla memoria e sull'identitŕ.

Critica (1):"Vado a vedere", dice un soldato dell'Armata Rossa ad un altro quasi al termine di una sequenza straordinaria, febbrile, soffocante, pietrificante ed estrema, che apre Evolution, il nuovo colpo di genio dell'ungherese Kornél Mundruczó (che condivide i titoli di testa con la sceneggiatrice Kata Wéber), presentato nel programma Cannes Premičre del 74° Festival di Cannes.E quando verso la fine del film sentiamo dire "stai cercando di politicizzare il problema per sottrarti alle tue responsabilitŕ. Non vedi piů niente o non vuoi vedere niente?", č facilmente immaginabile che tra questi due momenti sono stati trasmessi messaggi e segnali molto importanti. Il cuore nero del film, l'Olocausto, lo č ovviamente, ma il modo in cui il regista affronta questo tema particolarmente difficile e delicato č altrettanto fuori dal comune, artisticamente eccezionale e folgorante.
In tre parti stilisticamente del tutto diverse, Evolution esamina l'impatto del genocidio ebraico su tre generazioni della stessa famiglia. Non ci sono praticamente parole per descrivere il passato, dal momento che il film mostra tre uomini che puliscono febbrilmente, con abbondanti dosi d'acqua, di prodotti spruzzati ovunque e di frenetiche spazzolature, una stanza vuota di cemento che gradualmente si rivela essere una doccia i cui interstizi e condotti di drenaggio nascondono manciate di capelli, fino al momento in cui risuonano le urla di quello che sembra un bambino, come se uscisse dall'abisso. Questa piccola bambina, letteralmente estratta dalle viscere della morte in una sequenza di nascita terrificante e commovente, si chiama Éva. La ritroviamo nonna (Lili Monori) nel capitolo successivo, che si sviluppa attorno a un dispositivo totalmente diverso basato sulla parola. L'anziana donna č infatti impegnata in una lunga e vivacissima discussione con la figlia (Annamária Láng) intorno alla questione se dichiararsi o meno ebrea agli occhi dei tedeschi, e perché. Un acceso dibattito tra due donne che si amano, ma di cui la maggiore, nata ad Auschwitz, ha conservato la mentalitŕ e il ricordo (di storie terribili) di una sopravvissuta, mentre Lena vorrebbe semplicemente essere viva. Ed č quest'ultima che ritroviamo qualche anno dopo come madre di Jónás (Goya Rego), un adolescente attratto (ed č reciproco) dalla compagna di scuola Yasmin (Padmé Hamdemir), e i due futuri amanti hanno altre idee in mente che lasciare che simboli e conflitti del passato e del presente intralcino i loro desideri.
Trasmissione del trauma, desiderio e possibilitŕ di liberarsene, dovere della memoria e desiderio di lasciar andare un fardello pesante, silenzio e incontinenza verbale, alluvione e fiamme: Evolution tira molti fili di dolorose e complesse riflessioni ed esplora con rara intensitŕ un soggetto travolgente. Messo in scena con sorprendente virtuosismo e creativitŕ immersiva (Yorick Le Saux alla direzione della fotografia), il film pone a volte l'asticella molto in alto in termini di durezza, irruenza e radicalismo, ma č cosě che riesce ad aprire una personalissima finestra su nuovi orizzonti per un soggetto mostruosamente universale. (...)
Fabien Lemercier, cineuropa.org

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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