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Scoperta dell'alba (La)


Regia:Nicchiarelli Susanna

Cast e credits:
Soggetto: Susanna Nicchiarelli, dal romanzo di Walter Veltroni; sceneggiatura: Susanna Nicchiarelli, Michele Pellegrini; fotografia: Gherardo Gossi; musiche: Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo; montaggio: Stefano Cravero; scenografia: Alessandro Vannucci; costumi: Francesca Casciello; suono: Maricetta Lombardo; interpreti: Margherita Buy (Caterina), Susanna Nicchiarelli (Barbara), Sergio Rubini (Lorenz Lino Guanciale (Marco Tessandori), Sara Fabiano (Caterina piccola), Anita Cappucci Scudery (Barbara piccola), Gabriele Spinelli (Giuseppe), Renato Carpentieri (Giovanni Tonini), Lina Sastri (Marianna Dall'Acqua); produzione: Domenico Procacci per Fandango con Rai Cinema; distribuzione: Fandango; origine: Italia, 2012; durata: 92’.

Trama:Mario Tessandori, un professore universitario, nel 1981 viene ucciso a colpi di rivoltella da due brigatisti a Roma, nel cortile dell'ateneo e davanti a numerose persone. Mario muore tra le braccia del suo amico Lucio Astengo che, dopo la sua morte, scompare senza lasciare traccia. Trent'anni dopo, Barbara e Caterina Astengo, che all'epoca avevano dodici e sei anni, decidono di mettere in vendita la vecchia casa al mare di famiglia. Giunte nella casa ormai abbandonata, ma piena di ricordi, le due ragazze trovano in un angolo un vecchio telefono anni Ottanta; Caterina solleva la cornetta e si accorge che il telefono funziona ancora anche se la linea è stata staccata da tempo, prova a fare un numero qualsiasi ma il telefono è muto. All'improvviso le viene in mente di comporre il numero della loro vecchia casa di città, ma questa volta il telefono squilla e dall'altra parte risponde una bambina. Quella voce è la sua, quando aveva dodici anni e viveva felicemente con la sua famiglia, qualche settimana prima della scomparsa del padre. Un scherzo del destino che le darà l'occasione di scoprire la verità.

Critica (1):Che cosa accade se da adulte si scopre all'improvviso che il padre amatissimo, idolo eroico dei sogni infantili non è la «vittima» che si è creduto fino a allora ma stava invece dalla parte dei «carnefici»? E questo, inevitabilmente, fa sì che anche i figli, le figlie in
questo caso, fino allora vittime passino dall' altra parte. Ma quale? È su questa oscillazione ambigua che poggia La scoperta dell'alba, il film di Susanna Nicchiarelli ispirato all'omonimo romanzo di Walter Veltroni, all'ultimo festival di Roma (Prospettive italiane) e ora in sala. Molto nel film è cambiato rispetto al libro, a cominciare dal personaggio protagonista, nel romanzo un uomo, qui una donna, anzi due sorelle in una triangolazione tutta femminile che le unisce e insieme le oppone alla madre.
Ed è proprio la morte di quest'ultima che obbliga Caterina (Margherita Buy) a riaprire le «scatole» del passato, e a tornare nella casa al mare messa in vendita, che era stata testimone di molta felicità ingenua e di tragedie. Erano lì, infatti, quando nel lontano 1981, il padre era arrivato sconvolto: sulle scale dell'università, a Roma, le Brigate Rosse avevano sparato al suo collega e amico giurista del lavoro di sinistra - non viene detto esplicitamente ma lo si intuisce dalle conversazioni tra la figlia adulta e i vecchi colleghi del padre. Poco dopo, sempre al mare, era accaduto qualcos'altro, erano partiti di corsa, il padre furioso perché non trovava più la sua borsa ... Quella sera era sparito, non lo avrebbero mai più rivisto, rapito dalle Br aveva detto l'inchiesta senza permettere a figlie e moglie di elaborare il lutto.
Mentre svuota la casa Caterina, che ha seguito le orme professionali paterne - la sorella invece ha un gruppo rock - scopre che il telefono in disuso manda un suono: compone il numero dell'appartamento in cui abitavano da piccole ed è lei stessa bambina a rispondere, un dialogo impossibile ma necessario che piano piano le permette di ricomporre quel vuoto arrivando a «altra verità...».
Cosa avevano sepolto le sorelle? L'immagine del padre insieme a un'altra donna, era un seduttore dice di lui il vecchio amico ... Però qui non è solo una «questione privata» ma una storia collettiva italiana che ha subito anch'essa una rimozione. Il terrorismo, gli anni Settanta, di fronte ai quali l'immaginario nostrano è per lo più paralizzato o peggio ancora (Rulli e Petraglia insegnano) piegato alle esigenze del presente. Ci sono due punti interessanti in questo film: il primo riguarda la generazione, la regista è nata nel 75, ha probabilmente la stessa età della sorella più giovane nel film, che difatti ha scelto di interpretare. Il secondo è una considerazione inaspettatamente forte sulla posizione delle vittime, i figli specialmente, quasi prigionieri a loro volta di una memoria vintage, assunta e non propria - il fidanzato cartoonist di Caterina (Sergio Rubini) non può tollerare che sulla copertina del libro scritto dall'amico di Caterina, figlio del professore ucciso dalle Br, mentre si parla dei mondiali ci sia il simbolo di quelli dell'82. Un errore non da poco che ci dice quanto anche questa memoria, da sé, senza confronti rimanga monca, come quel rapporto di trasmissione che sembra essersi interrotto, nel bene e nel male, nella nostra storia recente.
Va dunque riconosciuto a Nicchiarelli il tentativo che è quasi una sfida. Peccato che poi il cinema che lo contiene non ne sia all'altezza e non riesca a sgusciare via dai limiti (la scrittura per prima di dialoghi e situazioni, è la stessa Nicchiarelli insieme a Michele Pellegrini a scrivere la sceneggiatura) di un «fare cinema italiano» sempre troppo preoccupato far quadrare i conti e troppo poco di inventare una sua libertà.
Cristina Piccino, Il Manifesto, 10/1/2013

