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Repairman (The)


Regia:Miltton Paolo

Cast e credits:
Sceneggiatura Paolo Mitton e Francesco Scarrone; fotografia: David Rom; montaggio: Enrico Giovannone e Matteo Paolini; musiche originali: Alan Brunetta e Ricky Mantoan; scenografia: Francesco Boerio; costumi e trucco: Anna Filosa; effetti speciali UK: M. Fabbro, A. Sicilia, J. Arteman, M.Tudor-Williams, F. Zaveti - Analog Studio, London; effetti speciali ITA: E. De Palo e J. Landi; interpreti: Daniele Savoca (Scanio), Hannah Croft (Helena), Paolo Giangrasso (Fabrizio), Fabio Marchisio (Gianni), Irene Ivaldi (Zoe), Francesca Porrini (Carmen), Elena Griseri (insegnante dell’autoscuola), Alessandro Federico (Pitu), Lorenzo Bartoli (idraulico), Beppe Rosso (zio), Anna Bonasso (padrona di casa), Ettore Scarpa (commesso), Barbara Mazzi (studentessa universitaria); produzione: Aidia Productions (Ita) & Seven Still Pictures (Uk) in collaborazione con FIP–Film Investimenti Piemonte e Acting Out Creative Studio con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte; distribuzione: Cineama in collaborazione con Slow Cinema; origine: Italia, 2013; durata: 89’.

Trama:Scanio è un ingegnere mancato che si guadagna da vivere riparando macchine da caffè. In seguito ad un'infrazione si trova a seguire un corso di recupero punti in un'autoscuola di provincia. Chiamato a spiegare come abbia perso la patente, travolge insegnante e compagni di corso con il racconto del suo ultimo anno di vita. Tra amici ormai realizzati che non perdono occasione per criticarlo, lo squillo insistente di un vecchio telefono e lo zio panettiere che lo incoraggia sempre a valorizzare le sue doti, Scanio si muove in equilibrio precario fra le contraddizioni del mondo moderno. Un mondo che preferisce continuare a correre e non incoraggia chi, come lui, si prende il tempo per capire ciò che non funziona e ripararlo. Solo Helena, giovane inglese, trasferitasi in Italia per lavorare come esperta di risorse umane e interpretata dall’attrice inglese Hannah Croft,
pare essere in grado di capirlo e di rassicurarlo. Almeno per un po'...

Critica (1):Approda in sala, dopo un’originale campagna promozionale online centrata sullo slogan “ogni riparazione è una piccola rivoluzione”, l’esordio nel lungometraggio di Paolo Mitton.
L’indolente Scanio (Daniele Savoca), che sbarca il lunario in una cittadina piemontese riparando macchinette del caffè e altri macchinari, è de-sincronizzato rispetto al mondo, e non se ne preoccupa affatto, a suo agio con la propria lentezza, la sua filosofia d’altri tempi, le sue abitudini eccentriche. Il racconto in prima persona porta il pubblico a empatizzare con lui, assumendolo a paradossale e straniante modello positivo, in una sovrapposizione anche tra personaggio e autore (la didascalia iniziale, al proverbiale “tratto da una storia vera”, aggiunge ironicamante “almeno, a me è successo”).
The Repairman è un’apologia dell’ingenuità e della dabbenaggine di chi non è fatto per i ritmi e le scaltrezze del presente. L’inadeguatezza del protagonista, al contempo tragica e ridicola, sta già nel suo nome mutilato, Scanio senza la A iniziale che tutti tendono ad attribuirgli. A causa della sua incapacità a guardare più in là del proprio naso, anche la relazione con Helena, giovane studentessa inglese di sociologia, sembra destinata a scricchiolare.
Se rispetto al consesso sociale Scanio è quasi un disadattato, è subito chiaro che è la società a disfunzionare e avere bisogno di essere riparata: ne sono esemplari tipici i suoi amici, completamente omologati sin dalle loro quotidiane ipocrisie e meschinità. Del resto, una società che ha smarrito il valore della “riparazione” non può che essere la stessa in cui si insegna a licenziare in modo soft, il che è precisamente l’oggetto degli studi di Helena. Quando si tratta di liquidare qualcuno, Helena suggerisce di evitare di farlo attraverso una lettera (forse è meglio un’oggettiva, incontrovertibile foto?).
The Repairman è un esordio promettente, pur appartenendo a un tipo di cinema che sembra volersi ritagliare nel panorama nostrano un posto volutamente appartato: assomiglia un po’ a Scanio nella sua incapacità di immaginarsi una via per il successo, fuorché nel sogno a occhi aperti in cui si vede assegnato il Nobel.
I limiti dell’operazione di Mitton non stanno tanto in ridondanze come l’abuso della dissolvenza in nero, né in piccoli difetti di sceneggiatura (la seconda parte rischia la ripetitività a causa della costante incapacità di Scanio a reagire agli eventi). The Repairman mostra la corda nell’indulgenza verso un personaggio che, al di là del suo simpatico candore, non è in grado di rappresentare alternative autentiche al conformismo dominante. Mitton appare ripiegato su se stesso come sul suo personaggio, mentre la sua critica sociale tende allo stereotipo: il regista strizza l’occhio al Moretti di qualche anno fa (l’eccesso di attenzione per i neonati rimanda al secondo episodio di Caro Diario) mancando però della sottile ferocia autoreferenziale del personaggio di Michele Apicella.
Come modello, Mitton sembra guardare soprattutto a Davide Ferrario: lo stralunamento, l’inettitudine, l’eccentricità di Scanio richiamano alla mente Ugo, protagonista de La luna su Torino (pellicola anche lei del 2013). The Repairman possiede ironia e levità analoghe a quelle del film di Ferrario, non sostenute però da una sceneggiatura altrettanto sfuggente, da quel “disinteresse verso il potere dispotico della narrazione” di cui parlava Adriano Piccardi (Cineforum 534), che permetteva a La luna su Torino – diversamente dall’esordio di Mitton – di fare dell’ironia e della levità la materia stessa del film.
Stefano Santoli, cineforum.it

