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Miracolo a Le Havre - Le Havre


Regia:Kaurismäki Aki

Cast e credits:
Sceneggiatura: Aki Kaurismäki; fotografia: Timo Salminen; montaggio: Timo Linnasalo; scenografia: Wouter Zoon; costumi: Frédéric Cambier; interpreti: André Wilms (Marcel Marx), Kati Outinen (Arletty), Jean-Pierre Darroussin (Monet), Blondin Miguel (Idrissa), Elina Salo (Claire), Evelyne Didi (Yvette), Quoc Dung Nguyen (Chang), François Monnié (Grocer), Roberto Piazza (Little Bob), Pierre Étaix (Dottor Becker), Jean-Pierre Léaud (denunciatore); produzione: Aki Kaurismäki, Reinhard Brundig, Fabienne Vonier per Sputnik-Pyramide Productions-Pandora Filmproduktion-Arte France Cinéma-Zdf/Arte-The Finnish Film Foundation- Canal +-Nordisk Film & Tv Fond-The Centre National du Cinéma et de L'image Animée-Yle Coproductions, Cinécinéma-Arte France; distribuzione: Bim; origine: Finlandia-Francia-Germania, 2011; durata: 93’.

Trama:Marcel Marx è un uomo semplice, un ex-scrittore ritiratosi a Le Havre a fare il lustrascarpe insieme alla moglie Arletty. I suoi giorni scorrono tranquilli, finché una serie di accadimenti metteranno alla prova la sua calma: l'arrivo nella sua vita di un immigrato dall'Africa nera, l'ammalarsi della sua amata e il duro scontro con il sistema costituzionale occidentale. Tuttavia, il suo ottimismo non sembra cedere e il buon cuore degli abitanti del suo quartiere aiuterà non poco...

Critica (1):Lo stile è quello di sempre, la regia e la direzione degli attori anche, così come non cambia la voglia di scegliere i suoi protagonisti tra i reietti e i perdenti. Ma per una volta non sono la disperazione e lo sconforto a vincere bensì il sogno e la speranza, con il cinema che per una volta offre i suoi 'poteri' per cambiare la realtà in meglio, per piegarla ai desideri più belli. Succede così in Le Havre, l'ultimo film di Aki Kaurismäki, ambientato in questa città di moli e container ma anche di vecchi bar, piccole case di periferia e negozietti sfuggiti alla globalizzazione. (...) Miracolo è la parola giusta da usare, per sintetizzare lo straordinario equilibrio tra intenzioni e realizzazioni, tra semplicità della messa in scena e poesia della recitazione e dei dialoghi. Ma se a questo 'miracolo artistico' potevamo essere già preparati con Kaurismäki, quello che stupisce è proprio il ricorso a un miracolo vero e proprio per invertire la marcia della realtà. Il regista non chiude gli occhi di fronte al dolore del mondo: parla di povertà, di immigrazione clandestina, di repressione, di malattia. Ma poi chiede al cinema di cambiare le carte in tavola, alla ricerca di quell'happy ending che una volta era visto come la prova provata del cinema oppio dei popoli.
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera, 18/5/2011

Critica (2):Che meraviglia vivere nel mondo di Aki Kaurismäki, nella stradina quieta di una città di mare dove i vicini di casa si aiutano l'uno con l'altro, dove un giovane clandestino africano trova riparo e protezione, dove ci si ammala gravemente e si guarisce perché sarebbe giusto che ad ogni buona azione corrispondesse un premio. (...) Ogni tanto, in mezzo agli orrori e alle ingiustizie, qualcosa che provi a riconciliare con la parte buona dell'umanità, ci deve pur essere. Le Havre è nato da questa disposizione d'animo, dalla scelta di affrontare un tema serio e grave come l'immigrazione, con la doppia lente della favola ironica e della passione cinefila. Da una parte le figure tipiche del mondo dell'autore, con le loro facce più vere del vero, dall'altra i rimandi alle atmosfere dei film di Bresson, Melville, Tati, Carné. Anche i nomi dei personaggi non sono scelti a caso, ognuno ha il suo rimando cinematografico, ognuno ricorda qualcosa e qualcuno.
Fulvia Caprara, La Stampa, 18/5/2011

Critica (3):Aki Kaurismäki (...) torna, con questo film, a girare in Francia dove aveva già ambientato, vent'anni fa, il suo Vita da Bohème. (...) Un autore che si conferma, dietro il suo umorismo nero e perfino il cinismo, «un regista profondamente umanista, la cui opera è attraversata dal tema della dignità». L'uomo kaurismakiano è di preferenza povero di mezzi materiali (perfino il cibo), ma quei pochi li cede o li divide volentieri con chi ha meno di lui. Silenziosi e spesso malinconici (come il suo autore) i suoi personaggi possiedono però un'innata dote di solidarietà verso i più deboli e i bisognosi: danno senza chiedere niente in cambio: perché così è giusto che sia fatto. Laconico, melanconico, quasi dimesso ma acceso dai lampi di umorismo cui accennavamo, Le Havre contiene più di uno spunto di riflessione sulla nostra società di quanto posa apparire o di quanto l'autore abbia mascherato sotto la patina del passato e, ancora una volta, è la musica rock-blues a costituire un punto importante di svolta narrativa. Conosciuta come la città del rock e del blues, Le Havre ha il suo Elvis (o il suo Johnny Halliday, se volete) in Little Bob (al secolo Roberto Piazza), una sorta di Little Tony locale. Sarà lui, con la sua simpatica verve da vecchio rockettaro sempre sulla breccia, a risolvere la situazione. Kaurismäki, cinema, rock: l'indistruttibile trinomio.
Andrea Frambrosi, L'Eco di Bergamo, 18/5/2011

Critica (4):
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