Critica (2):Susanna Nicchiarelli ha esordito nella regia nel 2008 con Cosmonauta, film delizioso sul «mito sovietico» e sull'essere comunisti in Italia. Il secondo film, si sa, è sempre il più difficile e la regista non ha fatto nulla per facilitarsi la vita: ha scelto un romanzo di Walter Veltroni, La scoperta dell'alba, sapendo che tutti l'avrebbero attesa al varco. Per la popolarità – non solo letteraria, come voi lettori ben sapete – dell'autore, e per il tema: gli anni di piombo, per di più raccontati con un escamotage fantastico (il viaggio nel tempo, consentito da un telefono che nel 2011 è collegato con il 1981...) molto difficile da padroneggiare. Con queste premesse, il film è quasi un miracolo, fermo restando che la freschezza e l'originalità dell'esordio non potevano essere mantenute. Margherita Buy e la stessa regista (che, come in Cosmonauta, si ritaglia un ruolo da attrice) sono due sorelle, Caterina e Barbara. Trent'anni prima il loro padre, un illustre giurista, vide morire sotto i colpi dei terroristi un proprio collega, ucciso nel cortile dell'università della Sapienza. Pochi giorni dopo il delitto, l'uomo scomparve, forse a sua volta rapito: di lui non si è più saputo nulla. Oggi Caterina e Barbara stanno vendendo la vecchia casa di famiglia, ormai disabitata e vuota... a parte il suddetto telefono a disco, di fronte al quale Caterina viene colta da un raptus: compone il vecchio numero di casa (senza lo 06...) e la linea funziona. Risponde la voce di una bimba, e quasi subito Caterina capisce che sta parlando con se stessa, in quei giorni del fatidico 1981, appena prima della sparizione del padre. Possibile che Caterina, dando a se stessa le informazioni necessarie, possa salvarlo?
Trasformando il protagonista (nel romanzo è un uomo) in una donna, e inventando ex novo il personaggio della sorella rockettara, Susanna Nicchiarelli ha dato alla Scoperta dell'alba una piega personale. Più che una riflessione sul terrorismo, il film è una rielaborazione del lutto, un modo di rileggere le pagine oscure di una dolorosa storia familiare. Dal punto di vista narrativo, la trovata del telefono che bypassa i decenni promette più di quel che mantiene: in un film hollywoodiano chissà cosa sarebbe successo, ma forse è meglio così.
Alberto Crespi, L’Unità, 10/1/2013