Critica (2):“Sono sempre stato affascinato dalle relazioni umane e dalla loro imperfezione”. Paolo Mitton è il regista del film The Repairman presentato in anteprima all’ultima edizione del Torino Film Festival e nelle sale italiane dal 26 febbraio. Piemontese ma residente a Londra, Mitton lavora da molti anni come tecnico di montaggio ed esperto di effetti speciali per blockbuster come Troy, Harry Potter e La Fabbrica di Cioccolato. Oggi realizza il suo primo lungometraggio che racconta la piccola odissea di un outsider, tipicamente italiana per tema ed ambientazione, ma anticonvenzionale sul piano creativo.
Il giovane attore Daniele Savoca interpreta Scanio, un ingegnere mancato che ripara le cose per vivere. La sua dimora disordinata e allagata è invasa da oggetti vintage come radio, telefoni e macchine del caffè, che aspettano di avere una seconda possibilità grazie al suo intervento. Nel suo ultimo anno di vita Scanio è preso di mira da amici realizzati che lo criticano per il suo isolamento dal mondo moderno e la sua incapacità di assumersi responsabilità ordinarie, come un lavoro stabile e una famiglia.
In un mondo che va avanti sempre più veloce, lasciando spesso indietro verità e visioni importanti, il protagonista di questo film incoraggia chi rallenta per comprendere quello che non funziona e ripararlo, piuttosto che passare oltre sostituendo tutto ciò che non va. “È un progetto nato in casa. Ho scritto la sceneggiatura con il mio amico Francesco Scarone partendo dal personaggio.È la storia di un incompreso, perché noi ci sentivamo incompresi a quel tempo, chiusi in casa a scrivere mentre il mondo all’esterno lavorava sul serio” ha precisato Mitton.
Questo “cineasta da tenere d’occhio”, come è stato definito da una rivista inglese, porta un po’ di aria fresca in un cinema stantio, lasciando allo spettatore lo spazio per affezionarsi ai personaggi del suo racconto e vivere insieme a loro le gioie, i dolori e le sfide quotidiane, senza mettere da parte l’umorismo, che dona al film un’atmosfera nostalgica del primo Woody Allen. Nonostante il titolo anglosassone, The Repairman è un film made in Italy, ma lontano dalla classica commedia nostrana. Più vicino ai modelli di cinema indipendente internazionale come Little Miss Sunshine, Goodbye Lenin! o About a Boy, il film di Paolo Mitton utilizza alcune raffinatezze tecniche che colpiscono in relazione con il basso budget a disposizione.
La forza del film è la sceneggiatura che non sorprende con battute indimenticabili, ma riesce a cullare la storia in una dimensione sospesa continuamente tra realtà e immaginazione. La visione romantica del mondo di Scanio è affascinante, diverte e incuriosisce allo stesso tempo, costruendo una narrazione lineare dal ritmo dinamico. Alla base del film anche un forte interesse ambientale, che affronta il tema della riparazione come riuso, facendo riferimento all’importanza del riciclare, della raccolta differenziata e di tutti quegli accorgimenti che potrebbero migliorare il nostro stile di vita e la condizione attuale del mondo. Scanio non vuole sostituire il mondo che sembra non averlo aspettato, ma preferisce sistemare quello che non va e renderlo nuovamente adatto ai suoi bisogni e desideri.
The Repairman è un piccolo grande film a suo modo visionario, che emoziona analizzando un personaggio stravagante e sincero, che sembra appartenere ad un altro mondo, dove il tempo non è tiranno ma è un compagno di viaggio che non lascia indietro chi è difettoso e diverso. (...)
Letizia Rogolino, Il Fatto Quotidiano, 25/2/2015

