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Sorelle Mai


Regia:Bellocchio Marco

Cast e credits:
Sceneggiatura: Marco Bellocchio; fotografia: Marco Sgorbati, Gian Paolo, Conti William Santero, Matteo Fago; musiche: Carlo Crivelli, Enrico Pesce; montaggio: Francesca Calvelli, Claudio Misantoni, Stefano Mariotti; scenografia: G. Maria Sforza Fogliani; costumi: Daria Calvelli; interpreti: Pier Giorgio Bellocchio (Giorgio), Elena Bellocchio (Elena), Donatella Finocchiaro (Sara), Letizia Bellocchio (zia di Sara e Giorgio), Maria Luisa Bellocchio (zia di Sara e Giorgio), Gianni Schicchi (Gianni, l'amico di famiglia), Alba Rohrwacher (la professoressa), Valentina Bardi (Irene), Silvia Ferretti (Silvia), Irene Baratta (la professoressa), Alberto Bellocchio (il preside), Anna Bianchi (la professoressa); produzione: Kavac-Fare Cinema-Provincia di Piacenza-Comune di Bobbio-Rai Cinema; distribuzione: Teodora Film; origine: Italia, 2010; durata: 105’.

Trama:Il regista Marco Bellocchio segue le vicende che avvengono nella casa dove è cresciuto con le sue sorelle Letizia e Mariuccia. Quello è il luogo dove torna sempre, nella bellissima Bobbio, nel Piacentino dove il Trebbia scorre tranquillo. Nella casa vive la piccola Elena, figlia di Sara, la bambina di cui si segue l'evoluzione, prima a tre poi a cinque e a dieci anni. Elena vive con le zie nel paese perché sua madre fa l'attrice ed è costretta a spostarsi di continuo. Ma la bambina non è sola. Suo zio Pier Giorgio la adora e sua madre non l'ha abbandonata: appena le è possibile torna per trascorrere del tempo con lei. Un giorno, però, Sara arriva con una novità. Vuole portare Elena con sé a Milano. È arrivato il momento in cui la bambina dovrà lasciare il paese, la sua casa natale e separarsi dalle zie, forse definitivamente...

Critica (1):«Per noi della famiglia Bellocchio Sorelle Mai ha un valore molto più profondo del semplice film. In quei 90 minuti sono concentrati dieci annidi vita: confronti, scontri, riappacificazioni. E poi c'è Bobbio, il nostro luogo».
Pier Giorgio Bellocchio, primogenito di Marco racconta così il film girato con suo padre nel paesino emiliano. Perché ci sono case che sono appunto luoghi dell'anima, dove i muri, le finestre, le stanze, sono e ocazioni di legami, ricordi, stagioni della vita. È così per la casa di famiglia di Mauro Bellocchio nel centro storico di Bobbio in Val di Trebbia. Lì nel 1965 il regista ci ha girato il suo rivoluzionario esordio I pugni in tasca, lì ci torna ogni estate per i corsi di cinema che dedica ai giovani. Lì si svolge Sorelle Mai (dal 16 marzo nei cinema) che fra realtà e finzione si snoda lungo dieci anni della vita «estiva» di una famiglia sui generis: due vecchie zie (le vere zie del regista vitalissime nonostante l'età, Giorgio venticinquenne inquieto a cui spesso è affidata la nipotina Elena, figlia di sua sorella Sara, bella e assente anche quando c'è perché troppo concentrata sulla sua carriera di attrice.
Gli interpreti, a parte Donatella Finocchiaro e Alba Rohraaher, fanno tutti parte dei clan Bellocchio. Così Elena è la seconda figlia di Marco (la mamma è la montatrice Francesca Calvelli). E Giorgio è Pier Giorgio Bellocchio, che – come in un cerchio generazionale che si chiude – è in questo giorni a teatro con I pugni in tasca, adattamento del film del padre.
Perché ha detto che questo film è una seduta di psicoanalisi lunga dieci anni.?
«Perché ho cominciato a girare che avevo 24 anni, ero single, senza figli, in cerca di una mia identità. Ho finito che ero sposato, con due figli e con un rapporto più sereno con mio padre. Siamo cambiati tutti in questi anni. Ci sono famiglie che si riuniscono per i compleanni, noi per fare cinema».
Ma lei va in analisi?
«Certo, da anni e continuerò a farlo».
Tim Burton dice che lui non va in analisi perché scrutare l'inconscio non è utile per un artista.
«Bisognerebbe portalo a cena con mio padre, che senza la psicoanalisi non avrebbe più fatto un film».
Però i film che ha girato durante l'analisi non sono i più riusciti.
« È vero: durante il lavoro analitico con Massimo Fagioli ha girato dei film difficili, ma perché stava facendo un lavoro complesso. Dopo, però, sono arrivati L'ora di religione, Buongiorno, notte, ll regista di matrimoni. E se a 70 anni ha girato un'opera come Vîncere, non si può pensare che tanti anni di analisi non abbiano avuto un ruolo nell'arrivare a quell'età con la brillantezza, la vitalità e la capacità di guardare avanti che ha dimostrato di avere».
Quanto è difficile essere il figlio di Marco Bellocchio?
«È la prima volta, in tanti anni, che questa domanda è posta nella maniera corretta perché il problema per me è essere figlio dell'uomo Bellocchio, complesso, coerente, rigoroso, che non accetta compromessi, e non del grande regista. Con un padre così devi sempre dimostrare di mirare alto».
Ma oggi il rapporto com'è?
«Bello.I miei genitori si sono separati quando io avevo sei anni. Quando, a 18 anni, sono andato a vivere da solo, la nostra relazione è diventata più intensa, ma anche molto conflittuale. Fino a quando, 16 anni fa, è nata mia sorella Elena che amo moltissimo. Allora ho riscoperto mio padre».
E lei che padre è?
«.Ancora non lo so. Creare una famiglia è davvero complicato».
Federica Lamberti Zanardi, Il Venerdì di Repubblica, 11/3/2011

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