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Guerra è dichiarata (La) - Guerre est déclarée (La)


Regia:Donzelli Valérie

Cast e credits:
Sceneggiatura: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm; fotografia: Sébastien Buchmann; montaggio: Pauline Gaillard; scenografia: Gaëlle Usandivaras; costumi: Elisabeth Mehu; suono: André Rigaut; interpreti: Valérie Donzelli (Juliette), Jérémie Elkaïm (Roméo Benaïm), César Desseix (Adam Benaïm a 18 mesi), Gabriel Elkaïm (Adam Benaïm a 8 anni), Brigitte Sy (Claudia Benaïm, madre di Roméo), Elina Löwensohn (Alex, compagna di Claudia), Michèle Moretti (Geneviève, madre di Juliette), Philippe Laudenbach (Philippe, padre di Juliette), Bastien Bouillon (Nikos), Béatrice De Staël (Ghislaine Prat, pediatra), Anne Le Ny (Dott.ssa Fitoussi, neuropediatra), Frédéric Pierrot (Prof. Sainte-Rose), Elisabeth Dion (Dott.ssa Kalifa), Marie Donzelli (Marine, assistente sociale), Claire Serieys (Clarisse); produzione: Rectangle Productions-Wild Bunch; distribuzione: Sacher Distribuzione; origine: Francia, 2011; durata: 100’.

Trama:Romeo e Juliette erano liberi e felici. Poi, una brutta malattia colpisce il loro bambino, Adam, e tutto sembra precipitare. Tuttavia, la drammatica esperienza aiuterà entrambi a conoscere nuovi aspetti l'uno dell'altra e insieme, dalle ceneri del dolore, sapranno far risorgere il loro amore.

Critica (1):Allo scorso festival di Cannes, è stato un colpo di fulmine per tutti. In Francia ha avuto pagine di recensioni entusiaste, molte candidature ai César, lo hanno scelto per rappresentare la Francia alla corsa degli Oscar per il miglior film straniero, ha diviso anche gli amici più cari, tra tanti innamorati c'è pure qualcuno che lo ha detestato. Ma per vedere La guerre est declarée di Valérie Donzelli, in Italia distribuito da Nanni Moretti, dovremo aspettare 1'8 giugno. Intanto però ha aperto i Rendez-vous del cinema francese, in corso questo giorni a Roma, manifestazione che promuove i nuovi film d'oltralpe, con o senza distribuzione – anzi c'è anche un «mini-marché» per facilitare eventuali acquisti.
Ma cosa c'è di tanto speciale in questo (magnifico) film, il cui successo dopo la prima proiezione – Evento speciale nella Semaine de la critique – sembrava avere disorientato i suoi autori per primi, con Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, entrambi protagonisti e autori della sceneggiatura, compagni nella vita e uniti anche se, come dicono le cronache si sono separati, da una complicità preziosa e bella?
La grazia con cui maneggia i sentimenti parlando di vita mentre racconta il dolore della malattia e della morte. E lo fa senza effetti speciali, senza la dittatura della lacrima gratificante, con l'incoscienza, questa sì commuovente, della libertà. La loro, intanto, di poter parlare come vogliono di qualcosa che gli ha fatto tanto male. E quella di noi spettatori, mai messi sotto ricatto... Sì, perché La guerre est déclaréeè una storia «vera», autobiografia che però non documenta i fatti. E non è neppure autofinzione, anche se la voce narrante mette una distanza all'io. È tragedia, e commedia, musical e storia d'amore, una danza dislessica di immagini che inventano un universo, con discrezione.
Romeo (Elkaïm) e Juliette (Donzelli) si incontrano in una discoteca, è amore al primo sguardo in una corsa a perdifiato nella notte parigina. Sono giovani, belli, nessuno li potrà separare. Vanno a vivere insieme e un giorno arriva Adam. Il bimbo piange molto, la notte li tiene svegli, la loro vita è sconvolta, sembrano quasi farsi travolgere finché non ritrovano l'armonia, cercando di reinventare il loro rapporto con lui. «Siamo riusciti a integrarci in tre» dice la voce narrante.
Tutto bene, allora, come in una fiaba dei nostri giorni? No, perché il bimbo sta male spesso, vomita, e le rassicurazioni un po' filosofiche della pediatra non tranquillizzano i due preoccupatissimi genitori. Finché un giorno Romeo fissando il figlio si dispera, il bimbo non tiene la testa... La pediatra li spedisce da una specialista fuori Parigi, corsa in Tgv, l'ansia della attesa, Juliette è lì sola, spaventata, il medico le dice che il piccolo Adam ha un tumore al cervello e si deve operare d'urgenza.
Da quel momento, per Romeo e Juliette saranno mesi di ospedali, camere sterili, medici, cure, terapie e soprattutto l'attesa. Sospesi in una realtà irreale si disperano, si sostengono, dividono tutto, si lasciano e però resistono. «Alla fine erano distrutti ma solidi» ci dice sempre la voce narrante.
«Non volevamo raccontare un'esperienza personale, ma fare un film d'azione, di movimento, e
la malattia di nostro figlio era la materia per raccontare una grande storia d'amore, un'avventura» hanno detto ieri, a Roma, i due autori e attori.
Infatti. La dichiarazione di guerra comincia da qui. É una guerra contro la paranoia, il dolore, i sensi di colpa, la scoperta che anche in quel momento, in quell'attesa, continuano a esserci le variazioni della vita, i tempi morti dell'attesa ma anche i tempi del fare, il gusto di una sigaretta fumata fuori dall'ospedale e il piccolo che non deve mai sentirsi abbandonato. Ed è una guerra alla morte, alle ipocrisie della commiserazione, ai parenti che vogliono immischiarsi, alla stupidità degli altri e alla propria.
In Iraq cadono le prime bombe americane, «la guerra è dichiarata» dice la radio captata nell'insonnia – siamo nel 2003. E questi due ragazzi, Romeo e Juliette, combattono contro la disperazione. Ma anche contro i luoghi comuni del dolore, contro la dittatura della felicità, e contro quella ancora più assoluta dell'infelicità. E il film conduce la sua guerra con capriole, le immagini corrono, si ribaltano, giocano, si guardano, danzano, palpitano nella «traduzione» narrativa dell'esperienza e dell'io a una dimensione universale. Romeo e Juliette combattono con ogni mezzo, e nel loro inno alla vita, attraverso il cinema, Demy Truffaut per citarne solo alcuni, rompono la linea quasi proibita tra l'intimità e ciò che si può mostrare nell'immaginario. Senza falsi pudori.
Cristina Piccino, Il Manifesto, 19/4/2012

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