Critica (3):(...) Prima sequenza indicativa, malgrado un'apparenza interlocutoria: un'auto decappottata su una strada di campagna, squilla il telefono, il guidatore esulta alla notizia di un decesso perché ha appena intascato il trenta per cento del patrimonio spettante alla vedova, alla quale, tuttavia, porge ipocritamente le sue "sentite condoglianze". Il passeggero accanto, intento a ripararsi dalla brezza con il colletto tenuto fermo dalle mani, è inondato dalle parole del guidatore e riesce a smozzicare soltanto poche sillabe che hanno tutte il sapore della giustificazione. È la voce narrante del passeggero a fornire la distinzione, avvertendo che la storia che sta iniziando è la sua e non quella del guidatore (il suo amico Fabrizio) e impadronendosi di una vicenda che senza il necessario chiarimento lo vedrebbe ancora una volta, anche sul piano del racconto, nella posizione del gregario. Così come nella vita.
E la sua storia, quella stessa storia che sta raccontando dopo essere intervenuto in voce over per scongiurare la (metanarrativa) messa ai margini rispetto all'amico, e che si serve di un flashback sulle sue miserie lungo quanto il film, è la riproposizione
della celebre figura dell'inetto, la cui difficoltà, in questo caso specifico, risiede nell'incapacità di collocarsi attivamente in funzione del tempo. Il problema di Scanio (senza A: già incompreso nel nome), infatti, ancor più della mancata assunzione delle proprie responsabilità - cosa di cui lo accusano continuamente i suoi amici - è vivere in una dimensione parallela in cui lo scorrere del (suo) tempo è sempre in ritardo sul resto del mondo che lo circonda. Un asincronismo esistenziale. La mancanza di una famiglia, l'aver abbandonato la facoltà di ingegneria al primo anno, il lavoro di riparatore di macchine del caffè (da cui il titolo) sono l'aspetto consequenziale del divario esistente tra il tempo reale e la sua dimensione personale. All'interno di questa, è perfettamente logico trovarsi a discutere con il proprio datore di lavoro attraverso un telefono a disco, far morire un porcellino d'india perché non lo si sfama da giorni, essere svegliati dai propri amici di giorno dopo aver lavorato tutta la notte, giungere un attimo dopo il furto dell'auto oppure agganciare il telefono in faccia alla propria compagna rimasta con l'auto in panne perché non è il momento per essere disturbati nella costruzione di un chimerico apparecchio. Mitton (insieme a Francesco Scarrone alla sceneggiatura) plasma il personaggio di Scanio secondo i criteri dell'induzione alla tenerezza, non certo del trasferimento empatico. Anzi, Scanio talvolta indigna per sempliciotta inopportunità, benché si circondi di autentici mostri che ne riequilibrano la sconvenienza. Daniele Savoca, che Scanio lo interpreta, gli dona uno sguardo costantemente disorientato, lavorando sul corpo del personaggio, sulla sua postura prudente, sul suo incedere malfermo, "a papera", rallentato rispetto al contesto che gli scorre intorno.
Contesto tutt'altro che frenetico (il film è girato in alcuni paesi del cuneese), il che rende Scanio un monsieur Hulot ancora più lunare, smarrito nel verde dell'ambiente rurale piemontese minato da oscure minacce elettromagnetiche pronte a trasformarsi in autentica ossessione, oltre che in unità di misura del blocco esistenziale del personaggio.
Accattivante la colonna sonora trasognata ed esotica di Alan Brunetta, anch'egli esordiente nel cinema, che contribuisce ad accrescere l'indice di straniamento dello svagato protagonista.
Giampiero Frasca, Cineforum n.543, 4/2015

