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Chiave di Sara (La) - Elle s'appelait Sarah


Regia:Paquet-Brenner Gilles

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo di Tatiana De Rosnay; sceneggiatura: Serge Joncour, Gilles Paquet-Brenner; fotografia: Pascal Ridao; musiche: Max Richter; montaggio: Hervé Schneid; scenografia: Françoise Dupertuis; costumi: Eric Perron; effetti: Rodolphe Chabrier, Mac Guff Ligne; interpreti: Kristin Scott Thomas (Julia Jarmond), Mélusine Mayance (Sarah Starzynski), Niels Arestrup (Jules Dufaure), Frédéric Pierrot (Bertrand Tezac), Michel Duchaussoy (Édouard Tezac), Dominique Frot (Geneviève Dufaure), Gisèle Casadesus (Mamé), Aidan Quinn (William Rainsferd), Natasha Mashkevich (Sig.ra Starzynski), Arben Bajraktaraj (Sig. Starzynski), Sarah Ber (Rachel), Karina Hin (Zoé Tezac), George Birt (Richard Rainsferd), Charlotte Poutrel (Sarah adulta), James Gerard (Mike Bambers), Joe Rezwin (Joshua), Paul Mercier (Michel Starzynski), Simon Eine (Franck Lévy), Paige Barr (Ornella Harris), Vinciane Millereau (Nathalie Dufaure), Xavier Beja (André Tezac); produzione: Hugo Productions-Studio 37-Tf1 Droits Audiovisuels-France 2 Cinéma; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia, 2010; durata: 111’.

Trama:Parigi. Nella notte del 16 luglio 1942, gli ebrei vengono arrestati e ammassati al Velodromo d'Inverno per poi essere deportati nei campi di concentramento nazisti. Tra loro c'è la piccola Sara Starzynski, che ha solo dieci anni e che è riuscita a nascondere il suo fratellino Michel in un armadio prima dell'arrivo della polizia, promettendogli che un giorno sarebbe tornata. A sessant'anni di distanza, la giornalista americana Julia Jarmond - sposata con il francese Bertrand e che vive in Francia da vent'anni - viene incaricata di realizzare un reportage sul rastrellamento. Quando Julia scopre che la casa in cui sta per trasferirsi è la stessa in cui viveva la famiglia di Sara, si convince che la bambina è sopravvissuta allo sterminio e per questo decide di seguirne le tracce. L'esame degli archivi, le interviste ai testimoni e le ricerche dei sopravvissuti faranno conoscere a Julia nuovi e sconosciuti aspetti della Francia e del suo popolo, portando alla luce anche singolari risvolti della sua stessa esistenza.

Critica (1):Un capitolo della storia intrecciato con una ricerca personale. Un'inchiesta av­vincente come un thriller, un mistero familiare, scoperte sconvolgenti e sentimenti universali: La chiave di Sara, il film diretto da Gilles Paquet-Brenner (...) affronta l'Olocausto da un punto di vista originale. La protagonista è una giornalista americana che vive a Parigi (Kristin Scott-Thomas). Incaricata di scrivere un reportage sul rastrellamento del Velodromo d'Inverno, uno degli episodi più drammatici dell'odissea degli ebrei francesi, scoprirà che l'ultima sopravvissuta ha abitato nella casa in cui lei stessa vive. E l'americana dovrà fare i conti con inaspettati risvolti della sua esistenza.
Paquet-Brenner, perché ha deciso di girare questo film?
«Il romanzo di Tatiana de Rosnay mi ha letteralmente sconvolto. Racconta una bellissima vicenda che ha tutto per catturare il pubblico: l'intreccio, un segreto di famiglia, l'attenzione puntata su alcune zone d'ombra della storia...È un errore pensare che sia un tema di ieri. Le vicende affrontate hanno ri­percussioni sul presente e offrono infiniti motivi di riflessione».
In che senso?
«Oggi tutto parla del passato, risente dei fatti che hanno segnato la storia. E sarà sempre così».
Lei è di famiglia ebraica?
«Sì, e gli uomini di casa sono spariti all'epoca delle deportazioni. Mio nonno, un musicista tedesco che aveva sempre vissuto in Francia, è stato denuncia­to da alcuni francesi ed è morto in un campo di concentramento. Il film è anche il mio modo di rendergli omaggio. Ma l'avrei girato lo stesso anche se non avessi avuto origini ebraiche: è una bellissima storia da raccontare».
Com'è andato il film in Francia?
«Molto bene. È uscito nello stesso giorno di The Social Network eppure ha fatto ottimi incassi. Segno che il pubblico apprezza i soggetti universali».
Qualcuno è contrario alla spet­tacolarizzazione della Shoah, ne ha tenuto conto?
«Sì, il dibattito c'è stato, ma ora le cose stanno cambiando e la gente ha capito che anche la fiction può aiutare a ricordare la tragedia dell'Olocausto. L'identificazione con i personaggi di un film rende i fatti più accessibili, soprattutto ai giovani».
Secondo lei rischiamo di perdere la memoria?
«Non credo, ma è bene continuare a parlare della Shoah. È un modo, tra l'altro, per denunciare ogni forma di genocidio. Facendo molta attenzione a non sfruttare la memoria. Un cattivo film sulla Shoah può risultare controproducente».
È stato complicato trovare i finanziamenti?
«Sì. Il soggetto all'inizio veniva considerato difficile e una decina di volte ho temuto di non farcela. Invece il produttore Stéphane Marsil, dando prova di tenacia e stabilità fuori dal comune, non ha mollato».
Perché ha scelto Kristin Scott-Thomas?
«Perché corrisponde perfettamente al personaggio che interpreta. La sua adesione al progetto è stata fondamentale».
Secondo lei, quali sono i migliori film sull'Olocausto?
«Schindler's List, La vita è bella, Il pianist».
Gloria Satta, Il Messaggero, 4/1/2012

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