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Navigatore (Il) - Navigator (The)


Regia:Keaton Buster

Cast e credits:
Soggetto: Clyde Bruckman, Jean C. Havez, Joe Mitchell; sceneggiatura: Clyde Bruckman, Jean C. Havez, Joe Mitchell; fotografia: Bert Haines, Byron Houck, Elgin Lessley; scenografia: Fred Gabourie; interpreti: Clarence Burton, H. M. Clugstone, Noble Johnson (capo dei cannibali), Buster Keaton (Rollo Treadway), Kathryn McGuire (Patsy O'Brien), Frederick Vroom (suo padre); produzione: Joseph M. Schenck per la Metro Goldwyn Pictures Corp.; distribuzione: Cineteca Griffith; origine: Usa, 1924; durata: 60'.

Trama:Un miliardario e la sua fidanzata finiscono per sbaglio su un transatlantico mandato alla deriva da alcuni malviventi che hanno anche rapito il padre della ragazza. La nave si arena nei pressi di un'isola i cui selvaggi abitanti rapiscono la fanciulla...

Critica (1):Dopo aver diretto e interpretato una ventina di cortometraggi, fra il 1920 e il 1922, Buster Keaton (Pickway, KA, 4 ottobre 1896 - Woodland Hills, California, 1 febbraio 1966) inizia nel 1923 la sua più felice stagione creativa, che gli consentirà di produrre una dozzina di film muti tra i migliori nell'intera storia del comico cinematografico. Fino agli anni cinquanta della comicità keatoniana si aveva un concetto riduttivo: la contemporanea presenza di Chaplin aveva impedito che se ne desse l'immagine appropriata, il confronto tra i due si era sempre risolto a sfavore dell' "uomo che non ride mai". Probabilmente, a vantaggio di Chaplin giocavano l'esplicito impegno sociologico e una più evidente tessitura narrativa (nel tradizionale senso melodrammatico) dei film maggiori. La situazione, ora, è cambiata. Keaton, rivalutato con argomenti plausibili dai critici delle ultime generazioni, ritrova il posto che gli si addice e che d'altronde era già stato suo nel periodo finale del cinema muto, anche a prescindere dal confronto (tutto sommato esteriore e poco significativo) con Chaplin. Due motivi giustificano la rivalutazione in atto: il carattere specificamente cinematografico della maschera creata da Keaton (esiste uno stretto rapporto fra la immobilità - disarmata e disarmante - del volto dell'attore e lo "sguardo" oggettivo della macchina da presa) e la conseguente capacità del regista di inventate e animare lo spazio in cui il film si svolge, "ritagliandolo" con naturale precisione dallo spazio neutro della realtà. In una parola, la comicità keatoniana è anzitutto cinema.
The Navigator è il quarto lungometraggio dì Keaton. Esce nell'ottobre del 1924, nello stesso anno in cui è già apparso (a giugno) Sherlock junior. Si compone di sei rulli, narra la storia della disperante-vittoriosa lotta di un miliardario contro le materiali avversità del mondo. Un mondo non straordinario né fantascientifico, ma quotidiano e comunissimo: quello della vita di tutti, che ovviamente un uomo come Rollo (viziato e bendato dalla ricchezza) non può conoscere. La storia non è né pessimistica né ottimistica. Keaton compone immagini, non maneggia idee e nemmeno sentimenti. Fa cinema, si appoggia a quello che le consuetudini (i generi) del cinema gli offrono, in particolare al film d'avventura. E, dunque, imbastisce un'avventura nei modi - incidenti, sorprese, pericoli, scioglimento fortunato dell'azione - che il cinema americano in quegli anni predilige.
Rollo ama Patsy, la figlia dell'armatore O'Brien. Un giorno va a chiederla in moglie, sale sulla sua Rolls Royce, compie una breve conversione ed è arrivato (la ragazza abita nella casa di fronte). Intanto, ha fatto prenotare due posti su una nave, per la luna di miele. La ragazza, che non aveva mai saputo delle intenzioni di Rollo, rifiuta. Le cose subito si complicano. Il padre di Patsy è stato trascinato in un losco affare con un gruppo di spie a proposito d'una sua vecchia nave il nome beneaugurante di The Navigator. Un doppio equivoco fa sì che salgano a bordo, l'uno all'insaputa dell'altra, Rollo (che, avendo deciso di fare la crociera, parte) e Patsy (alla ricerca del padre). Le spie, scoperte dalla polizia, scappano. The Navigator prende il largo. I due sono soli a bordo. Occorre organizzarsi in qualche modo. Rollo, che dei fastidi della vita pratica non sa nulla, deve (e vuole, per amore) provvedere ad ogni cosa: alla cucina, alla illuminazione, al riposo, allo svago, alla riparazione di un'avaria. Lo fa con mezzi spropositati e con il piglio dell'eroe: per esempio, fa bollire le uova in una pentola gigantesca e, quando le tira fuori, gli si rompono tutte; apre una scatola di latte con il trapano e il latte va perduto. Non si scompone. Procedendo di tentativo in tentativo, risolve tutti i problemi: le soluzioni sono ingegnose e assurde (assurde perché pratiche, e viceversa). Talvolta, non riesce nell'intento (come quando usa, per illuminazione, fuochi artificiali scambiati per candele), ma anche i fallimenti sono utili, in prospettiva. Per riparare un guasto all'elica, indossa lo scafandro del palombaro, cala impavido sott'acqua, dove respinge gli assalti di un'aragosta e di un pescespada (in una sequenza orchestrata con il rigore inflessibile e la leggera dì un balletto). E qui giunge la catastrofe. La nave, mentre Rollo lavora, è assalita dai cannibali, che rapiscono Patsy e tagliano la manichetta dell'aria allo scafandro. Ma lo scafandro risale alla superficie, come una sorta di pallone. I selvaggi fuggono atterriti. Rollo libera la ragazza. Insieme tornano sulla nave. Ricompaiono i cannibali, ma Rollo, usando i fuochi artificiali e un cannoncino, si difende energicamente. I selvaggi sono troppi e avrebbero la meglio se non emergesse un sommergibile per portare in salvo i due. Il contrasto che conta, nel cinema di Keaton, è quello fra l'uomo e gli oggetti (come per altri comici, cinematografici e no) o, più esattamente, fra l'uomo e le macchine: e quest'ultimo, per gli aspetti che assume, è soltanto suo. La macchina è misteriosa (le sue forme e i suoi movimenti mettono paura). Ma può essere domata, e piegata agli usi dell'uomo. Il domatore può riuscire nello scopo solo se non indietreggia davanti a nulla: la lotta, allora, diventa "epica" e, perciò, comica. E questo è l'unico modo che l'uomo ha per crescere, e far sua, la realtà. Ci sarà sempre una macchina per trarlo d'impaccio.
Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare, Mondadori, 1978

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Buster Keaton
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