Critica (4):In questo mondo globalizzato e isterico nel quale tutti vanno di fretta e chi si ferma è perduto, un giovane tecnico di provincia con l'estro da inventore, che ripara vecchi macchinari lavorando con lentezza, non può che essere un tagliato fuori. E infatti Scanio Libertetti è marginale e fuori posto, un incompreso, uno sfigato, una barca nel bosco. È lui il goffo e meraviglioso protagonista di The Repairman, opera prima del torinese (in realtà nato a Savona ma cresciuto qui e laureato al Politecnico) Paolo Mitton. Il film ha avuto una serie di proiezioni soldout a Londra, è stato presentato al Torino Film Festival nel 2013, fuori concorso, poi al festival di Shanghai ed ora arriva sugli schermi italiani. (...) Un esordio sorprendente per un ingegnere con il pallino per il cinema, emigrato all'estero dopo la laurea («Sono curioso e irrequieto, mi piace viaggiare»), che ha vissuto in Belgio e a Parigi per poi approdare a Londra dove ha lavorato nella post-produzione di blockbuster come Troy, Harry Potter, La fabbrica di cioccolato. «Collaborare con Cuaròn e Tim Burton è stato un colpo di fortuna – racconta Mitton – ma non sono scappato dall'Italia, non ho niente contro l'Italia, infatti il mio primo film sono venuto a girarlo qui».
Nato nel 2011 da un'idea di un gruppo di neo diplomati alla scuola dello Stabile, tra i quali Fabio Marchisio, Paolo Giangrasso e il protagonista Daniele Savoca (ma metà del cast del film viene dall'accademia del Tst, scelto dopo una serie di accurati provini), scritto da Mitton con lo sceneggiatore cuneese Francesco Scarrone, The Repairman dietro la storia dello stralunato Scanio Libertetti racconta lo spaesamento di una generazione in cerca di occupazione e di felicità. «Scanio non vuole solo riparare gli oggetti, vuole riparare la sua vita», spiega Scarrone. Sì, perché la vita non gli riesce come vorrebbe. In compenso è bravissimo a costruire e riparare macchinari con vecchi pezzi di ricambio. Lavora precariamente come "esterno" nel fantomatico "repair department" di un'azienda. Assembla macchine per caffè, sogna di prendere il Nobel e trascura l'amore della bella Helena (Hannah Croft), che contro ogni logica è innamorata di lui, concentrato a cercare l'invenzione che cambierà il corso della storia. «Vuol costruire la macchina per il caffè shakerato. È un tecnico ma anche un creativo – dice Mitton – uno che ha bisogno di tempo per fare le cose, del giusto respiro per vivere. In questo mi assomiglia». Il film è autobiografico? «Per certi aspetti sì, racconta un po' il sogno di aggiustare le nostre vite facendo questo film – ammette il regista – Ma è un film sul lavoro e la precarietà in maniera laterale, una storia soprattutto sull'ambizione di non avere un'ambizione».
Il lungometraggio è stato girato nelle Langhe. La produzione è del tutto indipendente e ha beneficiato del sostegno di Film Commission e Fip. «Non low budget ma right budget – sottolinea scherzosamente uno degli attori/produttori, Fabio Marchisio – non è costato poco, è costato il giusto». Sulla scelta di ambientare la storia del "riparatore" nelle campagne del basso Piemonte, Mitton spiega: «Inizialmente la location doveva essere Torino. Ma nel film è fondamentale la differenza tra il ritmo del personaggio principale e quello di tutti gli altri. In una grande città, paradossalmente, uno che va lento e ripara le cose è giudicato 'cool', invece in provincia, dove fino a poco tempo fa si viveva come vive lui, è considerato strano».
Attorno al desiderio di Scanio Libertetti di aggiustare gli oggetti (e la vita) si raccolgono, in un "effetto domino", idee e progetti. Sul web è già nato un sito ecologista: www.vivalareparacion.it, al motto: «Ogni riparazione è una piccola rivoluzione».
Clara Caroli, la Repubblica Torino, 18/2/2015
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