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Fiamma del peccato (La) - Double Indemnity


Regia:Wilder Billy

Cast e credits:
Soggetto: James M. Cain; sceneggiatura: Raymond Chandler, Billy Wilder; fotografia: John Seitz; musiche: Miklos Rozsa; montaggio: Doane Harrison; scenografia: Hans Dreier, Hal Pereira; interpreti: Fred MacMurray (Walter Neff), Barbara Stanwyck (Phillis Dietrichson), Edward G. Robinson (Barton Keyes), Porter Hall (Mr. Jackson), Jean Heather (Lola Dietrichson), Byron Barr (Nino Zachette),Tom Powers (Mr. Dietrichson); produzione: J. Sistrom - Paramount; distribuzione: Lab80; origine: Usa, 1944; durata: 106'.

Trama:Da una confessione registrata di un uomo ferito, parte la ricostruzione di una serie di crimini che coinvolgono un professionista di gradevole aspetto ma con pochi scrupoli e una donna, Phillys Dietrichson, tanto attraente quanto pericolosa. Tutto inizia con un incontro fatale tra i due a seguito della scadenza di una certa polizza assicurativa appartenente al marito della bella Phillys...

Critica (1):L'inizio del film, tratto dall'Assicuratore di James Cain, (...) fa subito sospettare un film memorabile: nella fredda alba californiana una macchina corre all'impazzata, trascurando segnali stradali e prudenza. Verso l'alba la città è spettralmente deserta, file di lampioni uguali illuminano i selciati bagnati. Questo è puro cinema, della migliore tradizione; ma poi le cose, come accade, si complicano e qualcosa che non è cinema, anche se è roba intelligente, frappone la sua presenza fra il regista e il nostro piacere.
Un giovane assicuratore, deviato verso un possibile assassinio dalla curiosità professionale, viene irretito dalla grazie di una signora dai vezzi piuttosto volgari, e non tanto giovane. Combinano insieme un delitto tecnicamente perfetto. Troppo perfetto per un segugio della società di assicurazioni, restio a far sborsare la grossa somma chiesta. La paura si insinua fra i due amanti, con reciproci sospetti. Uno cerca di sbarazzarsi dell' altro, finché insieme li accomuna una morte in fondo desiderata.
Si tratta di una tragedia tipicamente americana, di una tragedia del tutto moderna: in cui i dati del dramma sono suggeriti da contingenze, da fatti e da desideri di questo tempo, mentre il cuore, i sentimenti dei protagonisti sono quelli di sempre. La poesia del racconto dovuto al regista Wilder (un europeo passato in America, ove si è affermato come uno dei più promettenti direttori artistici della giovane generazione) consiste nell'essersi egli mostrato sensibile a quella poesia della vita moderna, fatta di cose in sé orribili: case di cemento e di vetro, asfalti spettrali, uniformità della condizione umana, che serve come leva profonda per chi voglia aggredire il proprio tempo con animo scevro da preconcetti e da idee ricevute.
L'interpretazione è stupenda. Prima di essere degli interpreti la Stanwyck, Robinson e Mac Murray sono veri, e si sono ispirati alla gente che si incontra tutti i giorni sugli autobus, nei luoghi pubblici, o in quella straordinaria "General stores", che è come il leit-motiv del racconto.
Pietro Bianchi, Oggi, 12/11/1946

Critica (2):Una sagoma scura che, saldamente ancorata a due stampelle, avanza minacciosamente verso i titoli di testa fino ad invadere l'intero schermo: non poteva esistere un incipit più energico (e che contiene già in nuce il tema del doppio tipico del film) per uno dei capolavori assoluti del cinema noir di tutti i tempi (l'indimenticabile colonna sonora fimata da Miklos Rozsa fa il resto (solo nella scena del cimitero, con l'incontro cruciale tra Walter e Lola, verrà sostituita, non a caso, dall'Incompiuta schubertiana). (...)
In un bianco e nero quasi smunto, ci sono luci che accendono flebilmente la notte di Los Angeles (...). E c'è un uomo distrutto, affaticato, che confessa ad un registratore, quasi in maniera solipsistica, le sue malefatte. Oltre alla costante voce off dai toni tipicamente noir ed alla costruzione del film per successivi flashback, Samuel Wilder (questo il vero nome del grande regista di origine austriaca ma, per tutti, americano di adozione) interroga il suo dna creando La fiamma del peccato con una gestione dell'illuminazione tipica della scuola espressionista. Ne conseguono scenari perennemente immersi in una torbida penombra, illuminata di tanto in tanto da qualche fiammifero che il protagonista maschile Walter Neff (un Fred MacMurray quasi bogartiano) accende usando semplicemente il pollice della mano.
La regia, come non accade di frequente in Wilder, riserva qualche tocco a sopresa, come per lo spiazzante primo piano di Phyllis nel momento esatto dell'omicidio di suo marito attuato fuori campo. Phyllis Dietrichson è interpretata dalla bravissima Barbara Stanwyck che, con i suoi boccoli d'oro e con il suo bravo braccialetto alla caviglia, costituisce il prototipo assoluto della spietata femme fatale ("...niente nervi. Niente lacrime. Neanche un batter di ciglio..." confesserà impietosamente Walter dinanzi al registratore).
Le luci e le ombre tipiche dell'espressionismo tedesco sono in generale smascherate, private del loro peso simbolico e servono solo a caratterizzare l'individualità dei personaggi, senza ridondanze e senza sovradimensionare i tanti dettagli della messa in scena. Il plot d'acciaio (tratto da un libro del maestro della hard boiled novel James M. Cain, l'autore di un altro bestseller "omaggiato" più volte dal cinema, Il postino suona sempre due volte) scritto da uno dei migliori sceneggiatori di Hollywood, Raymond Chandler, aiuta Wilder a non perder d'occhio i personaggi e i forti legami tra loro. Soprattutto il rapporto che si sviluppa quasi dal nulla tra i due protagonisti (in questo contesto è quasi sempre il volto della Stanwyck ad apparire ben illuminato, come in un tentativo di stabilirne una assoluta centralità nel film) fino al tragico epilogo. Anzi, ai due tragici epiloghi: quello della tardiva ed inutile redenzione (ennesimo trucchetto della femme fatale o sincero pentimento?) di Phyllis e quello conclusivo di Walter ferito a terra con l'implacabile Barton Keyes (uno straordinario Edward G. Robinson) che, accendendo al suo posto il fiammifero con il pollice, brucia definitivamente gli ultimi bagliori di speranza in un film nerissimo e amaro come pochi. E classico imperdibile come pochi.
Vincenzo Carloni, cinema.castlerock.it, 28/10/2004

Critica (3):

Critica (4):
Billy Wilder
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