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Tutti i nostri desideri - Toutes nos envies


Regia:Lioret Philippe

Cast e credits:
Soggetto: da un romanzo di Emmanuel Carrère; sceneggiatura: Philippe Lioret, Emmanuel Courcol; fotografia: Gilles Henry; musiche: Flemming Nordkrog; montaggio: Andrea Sedlácková; scenografia: Yves Brover-Rabinovici; costumi: Anne Dunsford-Varenne; interpreti: Vincent Lindon (Stéphane), Marie Gillain (Claire), Amandine Dewasmes (Céline), Yannick Renier (Christophe), Pascale Arbillot (Marthe), Isabelle Renauld (Dott. Hadji), Laure Duthilleul (madre di Claire), Emmanuel Courcol (Dott. Stroesser), Anna-Bella Dreyfus (Mona), Thomas Boinet (Arthur), Lena Crespo (Léa), Oriane Solomon (Zoé), Eric Naggar (l'avvocato Amado), Jean-Pol Brissart (Presidente Duret), Nathalie Besançon (Sophie, la cancelliera), Clémentine Baert (Camille, la cancelliera); produzione: Fin Août Productions; distribuzione: Parthénos; origine: Francia, 2011; durata: 120’.

Trama:Claire è un giovane magistrato di Lione: un giorno davanti a lei, in tribunale, compare la madre di una compagna di classe di sua figlia, “strozzata” dal sovraindebitamento. Decide allora di coinvolgere Stéphane, giudice esperto e disincantato ma sensibile al problema, nella sua battaglia contro le derive del credito al consumo. Tra lei e Stéphane nasce qualcosa: il desiderio di cambiare le cose e un legame profondo, ma soprattutto l’urgenza di vivere questi sentimenti.

Critica (1):Ne abbiamo visti tanti di film, per lo più nutriti di sentimentalismo strappalacrime ed emotivamente ricattatori, sull’ultimo tratto di vi­ta di persone condannate dalla malattia. Ma nessuno sobrio come il francese Tutti i nostri desideri, ispirato al regista Philippe Lioret dal romanzo di Emmanuel Carrère “Vite che non sono la mia” pubblicato in Italia da Einaudi. Soprattutto qui la malattia e la fine imminente sono soltanto uno degli elementi di un puzzle il cui effetto principale è in realtà pie­no di vita, è quello di comunicare energia vitale e anche ottimismo.
Siamo in una provincia francese del sudest, il grande centro di riferimento è Lione. Claire (l’attrice Marie Gillain, che comunica fisica­mente l’impasto di delicatezza e forza di cui è fatto il personaggio) è una giovane giudice: al­le spalle una famiglia di origine precaria e dis­sestata che continua ad essere fonte e motivo di destabilizzazione, nel presente due bambi­ni, una casa confortevole, un marito che forse di lei non capisce fino in fondo la complessità ma l’adora e le dà serenità.
Durante un’udienza Claire ritrova davanti a sé come imputata una giovane donna che ha già incontrata, verificandone il disagio econo­mico quando si è trattato di versare la quota per una gita, in veste di mamma di due compagni di scuola dei suoi bambini. La donna, Céline, è stata portata in tribunale dall’istituto di credi­to al quale si è rivolta dopo essere stata abban­donata dal marito e al quale non riesce a resti­tuire il denaro prestatole a tassi da usura.
Di qui iniziano due percorsi paralleli. Con l’aiuto del più anziano ed esperto collega Stéphane (l’attore Vincent Lindon, che a sua volta incarna alla perfezione l’indole burbera e protettiva del personaggio) Claire ingaggia una battaglia legale contro i giganti bancari e assi­curativi destinata ad avere larga risonanza e a costituire un precedente clamoroso. E con la casuale complicità dello stesso Stéphane la donna affronta, dopo averne scoperto in soli­tudine la gravità ultimativa, l’avanzare impe­tuoso del male. Sullo sfondo l’embrione di una futura nuova famiglia, discretamente incorag­giato da Claire, quella che Christophe, marito di Claire, formerà con Céline e i rispettivi figli.
Sono molti i fili sottili e di toccante quanto ambigua verità che si dipanano nello scorrere intenso delle ultime settimane di Claire. C’è l’ambiguità del suo legame con Stéphane, la cui complicità sfugge a Christophe, ottima per­sona ma di limitati orizzonti, che ne è geloso e insofferente (mentre in realtà Claire, escludendolo, ha voluto proteggerlo). C’è la buona azione di Claire in favore di Céline, che non è però priva di un’intenzione in certa misura stru­mentale: Claire l’ha accolta in casa, lei e i suoi bambini, per spirato solidale ma anche per preparare il futuro. C’è la sfaccettata personalità di Claire, che dietro il suo eroico controllo di sé ce­la il duro percorso di chi si è liberato di origini funestate dall’incertezza affettiva, ha conqui­stato equilibrio e sicurezza, e ora, nel vedersi sottrarre ingiustamente tutto, trova la forza e lo slancio vitale per ingaggiare un confronto con­tro altre, meno fatali e ancorché resistenti più umane e quindi affrontabili fonti di ingiustizia.Ricco, complesso, delicato e forte al tempo stesso come il personaggio della protagonista, un bel film.
Paolo D’Agostini, la Repubblica, 11/05/2012

Critica (2):È tornato Philippe Loiret, speciaasta transalpino di drammi umani, civiili e socoli, Dopo la tragica utopia del giovane migrante nuotatore raccontata in Welcome, qui c'è la vicenda vera, poi romanzata da Emmanuel Carrére (Storie che non sono la mia, Einaudi) della magistrato Claire e del giudice Stéphan, nel disperato tentativo di salvare una famiglie dello strozzinaggio Sapendo che la pratica del "credito a consumo" selvaggio si sta espandendo a metastasi, come nel corpo di Claire.
Straziante quanto basta ed esondante in moralità. E col tocco sensibile di un autore consacrato al cinema necessario.
Anna Maria Pasetti, Rolling Stone, 1/5/2012

Critica (3):

Critica (4):
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