Critica (3):Tutti i segni del vuoto. Dalla memoria, alla perdita, alla scomparsa. Dalla brillantezza dell'esordio di Cosmonauta, che al Festival di Venezia nel 2009 aveva vinto la sezione "Controcampo italiano", Susanna Nicchiarelli tenta il passo più difficile, alla ricerca di un'opera più matura e difficile come La scoperta dell'alba, che però al tempo stesso non faccia perdere i segni riconoscibili rintracciati nel primo film. E il primo punto in comune è il viaggio sospeso fra passato e presente. Cosmonauta era ambientato tra il 1957 e il 1963. La scoperta dell'alba oscilla tra il 1981 e il giorno d'oggi, e i luoghi, gli oggetti della memoria sono sempre elementi prima sfocati che poi vengono messi a fuoco.
Il secondo invece riguarda la dimensione fantastica che si sovrappone a quella realistica. Probabilmente le sfide più ardue, ma anche più ambiziose, erano quelle di affrontare il romanzo omonimo di Walter Veltroni (al quale sono state apportate diverse modifiche, a cominciare dal personaggio principale che non è più maschile ma femminile) e filmare gli anni di piombo. Ed è forse sotto questo aspetto che La scoperta dell'alba mostra i limiti nel non riuscire a sfondare il muro a metà tra la Storia e la dimensione privata, difetto questo non solo del film della Nicchiarelli ma di molto cinema italiano nel momento in cui ha voluto affrontare gli effetti del terrorismo, soprattutto quando la sintesi pressoché perfetta, sotto questo aspetto, l'aveva già raggiunta Bernardo Bertolucci con La tragedia di un uomo ridicolo, per pura coincidenza realizzato proprio nell'anno in cui parte la vicenda di La scoperta dell'alba.
Al tempo stesso, la cineasta mostra la capacità di non fermarsi a queste difficoltà di rappresentazione, che potevano rischiare di chiudere il film in una sorta di vicolo cieco. E in un certo senso riesce ad aggirare parzialmente l'ostacolo con alcuni elementi che, come si è visto, ritornano proprio dal film d'esordio, primo tra tutti il modo di utilizzare e poi trasformare gli oggetti, segni che appaiono direttamente piombati da qualche ignoto pianeta. Tra questi quello principale è il telefono. Proprio come la macchina del tempo di Ritorno al futuro. Da qui riprende forma il passato di Caterina all'epoca di quando era bambina all'inizio degli anni Ottanta. La donna, che ha anche una sorella più piccola, Barbara (interpretata dalla stessa regista) da allora non ha più saputo niente del padre, misteriosamente scomparso. Per molto tempo lei e la sua famiglia hanno pensato a un rapimento da parte delle Brigate rosse. Dopo trent'anni decide di vendere quella casa al mare piena di ricordi. Ma la cicatrice dell'abbandono non è mai scomparsa.
Proprio dalle telefonate La scoperta dell'alba si muove verso approdi sorprendenti. Non si tratta soltanto del sogno puramente cinematografico di poter ritornare una seconda volta sul proprio passato per cercare di cambiarne il verso conoscendone già gli esiti. In quei controcampi prende forma il doppio della protagonista, resa con efficace inquietudine e spaesamento da Margherita Buy. Una duplicità che ha le forme di un'apparizione quasi horror e che la Nicchiarelli mostra di saper gestire senza sovraccaricarla, ma lasciandola galleggiare per tutto il film, come un'immagine, un risvolto, una presenza che deve ritornare. Tutti i segni del vuoto, ancora. Con il tentativo di una fuga dai propri ricordi impossibile, che ritornano e si rialimentano anche da nuovi incontri, come quello di Caterina col figlio del professore universitario amico del padre che all'epoca venne ucciso. Ma gli spostamenti sono nervosi, con tocchi anche di commedia lieve, come la protagonista che assieme al compagno va alla ricerca di una nuova casa, o Barbara in giro con la sua band.
Sì, ci sono troppi itinerari, e non tutti arrivano a destinazione. Ma forse, proprio in un film meno riuscito del precedente, si trovano gli spunti più interessanti sul cinema di Susanna Nicchiarelli. Tra questi, quello di ritornare sul passato recente di Roma con uno spirito che guarda a come la città è stata rappresentata dal cinema di Ettore Scola, grazie anche all'illuminazione di Gherardo Gossi. Poi, la resa dei conti sugli anni Ottanta non solo come Storia ma anche come nostalgia. La presenza di due brani come Video Killed the Radio Star e 99 Luftballoons contribuiscono a creare l'eco di quel decennio.
Simone Emiliani, Cineforum n. 521, 1-2/2013

Critica (4):
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